Con, sullo sfondo, le Alpi Glaronesi e, molto più vicino, il lago di Zurigo, nel serafico quartiere collinare di Enge si estende il Rieterpark, il più grande parco (69mila mq) di Zurigo, ricco tra l’altro di alcuni faggi di 150 anni, nonché di un esotico ginkgo biloba e un raro Albero dei fazzoletti cinese. Sorto nel 1855, il parco e i suoi edifici storici allogati – villa Rieter-Park, gli edifici battezzati Remise e Dépôt, villa Schönberg dove, a fine Ottocento, visse Richard Wagner, componendovi il Tristano e Isotta, ispirato da Mathilde Wesendonck, patronne dell’omonima villa, dove si riuniva la crème della società dell’epoca – cominciarono in parte a tramutarsi in museo nel 1952, quando il barone Eduard von der Heydt (Wuppertal, 1882 – Ascona, 1964), banchiere e collezionista d’arte, ha donato alla città di Zurigo la sua straordinaria collezione etnica, iniziata a 26 anni, dopo avere letto gli scritti sul pensiero buddista di Schopenhauer.
D’altronde la municipalità zurighese, pur avendo acquisito, in diverse epoche e dai diversi proprietari, il parco e gli edifici, non vi aveva ancora assegnato una destinazione d’uso. Di conseguenza, la neoclassica villa Wesendonck è diventata il primo edificio del museo Rietberg (www.rietberg.ch), che celebra l’arte extra-europea, con una superba collezione permanente. L’istituzione museale risulta la più prestigiosa tra quelle di Zurigo e l’unica su territorio elvetico focalizzata sulle culture extra-europee, una sorta di versione svizzera del Musée Guimet o del Musée du quai Branly di Parigi: entrandoci, si viene accolti da Shiva e, proseguendo, si viene di volta in volta sedotti da divinità indiane o azteche, africane o cinesi, da Buddha giapponesi o tibetani (e, fino al 31 marzo, ce n’è uno monumentale, di 2.000 anni, lasciato uscire dal Pakistan per la prima volta, grazie al nuovo governo di Imran Khan). Insomma, visitare il museo Rietberg significa anche intraprendere un sontuoso viaggio culturale intorno al mondo, risvegliando curiosità e interessi sopiti verso culture, filosofie e culti religiosi profondamente differenti uno dall’altro.
D’altronde, come diceva l’ispiratore del museo, Eduard von der Heydt (in seguito fondatore del leggendario Monte Verità di Ascona), “ars una est”, vale a dire “non esiste che una sola arte”, in quanto l’arte ha la capacità di avocare a sé tutte le culture. Inoltre, l’edificio chiamato Remise è diventato, dal 1978, un’estensione museale, dove vengono ospitati uno spazio per workshop e lectures (per bambini e adulti) legati alle varie mostre temporanee, gli atelier di restauro del museo, lo studio editoriale per i cataloghi delle mostre, e persino una sala per la cerimonia giapponese del té. Infine, dal 2007, il nucleo museale immerso nel parco – che, d’estate, ospita concerti di musica classica, cinema all’aperto e pure sedute di meditazione – si è ulteriormente ampliato, arricchendosi di una contemporanea e spettacolare ala espositiva, lo Smaragd (letteralmente: Smeraldo), un cubo fuori terra in cristallo verde intenso – che si snoda poi, sotterraneo, per 2.600 metri quadrati su due livelli – firmato dagli architetti Alfred Grazioli (Berlino) e Adolf Krischanitz (Vienna), i quali insieme hanno vinto il concorso internazionale appositamente bandito dalla città di Zurigo.
