Per la stragrande maggioranza degli italiani Tiscali è soltanto il nome di una delle prime aziende private di telefonia fissa, mobile e di internet, fondata a Cagliari nel 1998 da Renato Soru, imprenditore poi entrato in politica e diventato nel 2004 presidente della Regione Sardegna. Per i sardi, ed in particolare per gli abitanti della costa orientale e dell’interno, Tiscali rappresenta prima di tutto il nome di uno dei più suggestivi ed intriganti insediamenti tardo nuragici, celato all’interno di un’enorme caverna naturale, di non facile accesso, in un angolo assai aspro e remoto del Supramonte barbaricino. Non si tratta però di uno dei tanti monumenti innalzati dalla coriacea antica civiltà agro-pastorale, capace di dominare sull’isola al centro del Mediterraneo per 15 secoli, quanto di una testimonianza del carattere indomito di questo popolo, assunto ad emblema della disperata resistenza prestata dai post-nuragici alla soffocante dominazione romana. Soru non scelse a caso il nome della sua azienda.
Arrivare a Tiscali non è né semplice, né facile, oggi come un tempo, e guai se non fosse così. Occorre dedicarvi un’intera giornata, perché la salita (e ancor più la discesa) su un canalone franoso, poi lungo una cengia esposta su una parete precipite e infine rocce dissestate simili a lame di coltelli, sono capaci di tagliare le gambe e lo spirito a chiunque. Per non perdersi nel nulla serve poi una guida esperta, il pranzo al sacco e un’ampia riserva d’acqua. Tutto ciò premesso, per quanti amano cultura e avventura si tratta di un luogo imprescindibile, unico in Italia e in Europa, capace di regalare emozioni a go-go, uno di quei posti da vedere almeno una volta nella vita. Per giunta inserito in un contesto naturale straordinario, con peculiarità naturalistiche e geologiche eccezionali, in una delle zone più selvagge e incontaminate del continente, un vero paradiso del trekking più spinto, dove si può camminare per giorni e giorni senza incontrare una presenza umana.
A metà distanza tra Oliena e Dorgali, o tra Nuoro e la costa orientale di Orosei, all’altezza del lago artificiale sul Cedrino si lascia la strada presso il resort Su Gologone, uno dei ristoranti più noti della Sardegna ubicato presso l’omonima sorgente valchiusana maggiore dell’isola e terza in Italia, esplorata dagli speleosub fino ad una profondità di 135 m, la cui portata normale di 3-400 litri/secondo può salire fino ad 8 mila in caso di forti precipitazioni sul bacino sovrastante, il Supramonte. Dopo una strettoia di rocce vulcaniche con pregevoli colonne basaltiche prismatiche alte fino a 20 m si entra nella breve vallata di Lanaitto (o Lanaittu), luogo di straordinaria bellezza e interesse naturalistico, archeologico e speleologico, porta di accesso al selvaggio Supramonte di Oliena, immenso pianoro calcareo esteso per 300 kmq ad una quota media sui 900 metri, regno incontrastato di ogni forma esasperata di carsismo sia di superficie che in profondità, come la dolina-voragine di Su Sercone (la maggiore d’Italia con un diametro di 1200 m e una profondità di 220), la spettacolare Gola di Gorropu (il maggior canyon d’Europa) e un gran numero di grotte con fiumi sotterranei. Questo angolo di Parco nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu, suoi limiti geografici, un tempo abitato da pastori con le loro mandrie, ospita anche le ultime foreste primarie d’Europa di tassi, con gigantesche piante plurisecolari, e poi querce, ginepri e macchia mediterranea dove trovano ancora protezione cinghiali, mufloni, gatti selvatici, aquile, avvoltoi grifoni e una gran varietà di pipistrelli.
