Percorrendo per 150 km la strada costiera del Mar Rosso a sud di Marsa Alam, si incontra l’ultima frontiera del turismo egiziano: la località di Berenice, ormai vicino al confine con il Sudan. Fondata nel 275 a.C. da Tolomeo II Filadelfo, il secondo faraone della dinastia tolemaica, per onorare la madre appena scomparsa, era conosciuta sin dai tempi dei Romani come importante centro commerciale per l’importazione di oro, avorio e cammelli; i suoi mercanti commerciavano non solo con l’Africa orientale, ma addirittura con l’India e l’Estremo Oriente ed a Berenice terminava la via imperiale Hadriana. Adesso il piccolo paese con il porto di pescatori e le rovine antiche non sono visitabili, ed i pochi resort sorgono veramente in mezzo al nulla, o meglio al Deserto Orientale, la parte del deserto del Sahara che si trova ad est del Nilo, una delle zone più aride della terra.
Pochi sanno che da qui è in realtà possibile scendere ancora più a sud, per visitare una cittadina assolutamente non turistica, posta in piena Nubia: si tratta del paese di El Shalatin (o Shalateen), centro del mercato di cammelli più importante dell’Africa. Viaggiando lungo i 120 km di una strada asfaltata che attraversa un deserto pietroso totalmente abbandonato dall’uomo, con l’eccezione di qualche povera baracca e dei numerosi posti di blocco militari, nei quali il mezzo viene invariabilmente fermato e gli occupanti controllati, si ha la sensazione di viaggiare unicamente verso l’immensità del deserto. Ed in effetti la cittadina di Shalateen sorge in mezzo al nulla, ed è confine amministrativo dell’Egitto a pochi chilometri dal Triangolo di Hala’ib, territorio conteso da più di 100 anni con il Sudan, con il quale si alternano sorrisi e scaramucce di confine. La possibilità di infiltrazioni in territorio egiziano di terroristi o predoni provenienti dal Sudan (e le tensioni per i territori contesi), sono la motivazione di questa forte presenza militare lungo la strada.
Arrivati a destinazione, si ha immediatamente la percezione di trovarsi dall’altra parte del mondo, in un posto assolutamente non turistico, dove i bambini si avvicinano solo per guardarti e scherzare, e le donne non si vedono per strada. Ma non si intravedono nemmeno i militari, come se la cittadina fosse un mondo a parte, e la giustizia e la sicurezza fossero gestite in maniera autonoma, come si fa in quei luoghi da migliaia di anni. Shalateen risulta famosa da quasi 2000 anni per il mercato dei cammelli (dromedari, in realtà), che con le carovane arrivano dal Sudan, dall’Etiopia e dalla Somalia per essere qui venduti ai mercanti egiziani. Safinat al-barr, la nave del deserto è la definizione araba che tutti conoscono; capaci di percorrere fino a 150 km al giorno con un carico di 200kg, resistendo senza bere anche 8 giorni. Per i nomadi il cammello costituisce la vita: addomesticato in Arabia tra il V ed il IV millennio a.C. per essere utilizzato come mezzo di trasporto, in realtà viene allevato per mille usi: per la carne, ricca di ferro e molto digeribile, per il grasso (soprattutto quello della gobba), per il latte (la femmina ne produce tra 2 a 14 litri al giorno), per il pelo che lavorato dà origine ad ottimi tessuti ed infine per lo sterco, che mescolato alla paglia ed essicato al sole viene utilizzato come combustibile nelle fredde notti nel deserto.
Il mercato di Shalatin, durante il quale passano di mano anche mille esemplari al giorno, si svolge in un grande spazio all’aperto, e viene gestito dai Rashayda, una tribù beduina di circa 300 famiglie che ha il monopolio del commercio. Tribù nomade proveniente da Eritrea e Sudan, i suoi esponenti sono privi di cittadinanza e quindi liberi di muoversi attraverso la frontiera con il Sudan senza necessità di permessi. Arabi ma con usanze particolari, nella confusione del mercato si possono facilmente riconoscere perché sopra la galabeya, la tunica tradizionale portata dagli uomini egiziani, indossano alla cintola un coltello arabo ed il frustino, e sopra un gilet pieno di tasche nel quale tengono denaro, documenti ed un po’ di qat, che masticano per alleviare il caldo e la stanchezza. Le foglie di Catha edulis, coltivate negli altopiani etiopi e yemeniti, contengono infatti un alcaloide capace di dare eccitazione ed euforia, ma anche dipendenza: un’anfetamina assai diffusa nella penisola arabica e nel corno d’Africa.
I dromedari, controllati dai “veterinari” locali, vengono pesati ad occhio, vista l’assenza di bilance. I poveri animali quindi, che di solito hanno una zampa legata per impedirne la fuga, vengono venduti e poi sospinti a colpi di bastone e frustate sui pianali di camion scoperti, coloratissimi. Destinazione: il Cairo, a 1600 km di distanza, dove la maggior parte di essi verrà di nuovo venduta ai macellai della capitale egiziana. Ad occuparsi del trasporto i beduini della tribù Beja, specializzati in questo compito. Nel bailamme delle compravendite e del trasporto degli animali, si ha viva l’impressione di una grande povertà di queste persone. Impressione sicuramente fallace: i cammelli vengono qui acquistati per una cifra intorno ai 6/700€, e verranno rivenduti al Cairo per circa il doppio di questa cifra. Fate i conti. La cittadina è poi tranquillamente visitabile a piedi ed in autonomia; povere case si alternano a piccoli negozi: un panettiere, un negozio di frutta e verdura o di spezie, uno di elettronica ed un caffè.
Camion stracarichi di vettovaglie di ogni genere partono per il Sudan, dove i commerci proseguono nonostante guerre, povertà e carestie. Le persone che vivono a Shalatin non sono abituate al turismo e non manifestano fastidio, ma al massimo curiosità; i bambini non chiedono soldi, ma di giocare. E mentre cammini, pur sentendoti assolutamente fuori luogo, non hai mai la percezione di ostilità o pericolo. Ci si sente in un altro mondo, lontano secoli nel passato. Fino a quando un suono familiare ti risveglia dal sogno, e l’arabo di fianco a te estrae dalla galabeya l’ultimo modello di Iphone per rispondere al telefono. Se si desidera pranzare, in città si trova un solo albergo (non da turisti) al cui interno si trova l’unico ristorante: il menù? Provate ad immaginare…
Info: www.egypt.travel – info.it@egypt.travel – tel. 06 48 74 219.
Testo/Foto Paolo Ponga