Da appassionato cultore della materia, mi sono più volte chiesto come potesse essere scandita la vita quotidiana per l’uomo preistorico, e come si presentasse l’habitat nel quale tale vita si svolgeva. Domanda semplice ed un po’ puerile, risposta complessa e necessariamente articolata ma forse – e soprattutto – risposta quasi impossibile, in quanto la preistoria costituisce un’entità temporale di durata lunghissima – almeno alcuni milioni di anni – e capace di interessare gran parte del pianeta, quantomeno Africa, Europa ed Asia. La risposta dipende dunque da quale momento della lunghissima preistoria ci interessa, ed in quale precisa località, perché dovrà pure esserci una notevole differenza climatica ed ambientale tra la Rift Walley africana, Capo Nord e Pechino.
Uno dei luoghi migliori per rispondere a questa domanda, ed oserei aggiungere quasi unico in assoluto, viene rappresentato dalla periferia della cittadina molisana di Isernia, nel centro-sud d’Italia, importante centro sannitico e capitale della Lega Italica quindi municipio romano. In un avvallamento a conca ai piedi del massiccio calcareo-carsico del Matese si trova un’area paludosa ed acquitrinosa prodotta da una serie di sorgenti sotterranee particolarmente ricche di carbonato di calcio, il quale tende a depositarsi sulla vegetazione locale (muschi, erba e cespugli), fino a pietrificarla sotto forma di banchi di roccia travertinosa, affioranti tra i laghetti e le zone paludose. Questa la situazione ambientale attuale, ma una serie di elementi ci inducono a pensare che non fosse affatto dissimile anche in un lontano passato.
In questo contesto nel 1978, in occasione di lavori per la realizzazione di un raccordo autostradale, uno studioso di paleoantropologia e di paletnologia e paleontologia riconobbe in località La Pineta un paleo suolo del Paleolitico tra i più antichi, tra i più estesi e tra i meglio conservati in assoluto, risalente ad una fase assai lontana della preistoria, datata per l’esattezza come età tra 500 e 700 mila anni or sono (computata convenzionalmente a 600 mila anni), e mantenutasi da allora incredibilmente intatta. Le testimonianze più evidenti sono costituite da un gran numero di ossa, da mascelle, zanne, denti e corna di grandi animali selvatici, cacciati, scuoiati e mangiati da quei nostri lontani predecessori, e poi utilizzati assieme a pali, rami e frasche per costruire le loro capanne erette sugli strati travertinosi, nonché per bonificare e consolidare gli acquitrini piantandoli nel fango, evitando in questo modo anche i cattivi odori prodotti dalla putrefazione delle carcasse.
Frammisti un gran numero di strumenti litici in selce e calcare – punte di freccia e di lancia, coltellini, raschiatoi, lamelle, ecc. – utilizzati per uccidere, scuoiare e tagliare la carne dei grandi mammiferi, compreso il frantumarne le ossa per estrarre il nutriente midollo. Le loro vittime erano costituite da animali feroci di grossa taglia come bisonti, elefanti e rinoceronti, nonché da orsi, ippopotami e cervidi, ma anche da resti di fauna assai più piccola come pesci, anfibi, rettili, tartarughe, uccelli e roditori, a riprova del fatto che i nostri antenati erano degli onnivori che non potevano non nutrirsi di qualsiasi cosa commestibile offerta dall’ambiente. Quanto all’habitat, come in parte già indicato, era costituito da una zona umida, sottoposta a piene stagionali dei fiumi locali, con scarsi alberi e piccoli boschetti composti da querce, pino, betulle, faggio, carpino, frassino, noci e castagni. Il clima era caratterizzato da due diverse stagioni, una lunga e secca, una con forti precipitazioni.