Lanaitto è una valle Nord-Sud lunga in tutto 7 km, ma si presenta come uno straordinario concentrato geologico ed archeologico, a cominciare dalle più antiche tracce della presenza umana nell’isola, anche grazie ad un clima temperato (media annua 16-22°C) in quanto i monti la proteggono dai venti salmastri marini dell’Est, nonché dal forte maestrale da Ovest. In estrema sintesi, la Grotta del Guano ha restituito – oltre a macine, pestelli, grano carbonizzato e fusaiole, anche corna di cervo con tracce di lavorazione risalenti a 18-20.000 anni or sono, nel Paleolitico recente. Nella Grotta Rifugio sono stati trovati i resti umani di 11 individui, nella Grotta Corbeddu resti umani datati 13.550 e 20.000 anni fa, nonché ossa di un cervide (megacero) e di un roditore (prolago) datati 25.700 anni, entrambi endemismi estinti nel Paleolitico superiore. Se del villaggio nuragico di Ruinas resta ben poco, perché spianato dalle ruspe per farne vigneti, di quello di Sedda e Carros restano diverse capanne dove si lavoravano metalli (Bronzo recente e prima età del Ferro, XII-IX sec. a.C.), nonché una delle più importanti fonti sacre della Sardegna nuragica. Tra le tante grotte da non perdere il Complesso di Su Bentu – Sa Oche (il Vento e la Voce), tratto terminale di un enorme complesso carsico (17 km di sviluppo) con fiume ipogeo che drena le acque dal Supramonte a Su Cologone, dove sorge anche un rifugio speleologico, o quella di Eliches Artas, adorna di belle concrezioni. Ma le tracce del passato si trovano un po’ ovunque, da resti nuragici a quelli romani, dalle necropoli nella roccia delle domus de jana a varie tombe dei giganti. Info: info@gestursardegna.com, tel. 349 50 82 766.
La valle termina contro i banchi calcarei mesozoici del Giurese del monte Tiscali, una catena Nord-Sud alta 518 m che separa due mondi assai diversi: ad ovest la selvaggia vallata di Lanaitto, ad est a dolce ed agreste valle del rio Fiumineddu, originato da una sorgente sotto la Gola di Gorropu e il Supramonte , nonché affluente del Cedrino, dove forma la fertile valle di Oddoene. Con una singolare peculiarità: in lontane epoche geologiche questo fiume percorreva il Lanaitto, la via più naturale. Un monte tra i tanti, se non fosse che – assolutamente nascosta sulla cresta – cela la dolina-voragine di crollo sul cui fondo sorge il villaggio nuragico di Tiscali, un unicum della Sardegna e in Europa con qualcosa di simile nei pueblos dei nativi americani in Arizona e nel Colorado. Si può salire da entrambi i fianchi del monte, quindi con duplice via di fuga, ed anche a pochi metri dall’ingresso non si scorge nulla, celato da una parete aggettante e dalla intensa vegetazioni di fondo. Si scende per 103 m in forte pendenza su un notevole sfasciume di rocce, in una immane caverna a cui è crollato un tratto di soffitto. Un luogo ideale per nascondersi dal mondo assieme ai propri animali domestici, un luogo riparato dal sole, dal vento e dalla pioggia con acqua di stillicidio, per giunta fresco d’’estate e caldo in inverno. Da un enorme finestrone si potevano controllare poi tutti i movimenti nella valle di Lanaitto, con tutto il tempo per organizzare la difesa o la fuga sull’altra vallata di Oddoene. La salita da Lanaitto, lunga e faticosa, obbliga a percorre una cengia aerea sospesa sulla valle dove si può passare solo in fila indiana, con una stretta spaccatura dove un manipolo di arcieri avrebbe potuto fermare anche una legione.
