Era la meta preferita dei “figli dei fiori”, dei giovani che a cavallo degli anni ’60 e ‘70 sognavano un mondo migliore. Una sorta di “terra promessa” il Kerala, con le sue spiagge dai colori cangianti e i suoi richiami spirituali forti e misteriosi. Per tanti anni hippy di tutto il mondo intrapresero avventurosi viaggi, alcuni anche via terra dall’Europa a bordo dei leggendari pullmini Volkswagen, per raggiungere Goa, Cochin, Trivandrum… Il viaggio in India dei Beatles non fece che lievitare l’interesse verso questi luoghi, fino ad allora sconosciuti. E ancor oggi nei baretti del lungomare di Kovalam, pittoresco borgo di pescatori a sud di Trivandrum adagiato su una baia dominata da un piccolo promontorio, capita di incontrare qualche hippy solitario in cerca di ricordi e di emozioni mistiche. E dopo il tramonto, sulla sabbia vulcanica della spiaggetta all’ombra del grande faro, è suggestivo assistere a qualche improvvisato concerto di questi giovani dalle camice a fiori e i capelli lunghi, che girano il mondo con zaino e chitarra al seguito.
Il Kerala oggi è noto agli italiani soprattutto per la vicenda dei due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, arrestati a Cochin per la controversa vicenda dei due pescatori indiani uccisi da colpi sparati (pare) dalla petroliera Enrica Lexie il 15 febbraio 2012. Un caso ben noto anche all’opinione pubblica locale, di cui ora si sta occupando un tribunale internazionale. Echi di cronaca a parte, questo stato meridionale della federazione indiana è una realtà singolare. E’ lo stato più “europeo” dell’India, e lo è per un fatto storico importante: è il luogo del primo sbarco europeo in India, datato 1498. Fu il navigatore portoghese Vasco De Gama ad approdarvi e furono i portoghesi i primi a colonizzare la regione intorno a Cochin. Lo stesso De Gama vi morì nel 1524 e venne sepolto nella chiesa di San Francesco, per essere poi riportato dal figlio a Lisbona. Dopo i portoghesi arrivarono gli olandesi. Quindi, nell’800, gli inglesi. Ognuna di queste presenze europee ha lasciato traccia nel Kerala, tanto che oggi i quartieri storici delle città conservano degli edifici in stile coloniale davvero interessanti. In particolare quello olandese di Cochin. Un’altra conferma dell’anima multietnica del Kerala arriva dal culto religioso: i cristiani (protestanti e cattolici) sono un quarto della popolazione, un altro quarto è musulmano e la metà è dedita ai culti induisti.
Nasce in Kerala il famoso Kathakali, una forma espressiva di teatro-danza indiano (peraltro citato in una delle più celebri canzoni di Franco Battiato) ancora oggi molto viva, con tanto di scuole che ne tramandano la complessa ritualità, a cominciare dal trucco degli attori che impersonano i personaggi epici e popolari di questa spettacolare combinazione di teatro, danza, musica e rituali. A Cochin c’è una scuola di straordinario valore che ogni giorno propone questo spettacolo imperdibile, la cui prima parte consente di assistere dal vivo al trucco degli attori. Tutti maschi secondo tradizione, anche quelli che impersonano figure femminili. Un attore di Kathakali, per prepararsi alla rappresentazione, usa particolari tecniche di concentrazione, accompagnate da abilità e attitudine fisica. I percussionisti, i cantanti, gli artisti del trucco e i costumisti completano l’insieme. In Kerala è nato anche l’Ayurveda, che non è solo una tecnica di massaggi ma una vera e propria filosofia di vita, finalizzata al raggiungimento di un benessere fisico e spirituale.
Tra le cose imperdibili del Kerala figura anche la crociera sul lago (che in realtà è una laguna) Vembanadu, a bordo delle house boat tradizionali in partenza da Kumarakom. L’escursione dura circa una giornata, notte compresa, regalando emozioni uniche per effetto di un paesaggio lacustre particolarmente suggestivo e di villaggi tradizionali immersi nella vegetazione tropicale. Scompare anche il wi-fi da quelle parti e per un momento restare connessi solo con il proprio cuore fa davvero bene. Il momento del tramonto vissuto a bordo della house boat è indimenticabile. Un acquerello di colori. Molto bello anche il parco naturale di Peryar, il cui piatto forte è il giro in battello che consente di osservare sulle rive molte specie animali. Non è raro imbattersi anche in branchi di elefanti che raggiungono le sponde per abbeverarsi. Un santuario della natura comprendente anche alcuni templi. Numerose (e dispettose) le scimmiette che si incontrano all’ingresso del parco. Il pernottamento consigliato è al Mountain Courtyard Hotel, che sorge sulle alture circostanti, in un’area dove ci sono tantissime coltivazioni di the, pepe e spezie varie. Lo si percepisce anche dal particolare profumo dell’aria.
Infine vale una visita anche Trivandrum, capitale del Kerala, altra città coloniale posta vicino all’estremità sud della penisola indiana. In lingua locale si chiama Thiruvananthapuram, ma tutti preferiscono chiamarla ancora Trivandrum, come durante l’età coloniale. Il Mahatma Gandhi amava chiamarla invece “la città sempre verde”. Oggi Trivandrum è una piccola metropoli di 800.000 abitanti, nel cui centro storico ci sono due perle da non perdere: il Padmanabha Swamy Temple con la sua caratteristica cupola (visibile purtroppo solo dall’esterno dai non induisti) e il palazzo del maraja, ricco di opere d’arte straordinarie, molte delle quali dono di capi di stato al marajà nel corso dei secoli.
In Kerala il clima è migliore rispetto ad altre regioni dell’India. Fa caldo tutto l’anno, ma l’umidità è più sopportabile che altrove. Air India ed Emirates assicurano buoni collegamenti aerei, con scalo intermedio, dall’Italia. Quindi la regione è facile da raggiungere. Un piccolo tour operator di Bergamo, Viaggindia, propone anche dei viaggi su misura. Il titolare, l’indiano Kesar Singh, risponde alla mail kesar@viaggindia.it Informazioni sul sito www.viaggindia.it.
Testo/foto Renato Malaman