Se soffrite di vertigini, lasciate perdere: sarebbe una sofferenza mica da ridere, anche se non si tratta di scalare una montagna, di salire su un grattacielo o di prendere una funivia, ma soltanto di percorre – in auto o in pullman – una strada. Ovviamente non si tratta di una strada qualsiasi, perché transita sul ponte più alto del pianeta, che scavalca un imponente canyon profondo in quel punto ben 565 m, oltre mezzo chilometro, e spesso lo si attraversa avvolti in un mare di nuvole o, ancora peggio, con un mare di nuvole più in basso, come se si stesse volando. A dire la verità, le probabilità di doverlo utilizzare non sono tante per noi, trovandosi questo ponte in Cina, e per giunta in una regione meridionale piuttosto remota, il Guizhou, al confine con il Vietnam, ma trattandosi di una provincia di estremo interesse turistico per le sue valenze ambientali-paesaggistiche, naturalistiche ed etnografiche, non è detto che non si possa capitare da quelle parti.
Si tratta del Beipanjiang Bridge, un ardito manufatto con una campata di 720 m e una lunghezza di 1.341 m – oggi record mondiale per altezza – che scavalca l’imponente canyon calcareo del fiume Beipan, corso che divide in due la regione del Guizhou. Iniziato nel 2001, è stato aperto al traffico a fine dicembre 2016, con un costo di 130 milioni di euro. Si tratta dell’autostrada G56, a 4 corsie, che collega la località di Liupanshui – nel Guizhou – a Xuanwei – nello Yunnan – riducendo della metà la durata del percorso, in precedenza di oltre quattro ore. Il canyon del fiume Beipan era già stato scavalcato in precedenza da un ponte ferroviario, anch’esso allora il più alto del mondo, ma ad una altezza di “appena” 275 m: ora si è finalmente superata la barriera – tecnica ma anche psicologica – dei 500 m. La classifica mondiale dei ponti maggiori vede nettamente in testa la Cina, con ben 70 delle prime 90 posizioni prese in esame. Orbene, la maggior parte si trova nelle due impervie regioni montuose meridionali del Guizhou e dello Yunnan, che ora le autorità di Pechino stanno cercando di connettere alla rete stradale del paese mediante la realizzazione di opere davvero ardite e costose, come il ponte in oggetto. Anche se i cinesi sono amanti del vuoto e dei brividi (vedi la passerella di vetro trasparente con uno spessore di soli 6 cm attorno al monte Tianmen, nel parco nazionale di Zhangjiajie, lunga 430 e larga 1,5 m, sospesa sul vuoto a 1400 m di altezza), siamo pronti a scommettere che le sue pareti non verranno prese d’assalto da schiere di bungee jampers, se non altro per il semplice motivo che non esistono corde di quella lunghezza.
Lo Yunnan, più grande dell’Italia, costituisce l’estrema provincia meridionale al confine con Vietnam, Laos, Myanmar e Tibet; paese montuoso, offre un’estrema varietà paesaggistica in grado di spaziare dalle foreste tropicali alle vette tibetane ammantate di neve. Regione anarchica e ribelle, di non facile accesso, ha sempre dato filo da torcere al governo centrale. Chiamato per il suo clima mite Regno delle Piante, Giardino dei Fiori e Terra dei Profumi, in Yunnan vivono oltre la metà di tutte le specie animali e vegetali cinesi: delle 800 varietà di azalee esistenti nel mondo, tutte originarie della Cina, ben 650 sono nate qua. Qui vive anche un terzo di tutte le minoranze etniche cinesi: oltre metà della popolazione non appartiene agli han; quasi tutte hanno resistito al processo di sinizzazione e conservano identità ben radicate. Possiede parecchie attrattive turistiche.
Il Guizhou, grande un terzo dell’Italia, letteralmente significa “regione preziosa”: una vera ironia, considerato che questa terra decisamente montuosa, irta e di difficile accesso, scontrosa e poco amata dal potere centrale, è sempre stata una delle più povere della Cina. Per i suoi suggestivi paesaggi, punteggiati da straordinarie formazioni rocciose carsiche e frastagliate, per la ricchezza culturale delle diverse etnie che lo abitano e per le famose feste tribali, il Guizhou dovrebbe figurare nell’itinerario di tutti i visitatori colti e curiosi.
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