Fattore Comune 2024 aveva preso il via nel pomeriggio di venerdì 9 novembre scorso al Teatro di Sori e a notte inoltrata aveva poi chiuso i battenti al ristorante Alfredo a Recco, dove, era stata preparata una degustazione dei prodotti Dop e Igt, riservata ad amministratori, rappresentanti dei consorzi, giornalisti, food blogger e opinion maker. Sul palco due “mattatori” come Lucio Bernini e Tinto (Nicola Prudente), noto personaggio radiotelevisivo, qui per la terza volta. Quest’anno hanno risposto all’appello “realtà tutelate” provenienti da Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Liguria e Toscana, ma nelle passate edizioni sono state oltre trentotto le specialità italiane presentate. Portando i loro saluti, i due sindaci dei comuni ospitanti, Marco Visca per Sori e Carlo Gandolfo per Recco, avevano parlato anche dell’importanza della sinergia tra i comuni del Golfo Paradiso che rientrano nel bacino di produzione del Consorzio di tutela della Focaccia col Formaggio di Recco Igp.
Le interviste dal palco
Il primo intervistato, Cesare Mazzetti, un uomo che dopo aver guidato per anni il Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico di Modena Igp, oggi è presidente della Fondazione Qualivita, ente non profit che si occupa della valorizzazione e tutela delle produzioni agroalimentari e vitivinicole di qualità a livello europeo. Parlando dell’Aceto Balsamico di Modena Igp, Mazzetti l’ha definito «Il nostro oro. Un prodotto, che per realizzarlo ci vuole tanto tempo: quasi un paradosso nella terra della velocità». L’Aceto Balsamico di Modena Igp è per sua natura un prodotto di altissima qualità dalle lontane origini. «Ci vogliono circa dodici anni con il metodo tradizionale per produrne un litro dai mille litri iniziali messi in botte», ha spiegato Mazzetti che, parlando dell’azienda di famiglia, “Mazzetti l’Originale Aceto Balsamico di Modena Igp”, ha puntualizzato con una vena d’ironia, «Noi ne produciamo14mila litri l’anno di quello tradizionale, contro le migliaia prodotte di quello più comune». Tanto per capire meglio, è bene ricordare che il più grande produttore al mondo di Aceto Balsamico di Modena Igp certificato è Acetum, che presenta numeri da paura: 7mila botti per la produzione di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Dop, quattordici milioni di litri come capacità d’invecchiamento in botti di legno, venticinque linee di produzione per una capacità annuale di venticinque milioni di litri di Aceto Balsamico di Modena Igp, prodotto ed esportato in 100 paesi nel mondo.
È stata poi la volta di Giovanni Cannas, direttore del Consorzio di tutela Pecorino delle Balze Volterrane Dop e Davide Bettini, presidente del Distretto rurale-bio Val di Cecina e assessore allo Sviluppo rurale di Volterra. Il Consorzio è nato nel 2015 grazie all’iniziativa di venti allevatori e di questo prodotto c’è poco da dire ma, per chi non lo conoscesse, direi che farebbe proprio una gran bella accoppiata con le fave romanesche. Si tratta di un formaggio di cui si hanno già tracce datate dal XV secolo, ma se vogliamo storicizzarlo meglio, è chiamato il “pecorino degli Etruschi”. Si produce esclusivamente con latte ovino crudo intero munto da pecore di razza sarda e per il caglio, rigidamente vegetale, si usano i fiori di cardo selvatico. Più dolce di altri, si differenzia in quattro tipologie seconda della stagionatura, che si esegue in locali alla profondità di circa 5 metri. Quello fresco va da sette a quarantaquattro giorni; il semi stagionato, da quarantacinque giorni a sei mesi; quello stagionato, da sei a dodici mesi; quello detto “da asserbo”, va oltre i 12 mesi di stagionatura. La zona di produzione di questo Dop interessa i comuni di Volterra, Pomarance, Montecatini Val di Cecina, Castelnuovo Val di Cecina e Monteverdi Marittimo (provincia di Pisa). Sono territori spesso caratterizzati da grandi voragini scavate dalle piogge nei millenni, come calanchi, balze o crete, in cui cresce rigoglioso il cardo selvatico. In conclusione precisa Bettini, «Il Pecorino è Volterra a Volterra è il Pecorino».