Alcuni studiosi parlano di Homo aeserniensis, ma si tratta di speciazione locale di Homo heidelbergensis, uno step intermedio nella scala evolutiva umana tra Homo erectus e Homo sapiens, uscito dall’Africa meridionale – sua terra di origine – circa 1,5 milioni di anni fa per colonizzare il pianeta. Fronte piatta e sfuggente, statura media (170 cm di altezza il maschio) e robusta: se il suo aspetto esteriore poteva non essere particolarmente invitante, vantava invece un’invidiabile organizzazione sociale: emetteva suoni e percepiva ogni genere di rumori, era in grado di coordinarsi nella complessa e pericolosa attività di caccia ad animali di dimensioni possenti, conosceva e governava il fuoco (il primo a farlo). Viveva da nomade sotto capanne e ripari improvvisati di frasche (scordiamoci l’immagine stereotipata delle caverne, cosa estremamente rara e sempre già occupate da altri), inseguendo l’esodo stagionale della fauna, in clan familiari composti da 15-20 individui, con netta separazione dei ruoli: gli uomini si occupavano della caccia e della difesa della tribù, le donne di accudire vecchi e bambini, di alimentare il fuoco, di raccogliere frutti e piante spontanee. Non seppellivano i morti, non allevavano animali domestici di alcun tipo, né coltivavano piante. Curiosamente ad Isernia, tra centinaia di migliaia di reperti, almeno fino ad ora è affiorato un solo reperto umano: si tratta di un dente incisivo da latte, appartenuto ad un fanciullo di 6-7 anni, rinvenuto nel 2014 e datato a 586 mila anni da oggi: in pratica il bambino italiano più antico in assoluto.
Isernia, il cui giacimento antropico occupa una superficie di circa 30 mila mq, comprende quattro diversi fasi di occupazione, o paleo suoli, separati e sigillati tra di loro da successivi depositi alluvionali e da ceneri vulcaniche, a riprova del fatto come i nostri predecessori tendessero a tornare periodicamente negli stessi luoghi durante gli inseguimenti alle mandrie dei grandi erbivori. Qui trovavano acqua pura, fresca ed abbondante di sorgente, i vicini depositi di selce per costruire i loro strumenti, nonché animali facilmente catturabili in quanto impantanati tra acqua e fango. Incredibilmente i quattro diversi paleosuoli si sono conservati come allora, senza subire alcuna mutazione di rilievo in questo lungo arco di tempo.
Il Museo nazionale della Preistoria di Isernia La Pineta, strutturato in una serie di edifici contigui contenenti le superfici antropiche ed i paleo suoli, un museo con la ricostruzione di un esemplare di Elephas antiquus, nonché la riproduzione di una capanna paleolitica ed una dell’età del Bronzo, oltre ad aule e laboratori didattici, offre ai suoi visitatori una delle più complete testimonianze sulla storia del popolamento umano in Europa, sulla vita e sull’ambiente naturale in cui visse l’uomo 600 mila anni or sono (la domanda iniziale), oltre alla ricostruzione del paleo ambiente vegetale e faunistico nel Pleistocene. Il complesso attesta, fornendocene testimonianza, l’adozione ben consolidata da parte del gruppo umano di allora di precise strategie comportamentali, finalizzate all’ottimale sfruttamento del territorio e delle risorse disponibili per la propria sopravvivenza, la stessa che ha permesso all’umanità di arrivare fino ad oggi.
Una visita ad Isernia non può prescindere da almeno un assaggio della sua gustosa e vivace cucina casereccia, a cominciare dalla pasta fatta a mano, i salumi ed i formaggi, il tartufo molisano e la cipolla locale, entrambe oggetto di apposite fiere. Tra le specialità da segnalare i turcinelli arrostiti (interiora di agnello avvolte in budella ed arrostite), ru macche (polenta con fagioli), i fratta ruoli (tocchetti di polenta con salsiccia) e ru sciarone (mezzelune di pasta ripiene di uova e formaggio); il migliore dei vini locali è il Pentro (in versione bianco, rosso e rosato).
Info: Museo nazionale della Preistoria, Loc. Santo Spirito 1, Isernia La Pineta, Isernia.
www.archeologicamolise.beniculturali.it/museo-nazionale-del-paleolitico-di-isernia-la-pineta – www.museimolise.beniculturali.it – tel. 0865 29 06 87 – Aperto martedì – domenica, ore 9 – 19.
www.eptmolise.it – www.regione.molise.it/turismo –
www.iserniaturismo.it
Testo/Giulio Badini – Foto/Museo della Preistoria e Google Immagini