La sensazione, umana rappresentazione dell’infinito, è di appartenere al cielo. Che sovrasta, avvolge, assorbe. Tutto sembra confluire nello spazio indeterminato e liquido di blu e nuvole, fino a sembrare che tutto sia cielo. In queste terre lontane dai nostri stereotipi di vita, tutto sembra iniziare e finire nell’infinito. Una contraddizione solo apparente, perché anche nella realtà acqua e cielo si uniscono, sulla linea dell’orizzonte, a formare un mondo unico.
Terre di frontiera. L’immaginario identifica l’Argentina con le pampas sconfinate del sud, ingiallite dal vento perenne e gelido, proveniente dallo Hielo Continental, che spazza le pianure schiantandosi sulle verticalità perfette delle montagne patagoniche. E ancora più a sud, nelle suggestioni subantartiche della Tierra del Fuego e dei suoi canali, ingombri di ghiacciai, che portano verso le solitudini australi. Nella realtà, questo immenso paese si spinge, verso nord, a lambire l’universo amazzonico, creando un territorio subtropicale di foreste e lagune. Spesso impenetrabili. Un paesaggio di bellezza primordiale, dove la storia dell’uomo occupa l’ultimo secondo di vita. Qui i “bianchi”, che non sempre pacificamente si sono mescolati e confusi con gli indios autoctoni, sono arrivati da meno di 150 anni, colonizzando territori dove la Natura era, e in gran parte ancora è, assoluta padrona e protagonista. Un territorio di frontiera circondato da acquitrini a perdita d’occhio, distese senza fine di vegetazione intricata e immensi corsi d’acqua, come il Rio Paraguay che fa da confine con l’omonima nazione, e le linee liquide dei rios Paraná, Uruguay Bermejo e Pilcomayo. Un mondo dove ancora oggi i tempi e i ritmi della vita sono definiti dal sole e dalla pioggia. La mia meta è una zona straordinaria e poco conosciuta, che si presenta tutta nel suo nome: El Impenetrable!
Orizzonti irraggiungibili. Tutto, qui, evoca fatica e sofferenza… mi trovo a Resistencia, capitale della provincia argentina del Chaco, e mi sorprendo a pensare di come, in questi territori, ogni luogo abbia nel nome una sorta di “firma” che sottolinea la difficoltà del vivere. “Lascia stare, siamo isolati, irraggiungibili. Ci sono più di settanta chilometri di strada sott’acqua a causa delle recenti piogge…” sono le parole che, dall’altro capo del telefono, pronuncia il responsabile dei ranger che controllano la seconda più estesa zona umida al mondo dopo il Pantanal brasiliano. E le strade, qui, non sono le highway asfaltate che costituiscono gli standard a cui siamo abituati, ma impegnative piste sterrate, spesso incise nella terra nera, dove poche gocce d’acqua trasformano il suolo in una trappola insuperabile.
Questo territorio, situato al nord del paese, appartiene alla Pianura Platense, che sconfina nel Paraguay e arriva fino al Brasile. Resistencia dista da Buenos Aires 1.000 chilometri, ed è l’avamposto umano, con 480.000 abitanti, sulla frontiera naturale degradante ad oriente in terre basse e umide, ricche di foreste tropicali e lagune, mentre verso occidente i terreni salnitrosi e la vegetazione xerofila danno vita a quella zona che, anche nel nome, si dichiara “impenetrabile”. Saltata per problemi “tecnici” questa meta, rivolgo la mia attenzione verso oriente, dove vivrò alcuni giorni nella spettacolare natura del Parco Nazionale del Chaco, tra lagune che sembrano non appartenere, per la loro bellezza, alla realtà, e incontri con uccelli e animali usciti dalla fantasia di un fumettista.
