Il 24 febbraio 2018 si è spento ad Orvieto Folco Quilici, personaggio poliedrico ed esuberante, esploratore, ricercatore, divulgatore scientifico, sportivo e naturalista, ecologista ante litteram, giornalista e scrittore, fotografo e documentarista, ha fatto dapprima scoprire e poi amare a diverse generazioni con i propri documentari ed i propri scritti le meraviglie ed i misteri celati sottacqua.
Nato a Ferrara il 9 aprile del 1930, ha scritto numerosi libri, fra cui Ti-koyo e il suo pescecane, Oceano, Sesto Continente, Fratello Mare, Relitti e tesori. I suoi film, dedicati al rapporto tra uomo e mare, sono stati distribuiti in tutto il mondo. Nel 2006 è entrato nella lista dei 100 uomini più influenti al mondo, redatta dalla rivista Forbes. Fra gli innumerevoli premi ricevuti, nel 2008 gli è stata conferita “La Navicella d’Oro” dalla Società Geografica Italiana. Ultimo grande esploratore dei nostri tempi, Folco Quilici ha filmato, fotografato e raccontato gli angoli più belli e nascosti del pianeta. Soprattutto ha fatto scoprire le meraviglie dei mari e degli oceani.
Ho avuto il privilegio di ospitarlo e di intervistarlo durante “Il Salotto del Viaggiatore” del 3 ottobre del 2013, a Genova. Ho pubblicato l’intervista completa nel mio libro “Persone Protagonisti 1980-2014” (Il Canneto Editore). Eccola.
Folco Quilici conserva una vitalità invidiabile e un sorriso accattivante, quasi da adolescente. Ha alle spalle una produzione sterminata di libri, film documentari, articoli, reportage e servizi fotografici. E’ impossibile elencare tutti i lavori e i premi internazionali ottenuti con le sue opere. Una produzione ricca che ci ha accompagnati in questi ultimi decenni alla scoperta del mondo. Una produzione variegata e creativa con molte incursioni nella storia, nella società, nelle scoperte geografiche e nei viaggi. Tutto questo ha fatto diventare il nome Folco Quilici sinonimo di giornalismo d’avventura e di cinema documentaristico. Ultimo grande esploratore dei nostri tempi ha filmato, fotografato e raccontato gli angoli più belli e nascosti del pianeta.
E’ venuto più volte a Genova. L’ha trovata cambiata?
“Certo, sono venuto moltissime volte a Genova che amo, perché è una città unica. Ogni volta passo dal Porto Antico che trovo molto interessante, anche per la presenza del Museo del Mare: un’istituzione prestigiosa. E’ qui che la Superba ha ritrovato il suo mare e parte della sua storia. Ricordo il grande impegno della città in occasione dell’Expo del 1992. In quell’occasione ho collaborato all’allestimento del padiglione dell’America del Sud”.
Come mai è strettamente legato al mare?
“Ho il mare nel mio DNA. Al mare devo tutto. Anche la mia carriera di giornalista e di regista di documentari. Sono noto in tutto il mondo per i miei film, i miei libri e i miei reportage sul mare. La mia passione per il mare è nata proprio qui in Liguria, quando vi ho soggiornato per rimettermi in salute dopo l’inverno nebbioso di Ferrara. Infatti da bambino finivo la scuola a Levanto, dove viveva mio zio. Sono cresciuto correndo su e giù per i sentieri verso Monterosso. In quei lunghi giorni di sole e di bagni ho letto, “Moby Dick”, con la stupenda prefazione di Cesare Pavese. Ho iniziato la mia carriera di documentarista e scrittore del mare nei fondali di Punta della Gatta, nell’Area Marina Protetta delle Cinque Terre, dove sono tornato recentemente. Con stupore ho riscoperto un eden subacqueo di saraghi, ombrine, cernie, murene e aragoste. Il mare per me è la mia vita. Ancora oggi continua ad affascinarmi. Ho cercato di raccontarlo con immagini, romanzi, documentari, racconti e pensieri. Il mare è la mia grande passione. Non mi è mai interessata la biologia marina, ma le forme di vita che ci sono nei mari e soprattutto i relitti che vi sono sommersi. Da quando avevo 18 anni lavoro accanto ai ricercatori e ai grandi archeologi, documentando le loro scoperte. Il mare è sempre sullo sfondo: quello che mi interessa sono gli esseri umani e la loro storia legata al mare”.
