Nella storia dell’umanità il destino ha colpito spesso gli affanni umani, portando alterne fortune, in molti casi assolutamente imprevedibili. Imperi ed intere culture sono sorti e poi finiti nel nulla, lasciando solo memoria di sé e rovine; città rigogliose non hanno saputo seguire i mutamenti del tempo e sono scomparse, diventando città fantasma. Questa è la storia di una di esse, che invece ha saputo rinascere a nuova vita. Nel 1514 il conquistador Diego Velazquez de Cuéllar fondò sulla costa meridionale di Cuba, in cima ad una collina affacciata sul Mar dei Caraibi, la Villa de Santisima Trinidad, terzo insediamento spagnolo sull’isola. Da qui passò Bartolomé de las Casas, vescovo domenicano e strenuo difensore degli indios sterminati e divenuti schiavi; poco tempo dopo, nel 1518, fu la volta di Hernan Cortes, alla ricerca di mercenari per partire alla conquista del Messico. Due personalità decisamente differenti. Dopo un inizio glorioso, la cittadina di Trinidad negli anni a venire perse abitanti ed importanza; durante il ‘600 divenne covo di pirati e contrabbandieri, che intessevano rapporti più o meno cruenti con i corsari inglesi della Giamaica, con i quali commerciavano in schiavi.
La situazione cambiò radicalmente solo all’inizio del XIX° secolo, quando arrivarono in città centinaia di profughi francesi in fuga da Haiti, dove era in corso una rivolta degli schiavi delle piantagioni di canna da zucchero. I francesi trasferirono qui denaro e conoscenze, impiantando nella vicina Valle de los Ingenios le strutture di coltivazione e produzione dell’industria dello zucchero di canna; in breve questa divenne l’attività più redditizia della regione. Il denaro così ricavato permise la costruzione di una città ricca di sontuosi ed eleganti palazzi, dove i proprietari terrieri conducevano una vita da favola, divenuta celebre anche all’Havana. Le fortune di Trinidad svanirono però durante le due guerre di indipendenza dalla madrepatria spagnola, quando le piantagioni vennero distrutte da incendi e combattimenti. In seguito la produzione di canna da zucchero venne spostata in altre province ed a partire dalla fine dell’800 la città subì un inevitabile declino. Fu così abbandonata dalla maggior parte dei suoi abitanti, e rimase tale e quale per molti anni. Nel 1965 Trinidad venne però dichiarata dal governo di Castro monumento nazionale e nel 1988 Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco: queste iniziative dettero il via alla sua rinascita, grazie all’arrivo del turismo.
Per arrivare a Trinidad, ci si muove su strade in cui la percorrenza non è basata sui chilometri, ma sulle condizioni che si trovano lungo di essa, dove il pericolo è in agguato ad ogni curva: enormi buche nell’asfalto (quando non manca del tutto), trattori, carretti trainati da asini e cavalli, ogni genere di animali e persone a piedi, in bicicletta, a cavallo che attraversano senza guardare. Il paesaggio è però sempre uno spettacolo che scorre tra piantagioni e villaggi, tra enormi palme e la gente che spesso saluta con un sorriso chi passa in automobile. Vale sicuramente la pena di fermarsi a comprare della frutta stupenda e gustosissima dai contadini e dalle bancarelle che si incontrano lungo la strada; se si ha sete, si può sostare a bere il guarapo, il succo della canna da zucchero che la ragazza cubana taglia nel campo adiacente e poi spreme al momento, dolce e rinvigorente. L’ultimo tratto di strada attraversa la Valle de los Ingenios (gli zuccherifici) dove le piantagioni di canna sono state sostituite dalle coltivazioni di tabacco di proprietà dello stato.
Una volta giunti a Trinidad, risulta facile accorgersi di quanto il centro coloniale sia magnifico ed invogli a girarlo a piedi. Visitare la città determina un salto indietro nel tempo: le case colorate e le strade acciottolate sono le stesse di 150 anni fa, lungo le quali ora i carretti dei campesinos si alternano alle famose automobili americane degli anni ’50. Sistemata in una posizione suggestiva, ma senza una comoda via d’accesso, la città ha trascorso questo tempo in un isolamento che ha messo al riparo la sua identità culturale da ogni possibile cambiamento.
Il fulcro è dato da Plaza Major, la piazza principale, dove la Iglesia Parroquial de la Santisima Trinidad ed una serie di palazzi storici, oggi sedi museali, si affacciano sui giardini centrali. Per godere al meglio la visita della città, occorre partire da qui ed immedesimarsi nella mentalità cubana: camminare assaporando i colori delle case, il profumo dei fiori ed il calore del sole, i sorrisi della gente e l’allegria della musica. Quest’ultima pervade ogni momento della visita, in quanto la città brulica di piccole orchestre che per strada o nei locali suonano i classici cubani, il son, la salsa. La sera si balla ovunque, cubani insieme e mescolati a stranieri, nella gioia di vita che è propria di questa gente. Per ristorarsi dalle fatiche e dal calore del sole, è possibile trovare frescura all’interno di uno degli innumerevoli locali dove rifugiarsi per bere un mojito, assaggiare la cucina creola ed ascoltare buona musica. Uno di questi è la Taberna la Canchàchara, famosa per l’omonimo cocktail preparato con ron, miele, limone ed acqua e dove è possibile acquistare all’ingresso un buon sigaro dall’uomo che sta arrotolando le foglie di tabacco.
Per cenare o dormire l’opzione migliore risulta quella di rivolgersi ad una delle innumerevoli e stupende casas particulares presenti in città: si ha il privilegio di entrare ancor di più nell’”Alma de Cuba” e sostare in una meravigliosa casa storica. Gli interni si riveleranno stupefacenti, con le decorazioni colorate e gli arredi antichi e magnifici; la struttura, rivolta spesso verso l’interno come le case arabe, sarà una vera sorpresa. I gestori accoglieranno l’ospite con una cortesia rara, data dalla consapevolezza che costituisce l’unico mezzo per uscire dalla povertà, unita al calore, alla simpatia ed alla generosità tutte cubane.
Fermandosi a chiacchierare con loro, racconteranno probabilmente storie di schiavi, pirati e tesori nascosti, tipiche della città; si avrà nel mentre un’eccellente possibilità di avere l’opinione di un cubano sulla Revoluciòn e sulla vita nell’isola caraibica. Terminate le fatiche della visita, del buon cibo, del ron e della salsa, non rimane che ottenere un po’ di meritato relax: a 12 km di distanza si trova playa Ancon, una delle spiagge più belle della costa meridionale cubana: poco turistica e con un mare da favola in cui tuffarsi.
Info: Ufficio Turistico di Cuba, www.cuba-si.it – info@cuba-si.it – tel. 06 571 72 42 32
Testo Paolo Ponga – Foto Paolo Ponga e Google Immagini