Partire o meno per questa destinazione richiede un minimo di preparazione, e forse anche di autoanalisi. Preparazione non fisica, sia chiaro, che anche se rimane una delle aree più inesplorate del pianeta siamo pur sempre nel 2017, e i comfort certo non mancheranno (anzi, saranno quasi ridondanti). Ma porsi delle domande, le giuste domande, prima di sorvolare l’Oceano Atlantico rappresenta il grimaldello necessario a qualunque viaggiatore (soprattutto in un’ottica di wildlife watching) per l’esegesi di questo straordinario viaggio naturalistico. Ad esempio un paio potrebbero essere queste: Vorrei vedere una tale quantità di animali da rimanere stordito. Non venite qui allora, avete sbagliato continente. Arroccatevi in una (stupenda) torre di prudenze e prevedibilità, andate e lasciatevi inghiottire dalle immense savane africane. Mi piacerebbe osservare tanti grandi mammiferi. No, no, continente sbagliato ancora. Per la megafauna (sopra i 45 kg per intendersi) rivolgersi in un qualunque altro altrove. Anche se… Se siete in pace con queste domande, preparatevi a partire. Verso un luogo dove “le mappe normali sono assurdamente inesatte”, e che può rappresentare “l’ultima occasione per essere un ragazzo”, secondo l’avventuriero, naturalista, premio Nobel e Presidente degli Stati Uniti d’America Theodore Roosevelt, che ne esplorò i meandri (con parecchie complicazioni) nella spedizione americana del 1913. Stiamo parlando dell’Amazzonia brasiliana (e di quel Pantanal dal nome così suadente), se avevate ancora dei dubbi.
Andare ad osservare animali in Brasile può essere straordinariamente complicato, o piuttosto facile. Ambienti forestali chiusi, spostamenti in piroga, animali elusivi…la discriminante tra un’esperienza faunisticamente appagante o meno rimane a tutti gli effetti il grado di conoscenza di chi vi guiderà in questo paradiso e la vostra etica. Ma andiamo con ordine. Cosa osservare? E quindi: dove andare? E soprattutto: in che modo andare? Il continente sudamericano non vi stupirà con grossi mammiferi, né con alte concentrazioni di individui di una stessa specie (avifauna esclusa). Le dinamiche biogeografiche del continente sudamericano degli ultimi 100 milioni di anni hanno visto il passaggio dalla graduale separazione dall’attuale Africa fino al valzer geologico con il Nord America attraverso il centro America, che a partire da circa 7 fino a circa 3 milioni di anni fa è stato teatro di una successione di innalzamenti del livello del mare e formazione di ponti terrestri a livello dell’attuale Panama. Il risultato geologico è che per la prima volta il Sud America si è unito al Nord America, il risultato biologico è quello che comunemente viene chiamato “Great American Interchange”: uno scambio di fauna tra i due continenti, una turbolenta colonizzazione, estinzione e diversificazione di gruppi funzionali che non ha avuto pari nel pianeta. Se poi si aggiungono le inesorabili collisioni tra placche (lo scontro tra la placca di Nazca e quella Sud Americana ha fatto innalzare le Ande e formato un mare interno nell’attuale Amazzonia) e i capricci climatici del Pleistocene (con la ritirata e avanzata delle calotte glaciali, con la conseguente e alternata formazione di regioni a savana e rifugi a foresta) possiamo farci una vaga idea del perché un viaggio faunistico in Brasile può regalare taxa che non troverete in nessun altra parte del globo (Xenartri: armadilli, formichieri, bradipi), gruppi tassonomici di primati unici con forme vicarianti straordinarie (parvordine dei Platyrrhini) oltre che marsupiali, tapiri (Tapirus terrestris, la più grande creatura terrestre che incontrerete), cervidi, procionidi, mustelidi, delfini di fiume e un’esplosione di uccelli da far girare la testa (più di 1800 specie!). E pochi, elusivi predatori, tra cui il massimo predatore del continente, quel giaguaro (Panthera onca) che fino a pochi anni fa era confinato nei racconti delle esplorazioni ottocentesche o nei documentari del National Geographic, e che da solo vale il viaggio.
