L’Italia è unica per come la sua storia di campanili e le sue antiche tradizioni locali sono presenti, palpabili e vissute anno dopo anno fino ai giorni nostri. Dal celeberrimo Palio di Siena al carosello storico dell’Arma dei Carabinieri a chiusura del Concorso ippico internazionale di Roma, dal gioco del Ponte di Pisa alla regata Storica di Venezia il calendario delle manifestazioni abbraccia tutto l’anno e tutte le regioni, a volte con notorietà locale, spesso nazionale, ma talvolta anche internazionale. Una delle costanti più belle di questi avvenimenti, garanzia di autenticità e non di finzione turistica, è la partecipazione corale degli abitanti locali, non solo come spettatori, ma spesso protagonisti e comparse a titolo gratuito in rappresentazioni che richiedono impegno, lavoro, dedizione e un’incredibile quantità di tempo.
Nel solco di questa ricca e inimitabile tradizione culturale, in cui la Cultura merita l’iniziale maiuscola, si colloca un evento ben noto nel nome, ma di cui pochi conoscono in dettaglio la storia: la partita a scacchi con personaggi viventi di Marostica. Rispetto a tante altre manifestazioni presenta diverse particolarità: si svolge in un paese un po’ periferico della pedemontana veneta, in provincia di Vicenza, ma non lontano dalle province di Belluno, Padova e Treviso, si tiene ogni due anni e quindi solo negli anni pari, e da ultimo ha per oggetto un gioco, gli scacchi, di origini antichissime che conta appassionati in tutto il mondo.
La storia
La storia di Marostica affonda nel Medioevo e si intreccia alle contese tra le signorie: dominio padovano come parte integrante del territorio vicentino, passò sotto la dominazione veronese di Cangrande della Scala e dei suoi successori. Per un breve periodo nel 1387 la cittadina fu soggetta a Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano, ma dal 1404 venne annessa ai possedimenti di terra ferma della Repubblica di Venezia e rimase governata da un nobile di nomina veneziana fino alla caduta della Serenissima nel 1797. Di questo complicato periodo storico resta la poderosa cinta muraria medioevale muraria merlata che si inerpica sulla collina e i due castelli, quello superiore parzialmente diroccato, quadrangolare con costruzione contraddistinta da quattro torricini che fiancheggiano la torre più grande, nonché quello inferiore chiamato castello da basso, in pieno centro cittadino costruito nel XIV secolo nella forma di castello-recinto a pianta rettangolare con un maestoso torrione e possente merlatura, simile ai palazzi fortificati lombardi e veronesi della stessa epoca.
Nei primi anni del ‘600 vennero apportate al castello inferiore una serie di modifiche per trasformarlo in luogo destinato a residenza privata e a sede dei pubblici uffici. Un primo importante quanto doveroso restauro fu effettuato nel 1934 per ridare alla struttura i suoi caratteri originali: venne ripristinata l’originaria fisionomia e vennero riportati alla luce numerosi affreschi; le costruzioni interne furono abbattute ricavando il porticato inferiore, il loggiato superiore e la scala che li unisce; furono anche ricostituite le porte e le finestre originarie seguendo le antiche tracce. Il successivo restauro all’inizio del nuovo millennio portò il castello nello stato che si visita attualmente: è una visita interessante, che fa una panoramica di secoli di storia. Il ponte levatoio ora livellato e ridotto in muratura che dà sulla piazza sovrasta il fossato difensivo, un tempo allagato da un canale artificiale.
Lo spettacolo
Dopo il forzato arresto imposto dal Covid nel 2020, come da tradizione lo spettacolo è andato in scena nella centrale piazza dal pavimento a scacchiera bianca e rossa della cittadina veneta durante il secondo fine settimana di settembre con quattro rappresentazioni: le tre serali alle ore 21 dal venerdì alla domenica, più una pomeridiana, un po’ più breve, nel pomeriggio della domenica stessa. Il successo, peraltro ampiamente previsto, è stato ancora una volta clamoroso, con spettatori provenienti da tutto il mondo e posti esauriti praticamente per ogni rappresentazione e in ogni ordine delle 3600 comode poltroncine a seder numerate sulle tribune che circondano tre lati della piazza: il castello da basso chiude ne chiude l’ultimo lato.
