Nell’estrema parte orientale della Romagna s’innalza una collina di Gesso, non molto ampia, ma con caratteristiche e storie interessanti. Si tratta dell’affioramento carsico di Onferno, non lontano dal paesino di Gemmano con le mura malatestiane del XVI secolo, in provincia di Rimini e alto sulla valle del fiume Conca nei pressi del Montefeltro.
Questo nome particolare nasce da antiche leggende legate alla singolare morfologia dell’affioramento roccioso. Infatti, la cavità che si è formata al suo interno (lunga circa mezzo chilometro), è stata scavata da un torrentello che s’insinua in una crepa della montagna e che ha creato, nei millenni, una grotta definita di “attraversamento” che sbuca più in basso, proseguendo in una profonda forra. Probabilmente quella stretta gola, in origine, potrebbe essere stata la prosecuzione della stessa cavità il cui soffitto sarebbe collassato.
Come avviene in molti altri casi, secondo le condizioni climatiche e meteorologiche, l’aria carica di umidità, che fuoriesce dagli ingressi, si condensa formando nuvole di vapore che salgono verso l’alto. Da qui l’antico nome di “Inferno” perché anticamente la gente del posto credeva che lì sotto esistesse un collegamento con gli “inferi”. Fu il Vescovo di Rimini, nel 1810, che decise di modificare questo nome, poco edificante per la sua diocesi, in Onferno. In effetti, il luogo, oltre ad avere stagionalmente, queste fuoriuscite di umidi vapori, è rimasto, ancora oggi, molto selvaggio con boschi che salgono fino alla cima della ripida collina gessosa. Le prime notizie sono del 1136 e si riferiscono alla Pieve di Santa Colomba com’è da una bolla papale firmata da Papa Innocenzo II. Questo Pontefice fu colui che lottò vittoriosamente, in quegli anni, contro l’antipapa Ancleto II. Sulla cima di questa collina gessosa, nei secoli passati, sorgeva l’insediamento noto come “Castrum Inferni” di cui, oggi, rimane soltanto un minuscolo borgo accanto ad una piccola piazza che si affaccia sulla valle del Conca.
Per i particolari aspetti naturalistici, nel 1991, nonostante una superficie di soli 123 ettari, è diventata una Riserva Naturale Orientata. Con questa definizione s’intende circoscrivere un’Area Naturale Protetta in cui sono permessi degli interventi agricoli e silvo-pastorali purché non contrastino con i circostanti ambienti naturali. Esistono, ancora oggi, faune autoctone che vivono in questo particolare luogo sia nel folto dei boschi sia sottoterra nelle grotte. Oltre ad interessanti anfibi come l’Ululone dal ventre giallo, molti altri sono tipici di quest’area appenninica. Ugualmente questa osservazione vale anche per i rettili, ma certamente, tra gli uccelli, i rapaci dominano con numerose specie diurne e notturne. Una però, delle caratteristiche faunistiche più evidenti è da attribuire ai Chirotteri. Questi mammiferi volatori frequentano costantemente la grotta. Infatti, i pipistrelli sono presenti con almeno sei specie diverse e in certi periodi dell’anno, si radunano in oltre 6000 esemplari formando raggruppamenti sulle volte delle pareti e in particolare nella grande Sala Lodovico Quarina dedicata allo speleologo che esplorò questa grotta nel 1916 riportandone le prime informazioni scientifiche come l’esistenza di diverse morfologie e concrezionamenti. Qui, questi straordinari piccoli mammiferi, si riproducono e partoriscono i piccoli che talvolta, a causa dell’affollamento dei gruppi appesi, cadono e non sopravvivono, diventando però alimento per tutta la fauna cavernicola che vive sul suolo o sulle pareti (es. grilli, ditteri, ragni ecc.): in Natura nulla si distrugge, ma tutta l’energia, apparentemente persa, si recupera.
A fianco dell’ingresso alto vi è ancora presente, in una piccola sala, una macina che serviva per polverizzare il gesso il quale era poi cotto e commercializzato. Quest’attività era proseguita fino alla metà degli anni ’50 del secolo scorso. Poco sopra all’ingresso della sala della macina s’innalza un campanile. Era quello della Pieve di Santa Colomba, un complesso sacro costruito intorno al 1139. Purtroppo, nel 1944, la pieve fu distrutta durante la guerra. Da diversi anni, dopo un attento restauro, l’edificio è stato adattato a Museo Naturalistico in cui il visitatore può prendere conoscenza delle peculiarità di questo luogo e della sua grotta. Merita di essere ricordata l’estate del 1944 quando Gemmano e i paesi limitrofi furono sottoposti a dure battaglie tra i tedeschi della Linea Gotica e gli alleati, per lo più del Commomwealth. Distruzione e morte con moltissimi caduti da entrambe le parti con gli sfollati che avevano cercato rifugio in grotte scavate nelle sabbie attorno al massiccio gessoso. Oggi l’apertura al pubblico della Grotta dell’Inferno è diventata una risorsa turistica e quindi economica per il paese.
Questo è senz’altro stato merito di giovani speleologi del Gruppo Speleologico Bolognese (Rodolfo e Roberto Regnoli), i quali, passando le vacanze nella vicina Riccione, dall’inizio degli anni ’60 dello scorso secolo, avevano iniziato le esplorazioni della cavità e pubblicizzato l’importanza ecologica di Onferno, per la presenza di migliaia di chirotteri. Nel 2023 il sito è entrato nell’UNESCO insieme a tutti gli altri affioramenti gessosi della Regione Emlia-Romagna. In altri termini, oggi nel mondo, chiunque può conoscere e visitare questa grotta grazie anche agli “infernali” pipistrelli che la abitano in migliaia. L’Associazione APS-ASD “La Nottola” gestisce il Centro visita e gli accompagnamenti in grotta.
INFO:
Centro visita:
via Provinciale Onferno, 50
47588 Gemmano (RN)
Gestito dall’associazione La Nottola APS-ASD
cell. 389 199 1683 (no sms)
e-mail: onferno@nottola.org
Testo e foto/Giuseppe Rivalta