Natura vergine. El Impenetrable è una grande regione vergine di 6.000.000 di ettari situata nella pianura chiamata “Mesopotamia Argentina”, la quale oltre alla regione del Chaco comprende anche parte delle province di Salta, di Santiago del Estero e di Formosa. La ricchezza florofaunistica di quest’area presenta un catalogo virtualmente infinito. Alberi dal legno durissimo e molte piante spinose, grandi cactus arborescenti del genere Cereus, molto ramificati che superano i tre metri di altezza, liane e diversi generi di orchidee. Essenze arboree pregiate come il quebracho colorato e bianco, il Prosopis nigra (algarrobo nero) e Prosopis alba (algarrobo bianco), il palo santo, l’urunday della famiglia delle Anacardiaceae, il prosopis kuntzei o ítin, il “guayacán”, il palo borracho, qualche butia yatay della famiglia delle Arecaceae, delle acacie come pure dei frassini. La regione ospita anche diverse specie protette, come l’armadillo mulita, il mazama grigio, il pecari (Catagonus wagneri), il puma, il giaguaro, l’ armadillo carreta o cabassous chacoensis, il tamadua o “orso del miele”, i formichieri giganti e il tapiro. Sono presenti anche molti uccelli tropicali, alcuni dei quali ad alto rischio di estinzione, come l’ ortalis canicollis o charata (ciacialaca del Chaco), il chajá o chauna torquata (Kaimichi dal collare), i pappagalli loriinae, i piccioni di montagna. Nei fiumi, sicuro l’incontro coi pericolosi piranhas e i caimani neri, chiamati jakarè. Ma anche con una moltitudine di pesci eccellenti tra i quali spicca la corvina, una specialità gastronomica locale imperdibile.
Vivere nel verde. Il colore che tutto avvolge, in un delirio di sfumature incapace da decifrare per gli occhi. Lontani dalla “civiltà” di Resistencia, persi nell’infinito della pianura si trovano nuclei di gauchos che vivono con le stesse modalità dei primi esploratori di queste terre. “Ho provato a vivere, per un po’ di tempo, in città” mi racconta Pilar mentre, sotto un magnifico albero che offre un’impagabile riparo dal sole feroce del mezzogiorno, sorseggia l’immancabile “mate”, la bevanda tradizionale che si gusta in uno speciale contenitore.
Solitamente è una coppa ricavata da una piccola zucca, capace di stare nel palmo della mano. Le erbe costituenti la miscela del “mate” vengono “caricate”, come in una pipa, sul fondo del contenitore, e poi si versa l’acqua, succhiando la tisana che si ricava con una cannuccia d’argento. Un rito in grado di scandire ogni momento della giornata. La tazza del “mate” e la bottiglia d’acqua per alimentarla fanno parte del corredo di ogni argentino doc, più delle scarpe e della biancheria intima! “Sono strani, quelli di città – continua la donna – pieni di problemi, sempre “nerviosos”. Io sono nata qui, a pochi chilometri da questa estancia, e non vorrei vivere da nessun’altra parte…” Tutto intorno, praterie delimitate da alberi scuri, rese vive dalle schiene dei bovini al pascolo bradi, e il galoppo ritmico e preciso dei gauchos che si spostano seguendo misteriose linee immaginarie e raggruppano gli animali su distanze a cui il mio occhi non è abituato, rappresentano una quotidianità sempre uguale a se stessa. Stanno rientrando, e li aspetta il piacevole rito dell’asado, il capretto messo a grigliare sul fuoco di legna. Cuocerà senza fretta, per ore, mentre i racconti del giorno e della vita sono sempre gli stessi. Perché qui, il segreto, è vivere l’oggi e non aspettare cambiamenti…
Notizie Utili. Il Chaco costituisce una destinazione turistica quasi vergine, seminata di lagune, pantani e grandi fiumi; offre l’ambito ideale per godere della natura subtropicale ai margini dell’Amazzonia e scoprire specie di animali autoctoni in pericolo d’estinzione. Si possono realizzare fantastiche spedizioni a siti di ammaliante bellezza naturale, come il rinomato Impenetrable, una delle zone più vergini del paese. Le culture aborigene dei Wichis, Mocovíes e Tobas sopravvivono ancora in piccole riserve, nelle quali si possono apprezzare i bei pezzi d’artigianato fatti con materie prime e con tecniche di centinaia d’anni fa.
Il periodo ideale per visitarlo è l’estate australe – il nostro inverno – quando risulta meno frequente la caduta di piogge torrenziali.
Info: Ufficio del Turismo Argentino, www.argentina.travel – tel. 06 48 07 33 09 – 06 48 73 866.
Testi/foto Michele Dalla Palma