Dopo dieci anni impiegati ad istruire la pratica, Ivrea è stata riconosciuta nei giorni scorsi nuovo sito del World Heritage List, 4° sito del Piemonte e 54° dell’Italia, al vertice assoluto dalla classifica Unesco. Tutto ciò dopo la 42° sessione dell’apposito comitato, riunitosi ai primi di luglio a Manama in Bahrein, mentre per soli due voti non sono entrate anche le colline vinifere del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, rimandate alla sessione del prossimo anno. Il riconoscimento al capoluogo del Canavese bagnato dalla Dora Baltea non è andato tout court alla città in genere, o ad alcuni monumenti storici significativi come il Duomo del V° sec., il trecentesco castello sabaudo a tre torri cantato dal Carducci, oppure l’anfiteatro romano del I° sec. capace di contenere diecimila spettatori. Il premio è andato all’Ivrea città industriale del XX ° secolo, e per l’esattezza a 27 ben precisi edifici e complessi architettonici, edificati dalla famiglia Olivetti per ospitare le fabbriche e gli edifici di servizio della nota azienda produttrice di macchine da scrivere, calcolatrici e computer, alla discussa concezione umanistica del lavoro concepita da Adriano Olivetto, figura controversa di industriale sui generis per la sua visione anticipatrice catto-comunista.
In quest’ottica Ivrea costituisce la città ideale della rivoluzione industriale del Novecento, un esempio distintivo della sperimentazione di idee sociali e architettoniche sui processi industriali, ed un’esperienza innovativa di produzione industriale di livello mondiale, che guarda in special modo al benessere delle comunità locali. La città attuale si può dire sia stata plasmata dall’azienda Olivetti, fondata nel 1908 da Camillo Olivetti come maggiore realtà produttiva, frutto di un ben preciso progetto industriale ed al tempo stesso socio-culturale. La maggior parte dello sviluppo urbano avvenne nell’arco di tempo compreso tra gli anni 30 e 60 del secolo scorso, quando l’azienda divenne leader mondiale nella produzione di macchine da scrivere e calcolatrici meccaniche. La forma della città e gli edifici urbani furono progettati da alcuni dei più noti architetti ed urbanisti italiani del tempo, edifici utilizzati per la produzione aziendale, l’amministrazione, i diversi servizi sociali e gli usi residenziali secondo le idee del Movimento Comunità, il movimento politico-sociale fondato da Adriano Olivetti, dove il benessere economico, sociale e culturale dei dipendenti dell’azienda veniva considerato come parte integrante del processo produttivo.
Il successo planetario dell’azienda, durato fino alla morte del suo geniale conduttore avvenuta nel 1960, può essere sintetizzata in questa date: 1911, creazione della prima macchina da scrivere, 1932 della prima macchina portatile (la celeberrima Lettera 22, sogno di ogni inviato), poi nel dopo guerra le macchine da scrivere e calcolatrici elettriche, le telescriventi ed i primi computer. Oltre alla genialità dei suoi tecnici, il successo dell’Olivetti poggiava soprattutto nel clima di concordia esistente tra i dipendenti, con un welfare assolutamente all’avanguardia comprendente asili nido per i dipendenti, mensa, alloggi e trasporti. Allora la prima azienda al mondo nel suo settore per qualità ed originalità dei prodotti, per progetti, investimenti ed innovazione tecnologica, in un brulicare di nuove idee e con un diverso modello di gestione dei rapporti sindacali con il personale.
Figura di industriale poco convenzionale e parecchio di rottura quella di Adriano Olivetti, definito l’imprenditore visionario, l’industriale rosso, l’utopia per l’umanesimo capitalista, lo Steve Jobs italiano (ma forse sarebbe più corretto chiamare Steve Jobs l’Adriano Olivetti americano), poco amato dai suoi colleghi e ritenuto pericoloso e contagioso per le sue idee interclassiste nel mondo della Confindustria. E quando morì non tutti piansero.
Bocciata invece per due soli voti nella stessa sessione la candidatura a sito Unesco per le colline venete del Prosecco di Conegliano e di Valdobbiadene, che sarà riesaminata nel 2019 con la sessione in programma a Baku in Azeirbajgian. Nella sessione di quest’anno sono stati accolti altri 15 nuovi siti, tra cui la rete di canali di Amsterdam realizzata tra fine XVI° ed inizio XVII° sec., la città imperiale di Thang Long-Hanoi in Vietnam, i monumenti storici di Dengfeng (Cina), la zona archeologica di Sarazm in Tagikistan, la città episcopale francese di Albi, i bazaar storici di Tabriz (Iran) e di At-Turaif e di Ad-Dir Iyah in Arabia Saudita. Ad oggi i siti Unesco salgono pertanto ad un totale di 1.088, disseminati in 167 paesi: a guidare la classifica sempre l’Italia con 54 unità, tallonata dalla Cina con 53, con la piccola differenza che la Cina vanta una superficie 31 volte più grande dell’Italia.
Dal punto di vista del turismo, l’inserimento di una località nella lista Unesco comporta una serie incredibile di benefici, diretti e di indotto. Si calcola che nei primi anni dopo il riconoscimento il numero dei visitatori aumenti da un minimo di 12 ad un massimo del 50 %, ovviamente con notevoli differenze da caso a caso. Poi, sostanzialmente, possono succedere tre diverse situazioni: il bene, inserito nel frattempo nei circuiti turistici internazionali, continua a produrre visitatori in numero crescente; oppure i turisti si stabilizzano in un trend consolidato accettabile, o infine non si riesce a sfruttare compiutamente l’occasione, e le entrate turistiche cominciano a scendere. Da tutto ciò discende l’impegno dei singoli stati ad avere un numero sempre crescente di siti Unesco.
Info: ivreacittaindustriale.it –
ByTerreIncognite – Foto/Ivrea Città Industriale – Foto di apertura Gianluca Giordano