All’interno, tra piante millenarie di lecci, lentischi, terebinti e cisti protetti in un microclima favorevole, sorgevano in epoca nuragica due gruppi di capanne: a nord una quarantina di costruzioni, probabilmente su terrazze ora franate, tonde o ovali tronco coniche, con pareti sottili ed aggettanti, coperte a tholos o con tetti di frasche, con diametro di 3-5 m, altezza 4-5 e basse porte sormontate da architravi di ginepro, con all’intero pochi stipetti e nicchie, usate come abitazione e del tutto simili alle capanne dei pastori ancora presenti in Supramonte, mentre a sud-ovest sorgevano una trentina di costruzioni tonde o rettangolari, con tetti spioventi di frasche, usate forse come stalle o magazzini. La tecnica, piuttosto affrettata e unica in tutta l’isola, impiega sassi legati con malta di pessima qualità, quasi ad indicare un uso momentaneo e frettoloso, oltre a non dover riparare né dalle intemperie, né dai venti.
Quando, e per quanto tempo, funzionò il villaggio ipogeo di Tiscali ? I pochi reperti rinvenuti, e non in stratigrafia, coprono un arco di tempo enorme, dal XVI secolo (quindi ancora in epoca pre-nuragica) fino all’alto Medioevo (quando probabilmente servì contro le invasioni barbaresche), quindi non soltanto durante l’occupazione romana dell’isola. Ma solo significativi rinvenimenti futuri potrebbero consentire una datazione più precisa. Il villaggio venne scoperto all’inizio del secolo scorso, quando ancora diverse capanne svettavano alte; il disastro attuale costituisce il risultato di scavi clandestini compiuti nell’ultimo secolo, alla ricerca di chissà quali tesori. Un vero peccato perché Tiscali, gioiello del Supramonte, non rappresenta un luogo ma un emblema, e i simboli dovrebbero essere sempre intangibili e rispettati.
Le coste della Sardegna, isola ubicata al centro delle rotte nel Mediterraneo, cominciarono ad attirare commercianti micenei, ciprioti, filistei e fenici fin dalla fine del II millennio a.C., attratti dagli scali naturali e dalla presenza di minerali, legname, bestiame, pelli, vini ed acqua, prodotti dalla civiltà nuragica attiva fin dal 1800 a.C., in piena età del Bronzo, un popolo agro-pastorale, anche guerrieri alla bisogna, abili nel produrre metalli e nella navigazione, tra i primi produttori di vini, con insospettabili conoscenze astronomiche. Anche i Fenici, che nel X-VIII sec. a.C. portavano nell’isola beni preziosi come manufatti, vetri e porpora, oltre all’alfabeto, limitarono la propria presenza a qualche scalo discreto lungo la costa nel sud-ovest, per non urtare la suscettibilità dei padroni di casa, i Nuragici, i quali vivevano sì nell’interno dell’isola, ma consideravano le coste come la porta di ingresso. Il discorso cambia invece profondamente, nel VI sec., con l’arrivo dei Cartaginesi, veri e propri colonizzatori, giunti in Sardegna (così come anche in Sicilia) con il preciso intento di colonizzarne le coste, anche in funzione antiromana, e di spogliarla delle sue risorse. Gli scontri tra gli insediamenti fenici della costa e i Nuragici dell’interno furono quindi inevitabili, con esiti alterni, fino a quando nel 510 stabilirono il proprio incontrastato dominio dal capoluogo Tharros e da altri centri costieri, dove si instaurò una èlite di latifondisti punici, pronti a sottrarre con le buone o con le cattive terreni e risorse ai Nuragici, più che a cercare di conviverci.
