A guardarla dall’alto durante un volo in elicottero sembra solo una distesa verde, decine e decine di colline coltivate a perdita d’occhio. Se però ci si abbassa un pochino, si possono scorgere torri e borghi, vestigia di una civiltà dalle radici antiche. E che sotto terra, nelle sue cantine, custodisce il segreto del vino. Siamo nel cuore del paesaggio vitivinicolo di Langhe-Roero e Monferrato, e più precisamente nella zona di Canelli e dell’Asti spumante. Qui economia contadina, buona tavola, tradizioni e cultura si sono fusi in un tutt’uno, così da diventare un tassello fondamentale di un territorio promosso nel 2014 a cinquantesimo sito italiano iscritto nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità. L’Unesco oggi lo tutela ufficialmente, i suoi contadini lo fanno da sempre, perché sanno che coltivare con le mani ogni collina costituisce un piccolo miracolo quotidiano, in una terra che arriva a pendenze del 50 per cento, dove risulta impossibile utilizzare le macchine. Qui i vigneti, suddivisi in piccoli appezzamenti, si fondono con le aziende vitivinicole, con le architetture vernacolari e con i poli urbani e commerciali, già nodi mercantili nel tardo Medioevo per farne un luogo unico.
E proprio qui nasce un vino noto in tutto il mondo – ben 90 milioni di bottiglie prodotte ogni anno tra Asti dolce, Moscato d’Asti e, questa l’ultima novità, Asti secco – tutelato da un consorzio anch’esso antico, nato nel lontano 1932. Prima ancora da queste parti, esattamente a Canelli, nacque il primo spumante italiano, prodotto nel 1865 da Carlo Gancia. Ed è qui che venne inventato da Federico Martinotti il primo metodo di spumantizzazione con l’uso di autoclavi. Oggi il territorio dell’Asti Docg conta 51 comuni, tre province e 9.900 ettari di viti a moscato bianco. Lontane anche le origini di questo vino, derivante da un antico vitigno mediterraneo proveniente dal Medio Oriente.
Chi viene da queste parti può partire proprio dal vino per conoscere il territorio di Asti ed i suoi vasti dintorni, spaziando dal Moscato fino al Brachetto d’Acqui.
Partiamo dal vino per scoprire Canelli e le sue cattedrali sotterranee, patrimonio Unesco. Si tratta di cantine storiche scavate nel tufo calcareo fino a scendere a 30 metri di profondità. Cunicoli sotterranei attraversano l’intera collina e la città per una ventina di chilometri, custodendo a temperatura costante migliaia di bottiglie di vino pregiato sotto le loro ottocentesche volte in mattoni. Da non perdere una visita con degustazione finale alla cantina Contratto (1867) ed ai suoi vini millesimati, con 200mila bottiglie prodotte ogni anno: questo luogo da un secolo e mezzo rappresenta la storia dello spumante metodo classico italiano.
Prima di entrare in cantina, una galleria-museo adiacente alla sala di degustazione ripercorre la storia dell’azienda attraverso suggestive foto in bianco e nero. Tra le stanze da vedere, la Sala dei sacchi con la sua collezione di strumenti e macchinari antichi.
Visite su prenotazione alle gallerie scavate a colpi di piccone da quattro generazioni nella cantina della famiglia Coppo. Fondata nel 1892, quest’azienda oggi produce 400-420mila bottiglie ogni anno (barbera e moscato bianco Canelli), il 40 per cento delle quali destinate ai mercati esteri. Una vita segreta sotto il livello della strada pulsa anche ad Asti, dalle Cantine di Palazzo Mazzetti, prestigioso edificio che ospita la pinacoteca della città e tanti eventi, fino alla Cripta di Sant’Anastasio, dove è possibile vedere i resti di una chiesa romanica dell’Undicesimo secolo, perdendosi tra capitelli e colonne di età romana e altomedievale sapientemente illuminati.
Asti (da Hasta, che significa altura) vanta origini preromane: è nata come villaggio agricolo coi Liguri, popolazione nomade proveniente dalla Provenza tra l’800 e il 900 a.C. Poi sono arrivati i Celti e infine i Romani, nel Secondo secolo a.C. Nel Medio Evo aveva addirittura due cinte murarie e due cattedrali, con 127 torri costruite a scopo militare di cui oggi restano pochissimi esemplari, tra cui la Torre Troyana, simbolo della città. Ma soprattutto vanta il Palio più antico d’Italia, risalente al 1275. In passato i cavalli correvano sulla via maestra, l’antico decumano. Oggi il Palio, che si vive tutto l’anno ma si svolge a settembre dopo una lunga preparazione, si corre in piazza Alfieri. La sfida è nata in onore del santo patrono, San Secondo, decapitato a 17 anni per essersi convertito al cristianesimo. Nella chiesa a lui dedicata si custodiscono gli stendardi del Palio, realizzati da un artista scelto ogni anno dal Comune. I partecipanti sono 21: 14 quartieri storici divisi tra rioni (quartieri intrni) e borghi (esterni) e 7 comuni legati alla Repubblica astese, fra cui Canelli e Nizza Monferrato. Il Palio viene preceduto da un corteo storico con 1200 figuranti e dal Carroccio, il quale rievoca rievoca la lega dei comuni lombardi che nel 1095 si opposero al Barbarossa. Asti era uno di questi.
Una città ricca di storia, come dimostrano anche la Domus Romana e il Complesso di San Pietro, ma anche la sinagoga col quartiere ebraico, un ghetto istituito nel Settecento dai Savoia per controllarne gli abitanti. Senza dimenticare il trionfo liberty di Palazzo Gastaldi, conosciuto come la Casa dell’Asti, poiché sede del suo consorzio, o ancora la casa dove nel 1749 nacque il poeta e tragediografo Vittorio Alfieri, un grande edificio barocco acquistato e restaurato dal conte Ottolenghi e diventata sede del museo. Il visitatore può entrare nella camera natale del poeta, riallestita di recente, e conoscere documenti e cimeli che attraverso la Galleria della Vita, ne raccontano la burrascosa e ricca esistenza, indissolubilmente legata alla poetica di Vittorio Alfieri, figura fortunata presa ad esempio dagli intellettuali del Risorgimento, Foscolo in testa.
Asti è quindi natura, storia e cultura, ma anche e soprattutto buona tavola, quella di un locale tipico come l’Angolo del Beato, in centro, o del ristorante San Marco di Canelli, con la chef Mariuccia Ferrero, che propone tajarin 40 tuorli con tartufo bianco e zabajone all’Asti spumante, per finire per i più raffinati col menu stellato dello chef Walter Ferretto al Cascinalenuovo di Isola d’Asti. E chi arriva ad Asti entro il 16 febbraio avrà la fortuna di poter visitare una mostra unica a Palazzo Mazzetti, dove è ospitato l’evento “Monet e gli impressionisti in Normandia”, capolavori dalla collezione Peindre en Normandie, una delle più rappresentative del periodo. Nella mostra curata da Alain Tapié e che vanta Vittorio Sgarbi tra i testimonial, alcuni capolavori di Delacroix, Courbet, Monet e Renoir, i quali raccontano la Normandia come un intimo e trasognato paesaggio dell’anima.
Info: www.astidocg.it – www.astimonet.it – www.fondazioneastimusei.it –
Testo/Monica Guzzi – Foto/Monica Guzzi e Google Immagini