Del Consorzio di tutela vini dell’Oltrepò Pavese ne ha parlato direttore della comunicazione Pier Filippo Frisia, presentando l’Oltrepò Pavese Metodo Classico Docg, un vino spumante prodotto esclusivamente nella provincia di Pavia nell’Oltrepò Pavese e con uve delle stesse zone. L’Oltrepò Pavese è un territorio dove la vite ha una storia millenaria e i 13500 ettari di vigneti che fanno da corredo al paesaggio collinare, sono coltivati principalmente a pinot nero, barbera, bonarda, moscato, riesling e croatina.
La Soprèssa Vicentina Dop è un salume tipico del Veneto e l’hanno ben descritto Patrizia Gobbo e Flori Fantin, due produttori che hanno poi risposto alle domande. Si tratta di un prodotto che deriva direttamente dalla cultura contadina e le zone di produzione sono unicamente nella provincia di Vicenza, in un’area compresa fra le Piccole Dolomiti, l’Altopiano di Asiago e i Colli Berici e le carni usate sono di suini allevati in loco.
Delicato al palato, questo prodotto nato secoli fa ha una grana medio/grossa e il colore rosato virante al rosso. È insaccato con budello naturale e l’impasto rimane compatto. Dal gusto dolce e il profumo speziato, rimane morbido anche dopo una lunga stagionatura, che si fa in base al peso, ma come minimo rimane in cella per almeno 120 giorni.
La Soprèssa può arrivare a pesare dai 5 ai 6 kg ed avere un diametro da 8 a 12 cm. Il tradizionale modo per mangiarle è di lasciarla sciogliere in bocca accompagnata dal Pan biscotto, tipico pane Veneto.
Il Consorzio per la Tutela del Formaggio Silter Dop era rappresentato dal direttore, Oliviero Sisti e Angelica Delpero, del Consorzio Pontedilegno-Tonale (21 associati, 15 malghe e 11 caseifici). Il Consorzio, che tutela questo formaggio tradizionale della Valle Camonica conta su ventiquattro produttori e cinque affinatori associati, ma tutti i produttori di latte sono casari. In ogni caso il Consorzio ha sempre le porte aperte per “Tutti coloro che rispettano il disciplinare di produzione e vorranno aderire e condividere le stesse ideologie di conservazione della tradizione socio-rurale”, scrivano sul sito web.
Il formaggio Silter Dop, unica Dop della Valle Camonica, è prodotto con latte crudo di vacche di razza bruna allevate nei pascoli delle zone alpine e prealpine che vanno dal lago d’Iseo ai passi del Tonale e di Gavia. Produzione e stagionatura avvengono nei territori dei Comuni in Provincia di Brescia, nelle Comunità Montane di Valle Camonica e del Sebino Bresciano. Il nome Silter è derivato dal termine shilter di origine celtica, e si riferisce alla grotta/locale per la stagionatura del formaggio avviene in alpeggio o in fondovalle e le forme sono conservate almeno 100 giorni su scaffalature in legno a una temperatura tra i 7 e i 20 °C e l’umidità tra il 70 e il 90%. Si tratta di un formaggio semigrasso a pasta dura a forma cilindrica con un diametro che va dai 34 ai 40 cm e il peso dai 10 ai 16 Kg. La crosta color giallo ocra tendente al rossastro ha sul contorno della forma (lo scalzo) una marchiatura a fuoco con petroglifi rupestri della Valle Camonica rappresentanti pitoti (pupazzi). Anche il marchio a fuoco in rilievo sulla faccia superiore rappresenta una scena agricola ripresa dalle stesse incisioni rupestri. Sul mercato sono presenti due tipologie di questo pregiato prodotto di malga: quello con stagionatura più breve rimane più tenero e dolce; quello più stagionato è più profumato ed ha un sapore più intenso. Infine va poi ricordato il gemellaggio esistente tra Recco e Ponte di Legno.