Dopo la seconda guerra punica, sull’isola si affaccia un nuovo pretendente, più forte e prepotente dei precedenti. Roma, nel suo progetto di estensione territoriale, non poteva certo accettare la presenza di una colonia cartaginese, cioè dei suoi peggiori nemici, nella acque davanti a casa propria: una vera spina nel fianco, tanto che nel 238 a.C. iniziò la conquista della costa settentrionale ed orientale. Roma non era Cartagine: costruiva strade, ponti ed acquedotti, portava la legge e la cultura, ma sottraeva ogni risorsa disponibile, affamando i locali quando non li faceva schiavi o li uccideva. Approfittando dell’invasione della penisola italica da parte del cartaginese Annibale, i punici-sardi tentarono la ribellione, ma in campo aperto l’esercito romano risultava invincibile, e vinse nella disastrosa battaglia del 215 a.C. di Decimomannu, che segna l’uscita definitiva dei cartaginesi dall’isola. Vi restavano però gli indomiti ribelli post-nuragici, i barbaricini sempre più costretti a ritirarsi a vivere nell’interno, nei luoghi più montuosi ed improduttivi: questione vitale di sopravvivenza. Non potendo affrontare i Romani in campo aperto, cominciarono ad attuare una tecnica vincente di guerriglia: assalivano all’improvviso guarnigioni, fattorie isolate, mansio o quant’altro, portando via ogni risorsa sparendo letteralmente nel nulla, riuscendo in questo modo a ritrarsi quasi sempre dalle ritorsioni e dai rastrellamenti romani. Gli storici dell’epoca arrivano a dire che sparivano letteralmente sotto terra, nelle inaccessibili montagne della Barbagia. Conoscendo la natura carsica del Supramonte, nonché l’ubicazione segreta di Tiscali, c’è da credergli. Vorrei proprio vedere una legione romana bardata alle prese con il sentiero di accesso a Tiscali, dove sarebbero bastati pochi uomini a fermare un esercito ! I Sardi, sempre orgogliosi e ribelli, continuarono a dare filo da torcere ai Romani con le loro incursioni di guerriglia, fino alla piena epoca imperiale. Alla fine però vinsero i Romani, non grazie alla forza ma ricorrendo all’astuzia: per stanare i ribelli dai loro segreti rifugi sotterranei importarono nell’isola i canes pugnaces, mastini napoletani dalla forza e dal fiuto eccezionale, capaci di guidare i legionari ai remoti rifugi ipogei attraverso qualsiasi terreno.
Ecco, il villaggio nuragico e post-nuragico ipogeo di Tiscali, esempio straordinario ma non unico in Sardegna, trova probabilmente la propria ragione d’essere proprio nel conflitto armato tra Romani e Sardi. E se io fossi sardo, sceglierei con orgoglio Tiscali come emblema della dignitosa e disperata resistenza dei miei indomiti predecessori contro ogni forma di prepotente negazione ad ogni elementare diritto di vivere liberi ed indipendenti nella propria terra. Tiscali come luogo sacro ed emblema di ogni combattente per la libertà, sempre ed ovunque.
Info: Il sentiero per Tiscali, che richiede scarponcini da trekking, risulta segnalato da vernice e da cartelli, ma stante l’asperità del luogo non sarebbe male farsi accompagnare da persona esperta. Il sito è aperto tutto l’anno, con guardiano giorno e notte. L’ingresso costa 5 euro. Per una visita anche a Lanaitto preventivare una intera giornata. Stagioni consigliate primavera ed autunno. Tiscali risulta inserito nei trekking guidati proposti da numerose cooperative e da guide locali. Tra queste segnaliamo: Sardegna Ambiente Escursioni (www.sardegna-ambiente.it/., sardambiente@yahoo.com. tel. 328 294 16 75 e 328 91 30 738), Coop. Ghivine, curatrice della guardiania a Tiscali (www.ghivine.com, ghivine@tiscali.it, ghivine.gra@tin.it, tel. 338 83 41 618), Trekking in Sardegna (www.trekkinginsardegna.it/, info@trekkinginsardegna.it) e Sardegna Nascosta – Centro Escursioni (www.sardegnanascosta.it, sardegnanascosta@tiscali.it, tel. 0784 28 85 50 e 349 44 34 665). Possibili Informazioni anche presso il Museo Archeologico di Dorgali – Coop. Ghivine (www.museoarcheologicodorgali.it, tel. 338 834 16 18)
Testo/Giulio Badini – Foto/Google Immagini