Ha documentato, infatti, anche i ritrovamenti dei relitti e dei reperti archeologici nascosti in fondo al mare.
“Ero lì quando sono stati portati alla luce i Bronzi di Riace. E’ stata un’emozione incredibile. Ma non solo. Ho avuto la fortuna di assistere al altri ritrovamenti nei fondali marini che per secoli hanno conservato la nostra storia. Ne è nato un film-documento e un libro su relitti e tesori.”
Ma ha scritto anche “L’Italia dal cielo” dove di mare si parla pochissimo.
“Si tratta di un libro che risale a moltissimi anni fa, dove ho raccolto fotografie che facevano parte di una serie di 14 documentari trasmessi dalla RAI nel 1978. Ne sono nati così altrettanti volumi che riprendevano tutte le regioni italiane. I testi sono stati scritti da grandi scrittori come Calvino per la Liguria, Sciascia per la Sicilia, Silone per Abruzzo e Molise, poi Piovene, Dessì, Praz… E’ stato stupefacente filmare la Liguria dall’elicottero. Fu difficile volare in mezzo alle montagne addossate al mare, ma divertentissimo immortalare un territorio così bello con un taglio cinematografico allora inusuale”
Quali sono stati i suoi ultimi lavori?
“Ho girato una serie di documentari a cui tengo molto per il programma “Marco Polo”, che sono stati trasmessi da Sky TV. E un romanzo dal titolo “Libeccio”. Che è la storia di un uomo, il quale ha voluto farsi chiamare “Libeccio”, ossia “Beccio”, e che affronta con caparbietà un’odissea, una grande fuga che nasconde un mistero. I protagonisti sono in realtà tre anarchici toscani, che alla fine dell’Ottocento lasciarono di nascosto l’Italia per non fare il servizio militare e trovare fortuna e libertà in America. Nel libro racconto la lunga traversata di Libeccio e dei suoi tre compagni fino al porto argentino e da qui fino alle miniere dell’Alaska”.
Che consigli può dare a chi ama viaggiare?
“Parrà strano ma secondo è meglio prima di partire non imbottirsi la testa di libri che raccontano il luogo che si va a visitare. E’ meglio partire sapendo poco. Solo così si può scoprire un paese seguendo il proprio istinto”.
A 83 anni ha ancora voglia di viaggiare e di essere protagonista di nuove avventure
“Certamente. Uno degli ultimi viaggi all’avventura l’ho fatto pochi anni fa, in Sudamerica, per raccogliere materiale per il scrivere appunto “Libeccio”. Quasi una “spedizione” sulle orme dei protagonisti del romanzo”.
Il viaggio di avventura esiste ancora oggi dove tutto è noto e dove internet e i voli low cost hanno reso più accessibile il mondo?
“Il viaggio ha perso tutto il suo fascino e il suo mistero. Ormai si è scoperto ogni angolo della terra dove qualsiasi turista può andare. Si è perso anche il fascino della scoperta. Televisioni e film ormai fanno vedere a tutti luoghi incredibili e appartati. Forse anche banalizzandoli. Per cui spesso quando ci si arriva, avendoli già visti molte volte, si rimane delusi in quanto li credevamo più fantastici e interessanti. A pensarci bene, forse solo alcune aree della Cina interna e dell’India sono quelle meno note e possono riservare delle piacevoli sorprese. Forse gli unici viaggi che hanno ancora senso fare sono quelli nelle grandi città del mondo che sono rimasti i luoghi dove si può ancora scoprire qualcosa, conoscerne la gente, usi, costumi e tradizioni, in quanto in perenne mutamento e evoluzione”.
Emilio Salgari era solito dire che scrivere è come “viaggiare senza la seccatura dei bagagli”. Per lei meglio viaggiare, scrivere o filmare?
“Occorre “fare strada” per conoscere la gente, approfondire, capire l’umanità dei paesaggi e scrivere per raccontarne la bellezza. Filmare e fotografare consentono di scoprire ogni volta qualcosa di nuovo”.
Testo/Pietro Tarallo – Foto/Pietro Tarallo e Google immagini