Per il Consorzio di Tutela Salumi Dop Piacentini c’erano il direttore, Roberto Belli e Simone Fornassari, assessore al Commercio del Comune di Piacenza. Il Consorzio si occupa della tutela e della promozione dei salumi tipici della provincia di Piacenza e in particolare dei prodotti Dop come Pancetta, Coppa e Salame Piacentino, «Alimenti che sono nella storia e nel Dna del territorio», affermano. A parte la qualità di questi prodotti, dal palco è salito forte un messaggio di malcontento dagli operatori a causa della mancanza di presenza delle istituzioni settoriali. «Un sintomo di malessere dovuto alle poche attenzioni rivolte a un settore forse poco conosciuto da funzionari e vertici, specie del Ministero dell’Agricoltura» ha detto Roberto Belli e, riguardo ai loro prodotti a loro dire poco considerati, ha precisato: «Questa esperienza (gastronomica, ndr) dovrebbe essere fatta vivere specie a chi sta negli uffici».
La Toscana era presente anche con il Panforte di Siena Igp, di cui ha parlato Massimiliano Arnecchi, presidente del Coripanf (Comitati promotori per la Igp dei Ricciarelli e del Panforte). Dolce senese Igp per eccellenza con i famosi Ricciarelli che sono stati il primo dolce italiano ad aver riconosciuta l’Igp nel 2010. Per le ricette di produzione si segue un disciplinare dettato dall’Associazione di tutela dei Ricciarelli e del Panforte di Siena Igp.
Pare che il Panforte di Siena fosse già in uso nel Medioevo e per gustarlo meglio andrebbe associato ad un vino liquoroso come il Vinsanto.
I marroni sono il top delle castagne e in Italia almeno dieci località producono marroni, di cui almeno otto sono certificate Dop o Igp come il Marrone della Valle di Susa Igp. Ne ha descritto le qualità Marco Re, produttore e presidente della cooperativa La Maruna, alle pendici della Valle di Susa: 118 castanicoltori e una raccolta di circa 900 quintali di Marroni Igp. Con lui Paolo Chiaberto, consigliere del Comune di Villar Focchiardo (To), che ha avrebbe conosciuto castagneti come fu il “Castagneretum di Templeris“, appartenuti all’Ordine dei Templari. La differenza tra semplici castagne e marroni si vede ad occhio nudo. A parte la percentuale di zuccheri maggiore del 20%, la polpa fine e il gusto molto dolce che li rende ideali per la produzione di Marron Glacé, la differenza è nella grandezza e il contenuto del riccio. Nella comune castagna il riccio contiene fino a 7 frutti piccoli, mentre in quello dei marroni della Valle di Susa Igp ce ne sono al massimo 3, con una pezzatura medio-grande di forma elissoidale. La sua produzione Igp, certificata dal 2010, proviene da alberi anche centenari selezionati e innestati, presenti nelle aree di ventotto comuni della provincia di Torino. Gli ecotipi di piante locali sono cinque e vengono indicati con il relativo nome del comune di provenienza: Marrone di San Giorio di Susa, Marrone di Meana di Susa, Marrone di Sant’Antonino di Susa, Marrone di Bruzolo e Marrone di Villar Focchiardo. Il tutto è regolato dal Disciplinare di Produzione dell’Indicazione Geografica Protetta “Marrone della Valle di Susa”.
Per chi non avesse mai visto gli agricoltori delle Cinque Terre al lavoro, basta che pensare ai camosci sui costoni montani. Questo sembra a vederli lavorare su quei terrazzamenti a strapiombo sul mare, con una pendenza a volte superiore al 60%. «Qui si producono pochi ettolitri di vino, ma di quello buono», spiega Marzia Raggi, vicepresidente del Consorzio per la tutela dei vini Dop e Igp Colli di Luni, Cinque Terre, Colline di Levanto e Liguria di Levante. Un’imprenditrice che non disdegna di prendere in mano le forbici per potare quei filari di viti di Albarola, Bosco e Vermentino, declinanti su quelle «Terrazze tenute su da muretti a secco, fatti con sassi portati in quota con l’elicottero», dice. Perché assieme al marito, Giancarlo Sassarini, sono anche i proprietari di una delle più importanti imprese vitivinicole delle Cinque Terre e prima azienda vinicola lì inaugurata: la Cantina Sassarini.
