Ci siamo già occupati (Sabbie mobili, ladri di spiagge, 16 giugno 2017, reperibile in archivio) dei problemi di asportazioni massicce di sabbia e ghiaia da fiumi e mari a scopo edilizio e/o industriale, un consumo a livello mondiale tanto elevato da porre non pochi interrogativi sui danni provocati all’ambiente, in quanto il consumo di sabbia risulta nel mondo secondo soltanto a quello dell’acqua e addirittura superiore a quello di gas e di combustibili fossili, per i quali ci preoccupiamo tanto. Oggi vorremmo affrontare invece un altro aspetto della questione, all’apparenza meno disastroso ma pur sempre dannoso per l’ambiente, quello della cattiva abitudine di portare a casa come souvenir di una vacanza balneare una bottiglia di sabbia, conchiglie, sassi, rocce e piante, il tutto anche legato a notizie di attualità provenienti dalla Sardegna.
Chi non è andato in giro per deserti, portandosi poi a casa come ricordo una bottiglia di plastica piena di sabbia ? Un po’ quello che succede in montagna con stelle alpine, minerali e cristalli, con la non trascurabile differenza che di sabbia nei deserti ce n’è a non finire (almeno per il momento), di stelle alpine no. E infinite non sono neppure le nostre spiagge, formatesi grazie ad un’erosione durata tempi geologici (cioè decine e centinaia di migliaia di anni, se non anche milioni): orbene, se ognuno di tutti i turisti che si sono alternati nel tempo su quelle coste, si fosse portato via una bottiglietta souvenir, quelle spiagge non esisterebbero più da un pezzo. Un problema quindi mica da poco, tanto da indurre un’associazione protezionistica come il WWF a lanciare un’apposita campagna di sensibilizzazione, con il titolo de “l’Ultima Spiaggia”. Dal punto di vista economico ed occupazionale, provate ad immaginare la penisola priva di spiagge balneabili: saremmo alla fame (o quasi).
La situazione, grave per tutti in prospettiva se non si interviene in fretta al riguardo, per qualcuno risulta ancora più nera. Prendiamo il caso della Sardegna, ancora peggio che altrove per due motivi: prima perché vive di turismo in maniera maggiore rispetto ad altre regioni, e poi in quanto, per la sua estrema varietà geologica, presenta spiagge con peculiarità altrove inesistenti. Chi non conosce, almeno per sentito dire, l’incantevole spiaggia rosa di Budelli, formata da sabbia di granito rosa creatasi in milioni d’anni di erosione ? Ebbene, basterebbero poche decine di migliaia di prelievi all’anno per farla scomparire del tutto, come stava in effetti accadendo. E il discorso vale per tanti altri gioielli della natura. E nell’isola ogni estate transitano qualcosa come due milioni di turisti.
Ad intervenire lo scorso anno è stata la Regione Sardegna con la legge 16/2017, dedicata al turismo, la quale vieta – definendolo reato – l’asportazione anche di minime quantità di sabbia, rocce, minerali, conchiglie, animali e piante autoctone, prevedendo accurati controlli – oltre che sul territorio – anche ai punti di imbarco passeggeri navali ed aerei, nonché apposite sanzioni amministrative piuttosto salate. E con l’arrivo della nuova stagione balneare giungono dall’isola notizie confermanti l’intenzione di una rigida applicazione di tale normativa. L’ultima, di inizio agosto, riguarda la confisca ad un turista inglese di 40 anni (per la precisione originario di Napoli) di una bottiglia di sabbia da parte dei Carabinieri di Siniscola, punita con una multa di oltre mille euro. In precedenza in una settimana sono state elevate ben 11 contravvenzioni per la stessa ragione, mentre nel 2017 (la legge è di luglio) nel solo aeroporto di Alghero erano state sequestrati oltre due quintali di sabbie derubate. Con precisione teutonica, quest’anno l’ambasciata tedesca ha provveduto ad informare i turisti provenienti dalla Germania dell’esistenza di questa legge, e delle sue possibili spiacevoli conseguenze in caso di violazione. Speriamo serva a qualcosa.
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