Per un appassionato di storia contemporanea esiste un luogo imperdibile che contiene talmente tanti oggetti terribili e straordinari che finiscono per perdere la loro unicità. Si tratta del Museo Centrale delle Forze Armate che si trova a Mosca, in ul Sovetskoy Armii 2, vicino alla fermata della metropolitana Novoslobodskaya. Questo ricchissimo museo dedicato alla storia dell’esercito sovietico e russo contiene 800.000 cimeli che datano a partire dal 1917, anno della Rivoluzione d’Ottobre fino ai giorni nostri.
La prima esposizione fu voluta addirittura da Lenin, che organizzò per il popolo una mostra sull’Armata Rossa il 25 maggio 1919, quando erano ancora in atto i combattimenti con i Russi Bianchi, e che venne tenuta nei Grandi Magazzini GUM sulla Piazza Rossa. Replicata in forma stabile, venne poi organizzata in strutture differenti, fino alla costruzione del grande edificio attuale avvenuta nel 1965 in occasione del ventesimo anniversario della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, su progettazione dei famosi architetti russi N. Gaygarova e V. Barkhin. All’interno del museo sono illustrate con diorami e pezzi originali le vicende relative alla guerra civile russa ed il periodo che porta al 1941, il tutto con documenti, uniformi ed armamenti originali dell’epoca. La parte più importante dell’esposizione è però sicuramente quella dedicata alla Seconda Guerra Mondiale, ossia alla Grande Guerra Patriottica, così come viene definita dai Russi. Il 22 giugno 1941 l’esercito tedesco diede il via all’Operazione Barbarossa: l’invasione dell’Unione Sovietica, secondo Hitler una blitzkrieg che avrebbe portato ad una facile vittoria entro Natale. La resistenza del popolo russo, che vide nei tedeschi degli oppressori peggiori rispetto agli uomini di Stalin, la capacità produttiva e la tenacia dei vertici sovietici, ed infine l’apertura del secondo fronte da parte degli anglo-americani diedero però un esito diverso da quello sperato dai nazisti.
Di questo periodo sono allora la maggior parte dei cimeli e delle ricostruzioni, che vanno da armi ed oggetti comuni ai poveri soldati, per arrivare a pezzi eccezionali: la divisa del Maresciallo Zhukov, il famoso cappotto di Stalin, il fucile di Ludmilla Pavlichenko (l’eroina del film Resistance: l’assedio di Sebastopoli), una delle aquile del Reichstag, un cumulo di croci di ferro naziste. In più, in una teca, il simbolo della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, resa celebre da una fotografia scattata il 02 maggio 1945 dal tenente Yevgeny Khaldei, giornalista dell’Armata Rossa. Khaldei, nelle prime ore del mattino di quel fatidico giorno, salì sul tetto del Reichstag di Berlino, la sede del Parlamento tedesco e luogo dell’ultima disperata difesa dei nazisti e fotografò un soldato russo che sventolava la bandiera sovietica con le rovine di Berlino sullo sfondo; la foto divenne presto il simbolo della vittoria. La guerra in Europa finì ufficialmente l’8 maggio, ma si era ormai alle battute finali di un conflitto devastante. Quello che rimaneva degli ultimi centomila difensori della città era stato messo fuori combattimento, o aveva le ore contate: si trattava in gran parte di vecchi e ragazzi, armati con ciò che era rimasto a disposizione per affiancare le poche SS sopravvissute, ironicamente facenti parte dello Sturmbataillon Charlemagne, dei francesi a difendere l’ultima roccaforte del Fuehrer. La vittoria era però ormai in pugno ai russi e quella bandiera ne divenne il simbolo. Non è ancora chiaro chi fosse il protagonista della foto: è certo che la censura sovietica fece delle modifiche, aggiungendo il fumo sullo sfondo e cancellando i numerosi orologi da polso razziati ed indossati da uno dei soldati. Secondo la versione ufficiale i soldati erano tre: un russo, un georgiano ed il diciottenne ucraino Alexei Kovalyov, ritenuto dal fotografo il vero protagonista.
Proseguendo nella visita del Museo ed andando avanti nel tempo, ci si imbatte in una sala che contiene i celebri resti dell’U2: l’aereo spia americano pilotato dal capitano Gary Powers che il 01 maggio 1960 sconfinò in Unione Sovietica allo scopo di fotografarne le installazioni militari. Abbattuto dalla contraerea russa, il pilota fu catturato e la vicenda divenne un casus belli internazionale con il presidente Nikita Krusciov su tutte le furie e gli americani che non seppero uscire dignitosamente dal pasticcio in cui si erano infilati. Dopo furibonde trattative internazionali ed una condanna del pilota per spionaggio, poco alla volta la tensione cominciò a decrescere; tre anni dopo Gary Powers venne scambiato a Berlino con la famosa spia sovietica Rudolf Abel, episodio ripreso nel film Il ponte delle spie interpretato da Tom Hanks. In una sala successiva ci sono invece alcuni cimeli del famoso sottomarino K19, in cui avvenne un terribile incidente al reattore nucleare con la perdita di diversi valorosi uomini dell’equipaggio, ritratti nell’omonimo film interpretato da Harrison Ford e Liam Neeson.
Al termine della visita, in cui purtroppo la maggior parte delle spiegazioni sono in russo, è possibile acquistare ricordi o riproduzioni presso due bancarelle presenti nel museo, oppure provare l’emozione di mangiare in una tavola calda strutturata come fosse un rifugio del 1942. Qui è possibile, a prezzi modici, assaggiare il rancio militare caldo nelle gavette, serviti da personale proveniente dalla vicina scuola militare. Un’esperienza curiosa. All’esterno dell’edificio sono invece radunati 157 veicoli militari differenti: si passa dalle camionette della guerra civile, ad un treno blindato, ai famosi T34 della Grande Guerra Patriottica, ai lanciarazzi Katiuscia e ad aeroplani di diverse epoche.
Se capitate a Mosca non perdetelo, è parte dell’anima sovietica, e come sempre la conoscenza del passato aiuta a comprendere il presente.
Info: Museo Centrale delle Forze Armate
Ulitsa Sovetskoy Armii 2 Moskva (via dell’esercito sovietico 2)
Mezzi: Filobus 69 oppure Metro Novoslobodskaya; in alternativa taxi a prezzi ragionevoli
Tel. 495-6816303
Apertura Mer-Dom 10.00/17.00
www.cmaf.ru (solo in cirillico), cmvs@mail.ru
Testo/foto Paolo Ponga