Una semplice scritta a carboncino tracciata duemila anni or sono da un muratore buontempone sull’intonaco di un’abitazione in corso di ristrutturazione, rinvenuta nei giorni scorsi durante gli scavi in corso a Pompei, può costringere gli studiosi a dover modificare i libri di storia e le guide della città sepolta. Fino a ieri infatti tutti riportavano come data della tragica eruzione del Vesuvio quella del 24 agosto del 79 d.C., data ricavata da due lunghe lettere scritte trent’anni dopo dal naturalista Plinio il Giovane, testimone degli avvenimenti, allo storico Tacito, nelle quali descrive dettagliatamente i tre giorni dell’esplosione del vulcano che portò alla totale distruzione di Pompei, Ercolano, Stabiae ed Oplontis, nonché alla morte di suo zio, il grande naturalista Plinio il Vecchio, allora comandante della flotta romana di stanza a Miseno, il quale perse la vita soffocato dai fumi venefici dopo aver messo in mare le navi nel vano tentativo di salvare gli abitanti della costa. Il testo di Plinio recita testualmente: “nonum Kalendas september”, vale a dire secondo il calendario romano “nove giorni prima delle Calende di settembre”, cioè il 24 agosto.
Nessuno tra gli storici aveva il coraggio di mettere in dubbio una fonte tanto autorevole, ma ultimamente una serie di indizi portava gli archeologi impegnati negli scavi e negli studi dei reperti affiorati a collocare la data di quell’avvenimento non in piena estate, bensì un po’ più avanti nel tempo, in autunno. A dirlo erano i frequenti resti di melograno e di bacche che non maturano in estate, ma in autunno, così come la presenza di recipienti ripieni di mosto, nonché di bracieri in attività per riscaldare, tutti indici di un clima non estivo ma autunnale. D’altronde quello a noi pervenuto non è, ovviamente, il testo originale di Plinio, bensì copie riprodotte in epoca medievale da amanuensi all’ombra di abbazie e conventi, e con il cambio di calendario tra le due epoche un errore di calcolo o di trascrizione ci può pure stare.
Ora la scoperta di una banale frase latina tracciata sulla parete di una residenza in corso di scavo nella Regio V pompeiana, sembrerebbe togliere ogni dubbio. La scritta recita esattamente: “XVI (ante) K (alendas) Nov (embres) in ulsit pro masu esarit” e cioè “il 17 ottobre lui indulse al cibo in modo smodato”. Quindi se il 17 ottobre dei muratori, a cui si deve l’iscrizione, erano intenti a ristrutturare un’abitazione, vuol dire che l’eruzione non era ancora avvenuta, in quanto sarebbe appunto occorsa una settimana dopo, vale a dire il 24 ottobre. Occorre infatti tener presente che la scrittura a carboncino, estremamente fragile ed evanescente per sua natura, non possiede la proprietà della durata a lungo; soltanto un evento eccezionale, e non certo auspicabile, come l’eruzione di un vulcano le ha assicurato l’eternità, consentendo a noi di conoscere la data esatta dell’avvenimento. Per pura curiosità segnaliamo che a Pompei sono state scoperte altre scritte a carboncino, purtroppo scomparse entro due mesi dal ritrovamento, a riprova di una abitudine evidentemente allora diffusa.
Gli scavi in corso nella Regio V, oltre alla scritta a carboncino, stanno portando a scoperte di notevole pregio o valore, come nel caso della Casa con Giardino, situata dietro la Via di Nola, con portico sontuosamente affrescato e gli altri ambienti decorati con vivaci megalografie, oppure la Casa di Giove, anch’essa con ricche decorazioni pittoriche e mosaici pavimentali con raffigurazioni senza precedenti. Insomma Pompei offre sempre una buona ragione per visitarla, sapendo di vedere cose nuove. E da scavare restano ancora ben 22 ettari di città completamente vergini: chissà quali meraviglie potranno svelare.
Info: www.pompeiisites.org – pa.pompei@beniculturali.it – pompei.info@beniculturali.it . Tel. 081 85 75 347
Testo/Giulio Badini – Foto/Google Immagini