Infine, installata nell’ottocentesca ex–orangerie, c’è anche da segnalare una caffetteria, che propone piatti freddi e caldi (anche esotici, ispirati alle mostre temporanee) e, durante la bella stagione, cestini da pic-nic da allestirsi nel parco; 700 metri oltre il museo, in Katharinenweg, c’è poi Parques Rietberg, guesthouse di design con cucina comunitaria (stanze dai 70 ai 110 euro a notte), immersa nel verde e progettata nel 2016 dai giovani architetti Drexler, Guinand & Jauslin. Il Museo Rietberg, oltre che per la sua prestigiosa collezione permanente, viene internazionalmente celebrato per le sue mostre temporanee, va da sé tutte incentrate sulle culture dei più esotici Paesi orientali e medio-orientali. Attualmente, ad esempio, sono in essere le mostre Prossima fermata Nirvana – Approcci al Buddhismo (fino al 31 marzo), esposizione che abbraccia 2.500 anni di arte e cultura buddista, grazie a un centinaio di pregiati pezzi – tra sculture, pitture, oggetti, scritti – provenienti da Cina, India, Giappone, Myanmar, Pakistan, che raccontano gli esordi del buddismo in India e la sua proliferazione in Asia. E Molto colorati. L’eleganza tessile a Teheran intorno al 1900 (fino al 14 aprile), incentrata sulla collezione di tessuti, tappeti e capi d’abbigliamento di Emil Alpiger, mercante svizzero originario di San Gallo il quale, dopo avere lavorato per vent’anni in Persia, rientra a Zurigo nel 1896, trovando tra i suoi numerosi colli, anche un baule ligneo colmo di tessuti e capi d’abbigliamento persiani. E, un secolo più tardi, i preziosi manufatti si ritrovano protagonisti di una mostra al Rietberg.
Testimoni di un’epoca caratterizzata dagli scambi commerciali, queste creazioni tessili rappresentano ben più che un ‘saggio’ sui colori o i gusti di una cultura ‘altra’: sono infatti frutto di uno scambio culturale reciproco, una produzione d’arte ibrida tra Est e Ovest. Infatti i tessitori e le ricamatrici iraniani avevano preso ad ispirazione la moda europea, adottando anche motivi decorativi occidentali. L’esposizione evidenzia così la potenza dello scambio creativo bi-laterale e, grazie alle sue coloratissime opere d’arte tessile, trasporta il visitatore nella favolosa Persia del XIX secolo, epoca che abbiamo conosciuto solo attraverso fotografie in bianco e nero. Commissario della mostra è Axel Langer, il curatore delle Arti islamiche del Medio-Oriente presso Museum Rietberg, precedentemente già autore del volume The Fascination of Persia: The Persian-European Dialogue in Seventeenth-Century Art and Contemporary Art of Teheran (La fascinazione della Persia: il dialogo persiano-europeo nell’arte del XVII secolo e nell’arte contemporanea a Teheran).
Infatti nei primi anni del XVII secolo, la Persia ha rappresentato una destinazione alquanto desiderabile per viaggiatori e mercanti che, approdando nella magnifica capitale Isfahan, si portavano appresso diversificati lavori artistici europei, ma ripartendo poi con i tappeti artigianali e le migliori sete persiane. Questo scambio tra merci di lusso ha impresso una sorta di ‘marchio’ sulla produzione artistica d’entrambi i Paesi per tutto il XVII secolo e i primi anni del XVIII, ed è peraltro la testimonianza di una lunga amicizia, in anni recenti è stata ‘oscurata’ a causa della situazione politica dell’Iran. Il volume The Fascination of Persia documenta questi antichi e fruttiferi scambi artistici, in modo da offrire un nuovo sguardo sulle due tradizioni a confronto. E tutt’oggi Teheran rimane una sede vivace e vibrante per l’arte contemporanea, e il libro mette anche in risalto lavori – finora inediti – di sette artisti contemporanei iraniani al fine di dimostrare che, malgrado la contingenza difficile, il dialogo con l’arte, contemporanea e globale, continua.
Infine dal 17 maggio al 22 settembre prossimi, il grande direttore Albert Lutz darà l’addio al Museo Rietberg, che ha diretto per decenni, con la curatela della grandiosa mostra Mirrors – The Reflected Self (Specchi – Il sé riflesso), costituita da circa 200 capolavori internazionali d’arte, provenienti da musei e collezioni di tutto il mondo, nonché fotografie e scene da film. La mostra presenta, per la prima volta, una storia globale dello specchio, che interessa gli ultimi ottocento anni del mondo: immagini di specchi rapportate a consapevolezza, vanità, bellezza, misticismo e magia, protezione e difesa, e da ciò che oggi viene considerato lo ‘specchio’ più alla moda, il selfie.
Info: Museum Rietberg, Gablerstrasse 15, 8002 Zürich – tel: +41 44 415 31 31
museum.rietberg@zuerich.ch – www.rietberg.ch – Aperture: da martedì a domenica 10 – 17;
mercoledì 10 – 20; chiuso il lunedì.
Testo/Olivia Cremascoli – Foto/Museum Rietberg.