Quaranta anni fa l’aeroporto milanese di Linate si riempiva di passeggeri soltanto alla mattina ed alla sera, a causa dei pendolari sulla tratta Milano-Roma: partivano al mattino presto, sbrigavano le loro pratiche nella capitale, quindi rientravano in serata. E ovviamente anche viceversa. Colpa di una nazione con due capitali: una politica al centro ed una economica a nord, a 600 km di distanza. E per alcuni decenni questa linea è stata la fortuna per Alitalia, in quanto i forti utili coprivano le perdite, le ruberie e la cattiva gestione della compagnia di bandiera. Poi, negli anni 80 e 90, è arrivata pian piano sempre più pressante l’alta velocità, capace di accorciare notevolmente i tempi di percorrenza tra le due capitali ed a rendere l’aereo non più conveniente. Ma alta velocità è una parola che dice tutto e niente: era tale quando per andare tra le due città occorrevano oltre cinque ore, lo è anche oggi dove si impiega meno di tre ore, viaggiando ad una velocità di 300 km/h.
L’alta velocità è un qualcosa di estremamente dinamico, in perenne divenire legato all’evoluzione tecnologica, come ci insegnano paesi all’avanguardia in questo campo come Giappone, Corea del Sud e Cina, dove i treni viaggiano fino a 350 km/h, o anche in Europa (Spagna, Germania, Francia) dove il limite di velocità massima consentito attualmente arriva a 320 km/h. In Italia, nazione con una delle reti più sviluppate del continente, le prospettive erano lusinghiere. L’arrivo in servizio, ad inizio 2015, del Frecciarossa 1000 (Etr 1000), ci ha regalato un treno super veloce in grado di raggiungere una velocità commerciale di 360 km/h, per cui si poteva prevedere come entro il 2017 si potesse giungere ad un treno capace di sviluppare una velocità media di 350 km/h, vale a dire coprire il Milano-Roma in meno di due ore. Ma mai fare i conti senza l’oste, nel nostro caso la burocrazia ministeriale. Mettere in esercizio simili convogli richiedeva per Trenitalia ed Italo una specifica autorizzazione: e il Ministro dei Trasporti – seppure scaduto e ormai deligittimato dall’esito delle recenti elezioni (ma in Italia sembra che la democrazia stia diventando un optional proprio a partire dalle più alte cariche dello stato) – ha di recente negato tale autorizzazione.
Un divieto dovuto non a supposte ragioni di sicurezza, il che avrebbe anche potuto essere discutibile, ma per una motivazione risibile: “in quanto l’innalzamento di velocità dei convogli comporterebbe un possibile aumento dei costi manutentivi per il sistema delle infrastrutture e dell’energia, e per il fatto che questa maggior velocità non garantirebbe una maggiore puntualità”. Il che lascia presupporre che un convoglio lanciato ai 300 all’ora non richieda costi manutentivi per le infrastrutture. Avessero detto che negavano l’autorizzazione perché l’Italia non si è classificata ai mondiali di calcio sarebbe stata la stessa cosa. Ma i nostri burocrati, a partire dal loro degno ministro, non possiedono il senso del ridicolo, come tutti i comuni mortali ? Poi ci si meraviglia di certi esiti elettorali. Ridere o piangere ? Prima di dare una risposta tanto impegnativa, e con conseguenze non trascurabili per il nostro futuro e l’economia, nessuno tra i tanti fancazzisti ha pensato a fare un salto in Giappone, per vedere come funzionano le cose in un paese civile ? Non stiamo parlando di quisquiglie. Abbassare di un’ora – da 3 a 2 – la percorrenza del Milano – Roma, e di conseguenza di tutta l’Alta Velocità italiana, moltiplicato per i 25 milioni di utenti all’anno, equivale a diversi punti di Pil, cioè parecchi miliardi. Ma i nostri governanti sanno fare i conti , o serve dotazione di pallotolieri ? Forse 5 Stelle e Lega non annoverano nelle loro fila degli esimi statisti, ma chi ci ha governato fino ad ora come va giudicato ? Se analizziamo questo caso, definirli debuttanti allo sbaraglio risulta il minimo che si possa dire. Allora è proprio meglio provare a cambiare radicalmente (e lo dice uno che non vota da un pezzo).
Trenitalia ed Italo dovranno tenere presente questa fondamentale risposta nei loro piani di sviluppo, adattandoli. Trenitalia ha appena immesso in flotta 285 nuovi convogli, altri 500 saranno attivati nel 2019, per arrivare nel 2021 a quota 900, per un investimento complessivo di 4,5 miliardi di euro. Peccato che, a causa del divieto, i treni non potranno esprimere tutta la loro potenzialità. Questa estate la rete di convogli coprirà 6.500 corse, aumentando di 110 il numero delle fermate previste, anche a scopo turistico, per raggiungere 32 siti Unesco, 25 tra i borghi più belli d’Italia, 8 parchi nazionali e 90 tra spiagge, località montane e termali, con debutto dell’Alta Velocità tra Roma e Vicenza e l’aumento delle soste a Reggio Emilia sulla Milano – Bologna.
Info: Trenitalia, www.fsitaliane.it – tel. 06 44 101.
Testo/Giulio Badini – Foto/Google Immagini