“Dodici uomini armati, capitanati da un Sergènt , per scortare la Corona Ferrea”. Sono gli Alabardieri del Duomo di Monza, l’unica guardia autorizzata a stare in chiesa in armi, oltre ovviamente alle Guardie svizzere del Papa. Un privilegio acquisito dal Duomo nei secoli grazie a Teodolinda, la regina dei Longobardi e soprattutto alla Corona Ferrea, il prezioso diadema forgiato secondo una pia tradizione attorno ad un chiodo della Crocifissione, custodito nella cappella dedicata alla sovrana amica di Gregorio Magno, la principessa nata in Baviera capace di convertire il suo popolo al cattolicesimo. Vederli in servizio è un privilegio, perché partecipano a pochi eventi l’anno, tutti legati alla liturgia del Duomo monzese. E la loro storia appare avvolta nel mistero.
Il primo documento ufficiale risale a Maria Teresa d’Austria, nel Settecento, ma è molto probabile che le loro radici risalgano appunto a Teodolinda e alla difesa della Corona, diventata simbolo del Sacro romano impero. Con le Guardie svizzere, incontrate per la prima volta nella storia lo scorso anno, durante un servizio insieme nel corso di un’udienza del Papa, hanno in comune i colori: il rosso del pennacchio, oltre al blu e all’oro delle uniformi. La loro divisa risulta composta dalla giacca a tre quarti, con panciotto e pantaloni al ginocchio in panno blu con decorazioni in filo d’oro, camicia bianca con jabot e volanti ai polsi, guanti bianchi, calze turchine, scarpe nere con fibbia in argento, cinturone per la spada in tessuto di broccato con fibbia che riproduce la Corona Ferrea, feluca nera con bordi e coccarda in oro e piuma rossa, bianca per il capo.
Oggi il corpo si presenta composto da una ventina di uomini. I loro requisiti sono la fede cattolica, un’età compresa fra i 20 ed i 40 anni, un’altezza minima di 1 metro e 70 e la residenza in Lombardia da almeno tre anni. Gli arruolamenti si fanno vagliando le domande in ordine cronologico, dopo un colloquio con l’arciprete ed i canonici del Duomo: il loro è soprattutto un addestramento spirituale. Lo scorso 23 giugno, alla vigilia della festa del patrono di Monza, San Giovanni, cinque nuovi alabardieri hanno partecipato alla “cerimonia di immissione”, con il suggestivo giuramento davanti all’arciprete.
Come gli altri, dovranno garantire il servizio in una serie di occasioni. La prima per vederli sarà il 16 settembre 2018, quando parteciperanno alla processione del Santo Chiodo, in partenza da San Pietro Martire, radicata proprio alle origini del culto della Corona Ferrea. Il 7 ottobre gli Alabardieri parteciperanno poi alla cerimonia in memoria del Beato Luigi Talamoni, patrono della Provincia di Monza e Brianza. Altre possibilità di vederli con la spada e l’alabarda nella notte di Natale, all’Epifania, e via via seguendo il calendario liturgico alla domenica delle Palme, a Pasqua, al Corpus domini e a San Giovanni.
A loro è stata dedicata quest’anno anche una pubblicazione (“Gli Alabardieri del Duomo di Monza, 300 anni al servizio della Corona Ferrea”, edito dalla Fondazione Museo e Tesoro del Duomo di Monza), che si propone di affrontare l’enigma della loro nascita: da chi e soprattutto quando siano stati istituiti, con quale funzione e perché. L’ultimo studio propone una ricostruzione della storia del corpo degli Alabardieri in concomitanza con la restituzione al culto della Corona Ferrea (1717), e con la prima solenne processione del Santo Chiodo (1718). Nell’occasione il Governatore dello Stato di Milano inviò infatti le proprie guardie personali, degli alabardieri, per proteggere la reliquia dalla folla festante.
Nati da questo modello, gli Alabardieri di Monza, a differenza di quelli milanesi soppressi già nel Settecento, sono arrivati fino ad oggi accompagnando le alterne vicende della corona, che da venerata reliquia fu trasformata da Napoleone in simbolo del potere e utilizzata come vessillo della loro autorità dai tanti governanti che passarono da Monza e dalla sua Villa Reale, dagli austriaci, ai francesi, fino ai Savoia. Il recupero di questa tradizione oggi è diventato un vanto per Monza, orgogliosa così come quei dodici uomini e il loro capitano che con fierezza impugnano ancora l’alabarda.
Info: info@museoduomomonza.it
Testo/Monica Guzzi – Foto/Google immagini