Sulla sponda occidentale del lago di Garda, sul declivio del Monte Lavinio, a Gardone Riviera (Bs) – città-giardino che deve la sua fama soprattutto alle ville storiche e ai giardini dell’inizio del XX secolo – sorge il giardino botanico della Fondazione di André Heller (Vienna, 1947).
Il giardino (10mila metri quadrati, più la villa padronale) venne progettato e realizzato, tra il 1912 ed il 1914, da Arturo Hruska, dentista di zar, famiglie reali e papi, appassionato naturalista e botanico d’origine cecoslovacca, che si trasferì dall’Austria a Gardone Riviera, in quanto favorevolmente colpito dal suo micro-clima e dal suo paesaggio mediterraneo, principalmente costituito da cipressi, agavi, oleandri, aranci e magnolie.
Dopo anni d’abbandono, nel 1989, la villa e il giardino (dieci minuti a piedi dal Vittoriale degli Italiani) furono finalmente acquistati dalla Fondazione André Heller con l’idea di farci “un centro di coscienza ecologica”, su cui Heller ha subito impresso la sua forte personalità artistico-spirituale, prendendo di conseguenza il sopravvento sul precedente e decisamente più tradizionale parco. Attualmente ospita circa 3mila specie botaniche, provenienti da ogni parte del mondo: dalle Alpi all’Himalaya, dal Mato Grosso alla Nuova Zelanda, dal Giappone all’Australia, dal Canada all’Africa. Spiccano, in particolare, gli australiani Johnson’s Grass Trees (Xanthorrhoea johnsonii), criptomerie giapponesi (Cryptomeria japonica), enormi felci (Osmunda regalis), bambù (Bambusa spp.), primule del Tibet (Primula obconica), ginko biloba, piante grasse, diversi alberi secolari.
Va da sé che le specie presenti costituiscono esito e ricordo di viaggi in Cina, Tibet, Americhe e Africa compiuti, in tempi diversi, sia da Arturo Hruska che da André Heller.
Originalmente ripartito in quattro aree – il giardino roccioso; il giardino giapponese; il giardino d’ombra; il giardino delle succulente – i diversi gruppi botanici sono collegati fra loro da un intrecciarsi di sentieri, passerelle e ponticelli, allietati da luoghi di sosta (panchine e muretti) e persino da un chiosco-bar con tavolini e ombrelloni. Al centro, l’impianto ricrea una vera e propria vallata alpina – con pini (silvestre, mugo, cembro), larici, balze, gole, crepacci – dove sgorga l’acqua di tre cascatelle, e, sullo sfondo, si stagliano le cime delle Dolomiti; insomma, un paesaggio dolomitico alto però solo 13 metri, che già ai tempi di Arturo Hruska rese celebre il giardino. Tutt’intorno sono allogati stagni in cui galleggiano ninfee (Nymphaea spp.), fiori di loto e papiri, abitati dalle corpulente e coloratissime carpe Koi (quelle della felicità), nonché giochi d’acqua zen che invitano alla meditazione, ruscelli e cascate che sgorgano da massi o zampilli d’acqua che fuoriescono da ieratiche teste di bronzo.
L’acqua, bene sempre più prezioso nella globalità contemporanea, rinfresca, rilassa e incanta con i suoi misteriosi gorgoglii e riflessi, soprattutto in un’atmosfera nettamente orientaleggiante come quella in oggetto, dove pure compaiono due enormi geodi di ametiste dell’Uruguay (altezza 4 metri ciascuna e più di 1.200 chili ciascuna), formatesi in centinaia d’anni in Sudamerica, che, a dir la verità, sembrerebbero più avere a che fare con la cristallo-terapia che con il genius loci lacustre. Nel giardino esistono aree ‘libere’ – come lo spazio della meditazione – ma anche aree ricche di opere d’arte, quali sculture marocchine, tibetane e indiane (buddiste e induiste) – come il Grande Ganesh, il dio-elefante della fortuna e della saggezza, di Rudolph Hirt, che ha appositamente cercato i più risonanti punti energetici del luogo per allocarvi l’opera – ma anche occidentali: come la biglietteria, decorata in modo fabulistico da Susanne Schmögner, o la Casa di Ferdinando (il nome del figlio di Heller), costruita e decorata da Edgar Tezak; mentre all’ingresso è invece incastonata, tra le tessere di un mosaico, una citazione dal Canzoniere del Petrarca: “I’vo gridando: pace!”.
Opere che non si sa come ma riescono a convivere con lavori d’arte di Mimmo Paladino, Juan Miro, Peter Pongratz, Erwin Novak, Mariano Fuga (che fa ‘cuchi’, ossia fischietti in ceramica) e di due grandi artisti americani quali Keith Haring e Roy Lichtenstein, nonché del proprietario stesso, ex-personaggio austriaco dello spettacolo, di enorme successo, poi tramutatosi in artista multi-mediale e in art director di eventi internazionali, che da decenni si cimenta in Wunderkammer, giardini, labirinti, maxi installazioni volanti e galleggianti, opere teatrali e circensi, spettacoli pirotecnici, nonché, in primis, l’ideazione dei celebri e frequentatissimi Mondi di Cristallo Swarovski a Wattens, in Tirolo (www.kristallwelten.swarovski.com).
C’è infine da segnalare che, vent’anni dopo quello italiano, André Heller nel 2010 ha voluto progettare un suo secondo, ampio giardino in Marocco, a Douar Sbiti, sulla strada che da Marrakech va verso la valle dell’Ourika: si tratta del Jardin Anima (www.anima-garden.com), molto frequentato, come d’altronde lo è anche quello italiano, Coronavirus permettendo.
INFO: Fondazione André Heller
via Roma, 2
Gardone Riviera (BS)
www.hellergarden.com
e-mail: info@hellergarden.com
Da marzo a ottobre: ore 9 -19
Ingresso: adulti 12 euro; bambini (6-11 anni) 5 euro
Testo/Olivia Cremascoli – foto/ Fondazione André Heller