Sì, ma dove andare? Un itinerario faunistico in Brasile non può prescindere dal coprire sia l’ecoregione amazzonica, che l’ecosistema delle piane alluvionali del Pantanal. Con alcuni distinguo però: non accontentatevi dell’Amazzonia “turistica”, accessibile, addomesticata, spesso “falsificata” in termini faunistici (molte specie sono state importate da altre aree amazzoniche per facilitare la logistica ai fotografi…che non lo sanno). Fermatevi solo un giorno a Manaus (l’Encontro das Águas tra le acque scure del Rio Negro e le acque chiare del Rio Solimões e la possibilità di una prima osservazione con il meraviglioso delfino di fiume – Inia geoffrensis – vale lo stop) poi andatevene 600 km più a ovest, risalite il Rio delle Amazzoni fino a Tefè. Qua si comincia a fare sul serio, ma non fatevelo bastare quest’avamposto della selva, andate oltre. Navigate ancora per almeno un paio di ore sulla vostra lancia a motore come degli esploratori, incrociate lo sguardo con Francisco de Orellana mentre cerca la sua via verso l’Atlantico, forse riuscirete anche a sentire le grida di Alexander Von Humboldt mentre scopre per la prima volta lo Uakari nero più a nord sull’Orinoco. La ricompensa sarà la Riserva di Mamirauà, un labirinto anfibio che non sa decidersi se essere terra o acqua, una foresta allagata stagionalmente (l’ecosistema è noto come Varzea, il livello dell’acqua sale e scende ciclicamente di oltre 12 metri ogni anno) che ogni stagione cambia forma, disorienta qualsiasi mappa e illude il viaggiatore in un gioco di finti riferimenti. Di giorno si va alla ricerca di rare specie endemiche, come il Uakari bianco e la Scimmia scoiattolo dalla faccia nera insieme a ricercatori di tutto il mondo (qui si partecipa direttamente alle attività di ricerca naturalistica in collaborazione con il Ministero delle Scienze del Brasile), di notte si dorme in lodge flottanti sopra giganteschi tronchi, come zattere in un mare d’alberi.
Quando l’attesa per il giaguaro sarà diventata insopportabile, capirete che è giunta l’ora del Pantanal. Che dire di questo straordinario ecosistema umido? Oltre 1000 specie di uccelli, 400 di pesci (in gran parte detritivori, adattati a sopravvivere nelle acque povere di ossigeno di questi ambienti allagati stagionalmente), 300 mammiferi, 480 rettili e oltre 9000 di invertebrati. Tra i mammiferi più rari il cervo delle paludi (Blastocerus dichotomus) e la lontra gigante (Pteroneura brasiliensis). In questa zona si incontrano anche l’Ara giacinto (Anodorhyncus hyacinthinus), l’Arpia, il Lupo dalla criniera (Chrysocyon brachyurus), lo speoto (Speothos venaticus), il tapiro sudamericano (Tapirus terrestris), il Formichiere gigante (Myrmecophaga tridactyla) e il caimano jacarè (Caiman yacare). A parte il caimano, altri rettili carismatici abitano il Pantanal: l’anaconda (Eunectes notaeus), il Tegu dorato (Tupinambis teguixin), la tartaruga dai piedi rossi (Geochelone carbonaria) e l’iguana verde (Iguana iguana). Ma soprattutto, il pantanal è l’habitat della più numerosa e prospera popolazione di Giaguaro (Panthera onca) della terra. Dormire su una caratteristica e comodissima house boat (scordatevi elettricità, strade e avamposti abitati nei paraggi…), salire ogni mattina sull’elegante e funzionale lancia a motore per addentrarsi in solitario nelle innumerevoli anse, ramificazioni e laghi lungo il fiume Paraguay e lungo i canali naturali del Pantanal di Cacères alla ricerca dello sguardo magnetico del giaguaro. racchiude la vera essenza di questo viaggio: la ricerca di un incontro in bilico tra terra e acqua.
L’operatore “Biosfera Itinerari” (tel. 347 30 42 700, www.biosferaitinerari.it), specializzato in turismo naturalistico con accompagnamento guidato da biologi ed etologi e l’intento primario dell’osservazione diretta della fauna, propone in Amazzonia e nel Pantanal brasiliano un tour di 14 giorni tra agosto ed ottobre 2017, il periodo climaticamente migliore, quote da 3.655 euro voli esclusi.
Testo/Daniele Vivarelli – Foto/Monia Bernardi e Paolo Gallerani