La leggendaria vicenda che questa manifestazione fa rivivere è la disfida di due nobili valorosi guerrieri, Rinaldo d’Angarano e Vieri da Vallonara che si contendono la mano della figlia del Castellano di Marostica, Taddeo Parisio. La storia risale al lontano 12 settembre 1454, nel periodo in cui Marostica era una delle fedeli piazzeforti della Repubblica di Venezia, governata da un podestà nominato direttamente dalla Serenissima. Quella sera secondo il costume dell’epoca i due giovani innamorati si sfidarono a duello per la mano della bella Lionora. Non volendo perdere nessuno dei due contendenti, il Castellano impedì il cruento scontro rifacendosi a un editto emanato dal veronese Cangrande della Scala poco dopo la tragica vicenda di Giulietta e Romeo, confermato e reso più severo dai dogi veneziani. Proibì perciò il duello e decise che la figlia avrebbe sposato colui che avesse vinto il rivale in una partita al gioco degli scacchi, mentre lo sconfitto sarebbe divenuto ugualmente suo parente, sposando Oldrada, la sorella minore giovane e bella, per così dire un premio di consolazione. L’incontro doveva svolgersi nel corso di una grande festa cittadina nella piazza del castello da basso.
Una rievocazione quasi goliardica e amatoriale di questa disfida fu realizzata per la prima volta nel 1923, per cui sta per compiere il secolo di vita. Nella sua elaborata forma attuale con testi, scenografia e costumi la rievocazione risale invece al 1954, mezzo millennio dopo i fatti narrati, per opera di Mirko Vucetich, nato a Bologna nel 1898 ma di ascendenze dalmate, scenografo, attore e artista aderente al movimento futurista; fu lui a scrivere i testi e la sceneggiatura e a disegnare costumi e scene, mantenendo il ruolo di primo regista fino alla metà degli anni Settanta.
Fu così codificato lo spettacolo che fa da prologo e contorno alla partita vera e propria con pezzi grandi e vivi sulla gigantesca scacchiera di pietra al centro della piazza, armati e segnati delle insegne bianche e nere secondo le antichissime regole imposte dalla nobile arte. La partita a scacchi che si svolge alla presenza delle figure del Castellano, della sua affascinante figlia, dei signori di Angarano e di Vallonara con il loro seguito, dei nobili delle città vicine e di tutto il popolo diventa così l’occasione per una complessa rievocazione in costume con arcieri e alabardieri, fanti, schiavoni e cavalieri, personaggi, dame, gentiluomini, l’araldo, il comandante degli armigeri, falconieri, paggi e damigelle, vessilliferi, musici e borghigiani. Gli spettacolari pezzi viventi in costumi bianchi e neri di re e regine, torri e cavalieri, alfieri e pedoni si muovono agli ordini dei due contendenti e al termine della disfida un tripudio di fuochi, luci e grida festose salutano il vincitore.
Oggi come allora l’emozione si manifesta in una fastosa cornice di costumi preziosi e di gonfaloni, affascinanti dame ed intrepidi cavalieri, scherzosi zanni, giocolieri e sputafuoco, rinnovando negli animi il sapore antico di un’appassionante storia d’amore. Lo spettacolo conta quasi 600 figuranti e dura circa 2 ore; viene commentato per far cogliere al pubblico i vari passaggi, ma i comandi del Castellano vengono ancora oggi impartiti in dialetto veneto, la lingua della Serenissima: zoghe’ prudenti e arditi con saldo cuor et intrepida fe’. Missieri a vu’. Sentève e scuminzie’.
La partita di scacchi
Nell’impossibilità di riprodurre le mosse originali giocate cinquecento anni prima dai contendenti Vieri da Vallonara e Rinaldo d’Angarano durante la leggendaria partita a Scacchi con pezzi viventi del 1454, dal 1954 gli organizzatori dell’evento hanno deciso di ispirarsi ad alcune delle più belle partite della storia mondiale degli scacchi e di rievocarne una ogni due anni sulla scacchiera gigante della piazza. Proposta dal locale Circolo Scacchistico, la partita viene scelta dal comitato organizzatore con requisiti precisi: deve concludersi infatti con un minimo di 16 e un massimo di 20 mosse, durare intorno ai 20 minuti ed essere naturalmente altamente spettacolare e ricca di sacrifici e colpi di scena, anche perché ogni mossa viene commentata spesso in rima. Quindi la partita non è improvvisata sul momento e i due nobili figuranti non sono maestri di scacchi: sarebbe del resto impossibile perché le mosse devono essere accuratamente provate sul campo da parte dei personaggi che rappresentano i “pezzi” degli scacchi; di particolare difficoltà è muovere i cavalli, anche perché i cavalieri devono tenere a bada cavalli veri, che possono innervosirsi nel tripudio di luci, suoni e folla.
Per l’universalità del soggetto che la rende comprensibile e avvincente in qualunque angolo del mondo e per la sontuosità scenografica dei suoi costumi capaci di rinverdire i mitici fasti della Serenissima, la partita a scacchi a personaggi viventi di Marostica è uno degli spettacoli italiani più richiesti e rappresentati all’estero a partire dall’Expo di Bruxelles del 1958 e a seguire con rappresentazioni solitamente negli anni dispari in tutti e cinque i continenti.
Associazione Pro Marostica
Marostica(VI)
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Testo/Leonardo Felician – foto/Cynthia Beccari