I vini soggetti a tutela sono il Cinque Terre e Cinque Terre Sciacchetrà Dop, Colli di Luni Dop, Colline di Levanto Dop e Liguria di Levante Igp e per produrli bisogna avere veramente tanta passione, perché come ha ricordato la Raggi, «Lavorare con la bellezza negli occhi fa passare la fatica. La ricerca del bello attraverso il buono del vino che ha origine da secoli nelle Cinque Terre». Su questi terrazzamenti arrivano i trenini monorotaia per trasportare le uve raccolte, materiali e anche lavoratori. Come il trenino detto dello Sciacchetrà, il vino passito liquoroso prodotto con uve appassite di Albarola, Bosco e Vermentino. Vini che racchiudono fatica e passione bellezza e sacrificio, storia e qualità. Per dirla con uno slogan: “Emozioni in un bicchiere”.
Donna dinamica e amante del suo territorio, Marzia Raggi nel 2014 ha dato vita ad A Scia, azienda che ha come mission principale il recupero e la valorizzazione dei territori delle Cinque Terre e il mantenimento dei vigneti terrazzati a strapiombo sul mare. Un impegno importante dettato anche dalla necessità di fermare l’abbandono di questi luoghi e salvaguardare i paesi sottostanti, che senza quelle manutenzioni scomparirebbero sotto l’incombere della natura. «Infatti – afferma Marco Rezzano, presidente ligure Associazione italiana sommelier presente sul palco –, dei circa 1600 ettari terrazzati che si contavano nel Medioevo, attualmente ne resistono 55 vitati, ma altrettanti ne sono andati persi in precedenza». I numeri sono impietosi e il lavoro fatto per dare nuova vita alle Cinque Terre è importante. «Oggi i vignaioli sono 21 e 192 i coltivatori, ma nel dopoguerra erano il doppio».
Attualmente grazie all’impegno di A Scia sono stati recuperati molti ettari di territorio vitato, ma i costi sono molto elevati, «Anche perché per lavorare su quelle coltivazioni servono dei supereroi», chiosa Marzia Raggi.
Assaggia la Liguria è un progetto curato dal Consorzio di tutela del Basilico Genovese Dop e da quello dell’Olio Riviera Ligure DOP, in collaborazione all’Enoteca Regionale della Liguria. Lo scopo di questo viaggio tra le eccellenze liguri è la difesa delle produzioni agricole identitarie tipiche, autentico patrimonio del territorio regionale. Sul palco per parlarne Gianni Bottino, direttore del Consorzio Basilico Genovese Dop e Marco Rezzano, presidente dell’Enoteca Regionale della Liguria.
Infine è toccato salite sul palco a quelli che qui sono i padroni di casa: il Consorzio della Focaccia di Recco col Formaggio Igp e ne ha parlato la presidente Maura Macchiavello, titolare col marito del ristorante da Lino, a Recco. Parlando di Fattore Comune ha spiegato che è nato per «Conoscere per conoscersi e informare la gente di queste eccellenze». Ha ricordato la Festa della Focaccia che si tiene a Recco ogni anno nella quarta domenica di maggio e della terza edizione di Evoé, il festival di arte gastronomica e prodotti d’eccellenza che si è tenuto a Recco sabato 16 e domenica 17 marzo 2024. Se va tutto bene, l’appuntamento è al 2025 per l’ottava edizione di Fattore Comune.
Testo e foto/Maurizio Ceccaioni – Foto d’apertura: sul palco del Teatro a Sori, con Lucio Bellini e Tinto ci sono il sindaco di Recco Carlo Gandolfo e la presidente del Consorzio della Focaccia di Recco col Formaggio Igp Maura Macchiavello.