Ivrea, cittadina industriale ad elevata tecnologia in provincia di Torino, ospita uno dei Carnevali più antichi ed originali d’Italia, essendo nato nell’ormai lontano 1808, quindi ancor prima di quelli altrettanto celebri di Venezia e di Viareggio. Inoltre, volendo essere pignoli, non si tratta neppure di un Carnevale in senso tradizionale, bensì della rievocazione di un avvenimento storico – o parastorico – successivamente assimilato alle celebrazioni carnevalesche, con le quali ha però in comune soltanto il nome e le date. Ed oltre ad essere la manifestazione nel suo genere più lunga, in quanto inizia fin dalla Epifania, si tratta anche di quella più coinvolgente, dove il pubblico – di sicuro i residenti, ma pure i turisti venuti da fuori – finisce per essere partecipe e non spettatore, coinvolto nella travolgente Battaglia delle Arance, clou e momento conclusivo degli avvenimenti.
Tutto parte da una lontana vicenda, probabilmente romanzata, ma che affonda le sue radici nella storia locale. Sicuramente non doveva essere facile la vita ad Ivrea e nel Canavese nel XV e XVI sec., epoca dominata da una serie di tiranni – dall’imperatore Federico II al marchese di Monferrato ed ai Savoia, senza escludere francesi e spagnoli, ognuno dei quali angustiò la popolazione con i propri soprusi ed i propri sgherri, fino a provocare una sanguinosa rivolta contadina che lasciò un segno indelebile. In questo contesto storico si inserisce la vicenda personale di Violetta – regina icona incontrastata del Carnevale eporediese – giovane ed avvenente figlia di un mugnaio ed innamorata di un popolano, la quale finì per provocare una rivolta dell’intera città pur di sottrarsi al diritto dello ius primae noctis preteso dal signorotto di turno, il quale fu costretto a fuggire sanguinante assieme ai suoi bravi dalla furia vendicatrice.
Ed è la storia che, in modo più o meno incruento, racconta il Carnevale d’Ivrea, sintetizzata nella battaglia finale delle arance, dove la popolazione infuriata lancia tonnellate di arance contro i soldati del tiranno, i quali ricambiano i lanci di agrumi stando sopra ai carri tirati da cavalli, con cui cercano di proteggersi e di fuggire. In mezzo il pubblico degli spettatori a parteggiare per l’una o per l’altra parte, con il rischio di essere coinvolti nell’esasperata eccitazione della piazza. Ma se si vuole restare neutrali basta calzare un berretto frigio rosso, il simbolo dei sanculotti rivoluzionari parigini, a testimonianza delle influenze e delle simpatie con cui fu accolto in città Napoleone e le sue truppe, nel breve periodo di dominanza napoleonica (1800-1815), periodo al quale risale la nascita del Carnevale cittadino, dove alle lontane vicende storiche si mischiano gli ideali di libertà, fraternità ed uguaglianza tipici dell’epopea napoleonica e rinascimentale.
Ad Ivrea per il Carnevale non vi è nulla di improvvisato o di lasciato al caso, in quanto ogni cerimoniale, ogni abito, ogni particolare risponde a precisi protocolli, il tutto gestito dai rioni cittadini e da un’apposita Fondazione, impegnati tutto l’anno. Come già detto, si tratta di una delle manifestazioni carnevalesche più lunghe in assoluto, in quanto inizia fin dalla Epifania, con la sfilata dei pifferi e dei tamburini in costume e l’investitura ufficiale del Generale, responsabile del tutto, in divisa napoleonica con giubba e pantaloni blu e rossi, stivali di cuoio, spada e feluca. Poi si salta alle domeniche 17 e 28 febbraio 2019, con le grandi abbuffate di fagioli in piazza (il piatto dei poveri), la sfilata dei sontuoso Corteo Storico, la presentazione dei carri da getto e l’alzata degli Abbà (giovani scapestrati che assumono per scherzo la carica di comandanti della milizia del libero comune), quindi a giovedì 28 febbraio per la calzata del Berretto Frigio, simbolo di neutralità tra le fazioni in competizione, ed infine al clou carnascialesco: sabato 2 marzo presentazione della Vezzosa Mugnaia, la più bella del reame, corteo storico e sfilata degli arancieri a piedi; domenica 3 marzo fagiolata per tutti, cerimonia della Preda in Dora (lancio dal Ponte Vecchio nella Dora di un mattone del distrutto Castellazzo, l’antica dimora del tiranno), corteo storico e prima giornata di Battaglia delle Arance; lunedì 4 marzo corteo storico, seconda giornata di Battaglie delle Arance e Zuppate degli Scarli (falò rituale per bruciare pali ricoperti da erica e ginepro); martedì 5 marzo terza giornata della Battaglia delle Arance, corteo storico conclusivo, premiazione dei migliori carri da getto e delle migliori squadre di lanciatori a piedi. Conclusione mercoledì 6 marzo, giorno delle Ceneri ed inizio della penitenza, con polenta e merluzzo in piazza per tutti. A questo punto ci si può domandare cosa centrino le arance, elemento clou di tutta la manifestazione, frutto tipico di climi caldi in un territorio freddo ai piedi delle Alpi. Io non sono riuscito a trovare una risposta esauriente, se non che si tratta di agrumi non commestibili provenienti da Nizza, a riprova degli antiche legami tra Piemonte e Costa Azzurra, e che ad Ivrea se ne usano quantità industriali. Forse l’interpretazione giusta può venire dal simbolismo: le arance decorative costituiscono un proiettile relativamente indolore, a buon mercato, il cui sugo rosso – simile al sangue – testimonia il ferimento dell’avversario e la lotta sanguinosa senza esclusione di colpi. Provare per credere, magari ad Ivrea durante il Carnevale.
Ivrea, 23 mila abitanti, considerato il capoluogo del comprensorio agricolo del Canavese, giace in un anfiteatro di colline moreniche di origine glaciale attraversato dalla Dora Baltea. Nello scorso anno è stato inserito dall’Unesco tra i siti patrimonio dell’Umanità, per la presenza di numerosi edifici industriali della ex Olivetti, risalenti al secolo scorso. In città da vedere c’è parecchio, in particolare diverse piazze monumentali e chiese, poi il Ponte Vecchio romano del III sec. sulla Dora, di accesso al pregevole quartiere medievale del Borghetto, la torre dell’ex abbazia benedettina di Santo Stefano, XI sec., capolavoro di architettura romanica-canovesana, l’anfiteatro romano del i sec. capace di oltre 10 mila spettatori, il Museo Tecnologic@mente contenente le macchine da scrivere e da calcolo Olivetti, veri gioielli di meccanica ed elettronica, anticipatori dei moderni computer. Come specialità gastronomiche segnaliamo la polenta alla fecola, i fagioli, i fasenj grass, stufato di fagioli con cotenna di maiale e salamelle speziate, quindi la torta 900 ed i biscotti eporediensi.
Info: Fondazione dello Storico Carnevale di Ivrea: https://www.storicocarnevaleivrea.it –
info@storicocarnevaleivrea.it, tel. 0125 41 01,
Ufficio del Turismo ad Ivrea:www.turismotorino.org/ivrea-ufficio-del-turismo,
info.ivrea@turismotorino.org,tel. 0125 61 813 e 61 81 31 –
Testo/Giulio Badini – foto/Google Immagini