Lame di luce, fendenti di spada vibrati da mani misteriose, feriscono la liquida foschia mattutina violando la penombra del bosco, e tra le foglie umide disegnano irreali geometrie luminose. Come grandi uccelli, macchie di cielo azzurro intenso si appoggiano sulle cime degli alberi ed il sole settembrino, esplodendo in infinite schegge luccicanti sui cristalli di brina, arabesca di riflessi dorati faggi e abeti. Promessa di una giornata che soltanto l’autunno in montagna sa regalare. Improvvisi nei solchi di luce, veloci lampi d’ argento tradiscono il volo di mille piccole ali. L’eterno rincorrersi degli insetti crea l’armonia musicale del bosco. Un sottile, ritmato respiro. Rumori di vita nell’apparente silenzio della montagna. Gli schiocchi del legno che si asciuga dall’umidità della notte rimbalzano nell’aria come fucilate. Distraggono i miei pensieri mentre salgo le ampie curve del sentiero che rimonta fra gli alberi la cresta. Sull’orizzonte la luce violenta del giorno, riflessa dai prati ingialliti, sembra un muro. Insuperabile. Confine luminoso tra la realtà ed il sogno.
Il bosco
Nelle mie fantasie di bambino il bosco era l’Avventura, l’ignoto. Mi tuffavo nel mistero della foresta che abbracciava per tre quarti la casa dalle imposte rosse, sul limite di una grande radura scoscesa. Sui prati che si perdevano nella valle macchie scure di alberi, come impronte dei passi di un gigante, la isolavano dalle altre case sparse nel verde.
Il bosco era il palcoscenico della Mia realtà, conferma di storie già vissute nel sogno. Tra gli alberi si celava il passaggio verso un mondo da inventare; la luce del giorno separava la realtà degli uomini, delle case e dei prati, dall’universo di ombre che si animavano fra i chiaroscuri dei rami. Nell’atmosfera opalina del bosco si materializzavano i personaggi della fantasia, ed io ero il protagonista, reale, di avventure immaginate. Nel mondo della luce e degli uomini respiravo, parlavo, mangiavo, dormivo. Nel bosco vivevo le Mie storie.
Poi, cresciuto, nella foresta avevo cercato esorcismi alle mie paure. Sempre più lontano dalle sagome rassicuranti delle case sui prati. Ho imparato a godere l’orgasmo di superare un limite. Quando la paura si confonde nell’emozione della scoperta, e la curiosità, più forte della voglia di fuggire, paralizza il respiro. Trasformato in un eroe da fumetti a caccia di immaginari nemici, astuti e pericolosi, esploravo tra le piante universi oscuri e sconosciuti. Vivevo l’Avventura. Poi quegli stessi luoghi, diventati familiari, erano un rifugio sicuro, nuovo nascondiglio per nuove fantasie…diventavano miei. Ed il nuovo limite era una grotta, difesa da fantastici mostri, o un angolo di bosco più lontano. Da scoprire. Scolpita nella memoria l’emozione della prima notte vissuta nel bosco. Il tramonto, ritmato dai colpi lontani di un picchio, aveva sciolto i contorni del mondo in un’unica, impenetrabile macchia scura. Raggomitolato come un animale nel vecchio sacco a pelo militare, avevo inutilmente sperato che la luce incerta del crepuscolo rimanesse a proteggermi dalle mie paure. L’improvviso, assoluto silenzio del buio mi terrorizzava. Per un istante solo il rumore sommesso del mio respiro aveva riempito l’aria, poi mille voci avevano parlato. Mi ero costretto ad ascoltare.
Distinguevo i linguaggi diversi della notte, del vento, degli alberi, delle creature della montagna. Mi sforzavo di dare identità ai rumori che mi spaventavano. E le paure si erano dissolte nel buio. Mi sentivo parte di un mondo che amavo e desideravo possedere. O esserne posseduto. Il fischio malinconico di una civetta mi aveva tenuto compagnia fin quando il sonno aveva rubato i miei pensieri. Avevo dodici anni. Quante altre notti ho rincorso le mie fantasie tra i boschi, o aggrappato alla schiena delle montagne?
Tra ombra e luce
Un filo sottile d’argento bagnato si insinua tra i sassi. Gocce d’acqua rimbalzano veloci sulle pietre lucide, perdendosi nel morbido tappeto di muschio ed aghi di pino dove affondano i miei passi. Senza rumore. Come festoni e stelle filanti gettate in terra dopo una festa paesana, rami spezzati ingombrano il terreno. Respiro il profumo intenso e dolciastro di funghi e foglie bagnate, che gli inverni trasformano in terra nera. Grassa.
Tra i rami canti confusi di uccelli costruiscono storie che posso solo ascoltare, senza capire. Lasciare l’ombra del bosco ed affrontare la sfida del sole, ormai padrone del cielo, rappresenta una fatica per gli occhi che diventano fessure. Vincendo i profili contorti delle montagne, la luce del giorno diventa adulta dietro le mie spalle e disegna sull’erba la sagoma imprecisa di un uomo. Le delicate tinte pastello degli ultimi fiori sembrano gemme preziose sparse sulla sabbia. Nell’aria fresca, frizzante di odori autunnali, annuso l’estate che muore. Tappeti d’erba irsuta, rattrappita dai primi freddi notturni, fanno sfondo alla tela di un pittore distratto.
I rossi screziati dei faggi incendiano il bosco, lottando, sui fianchi delle montagne, col verde cupo e profondo degli abeti. Pennellate d’oro di larici isolati inondano di luce il quadro astratto della natura che si vendica, esplodendo in mille sfumature di colore, dell’ormai prossimo letargo invernale. Come funghi enormi, antiche querce crescono sui prati; quasi estranee al paesaggio montano, sembrano vecchi eremiti che il tempo ha segnato di rughe. Mi sorprendo a riconoscere, con sguardi stupiti, immagini perse nella memoria. L’ultimo intrico di alberi, dominato dalla straordinaria, gigantesca figura di un faggio millenario, opera unica di una natura in vena di stranezze, e poi, come per i colpi di un’ascia misteriosa, la valle si squarcia sul mondo e l’orizzonte, prima vicino, si perde nell’infinito.
Una terrazza nel verde
Incorniciato di montagne, nel suo punto più elevato l’altipiano si affaccia come un immenso balcone sulla Valsugana. Nel fondovalle, ancora prigioniero dell’ombra, i laghi di Caldonazzo e Levico, come diamanti tagliati da mani esperte, riflettono i colori del sole, e sullo sfondo, simili a dita nodose, le guglie e i campanili del gruppo di Brenta graffiano il cielo. Da bambino, nelle sere d’estate, arrivavo fino alla malga, col secchiello nello zaino di stoffa verde, per comprare il latte appena munto. E spesso correvo fino alla Montagnola a spiare il sole che annegava in mille riflessi di fucsia e viola dietro le cime del Brenta.
Ero certo fosse il luogo più bello della Terra.
Un gioiello di Natura
Negli ultimi vent’anni, la piccola e sconosciuta Val di Sella, stretta incisione tra i massicci calcarei della Valsugana, a trenta chilometri da Trento, è diventata uno degli epicentri mondiali della “Land Art”, corrente creativa che, intervenendo con installazioni ecocompatibili direttamente nei territori naturali, si prefigge di creare opere ed installazioni artistiche, utilizzando materiali reperiti in loco (legno, sassi, etc) o comunque materiali biodegradabili che, nel tempo, vengano modellati e lavorati dagli agenti atmosferici – pioggia, neve, vento – per “ritornare alla terra” in tempi relativamente brevi.
ARTESELLA costituisce un esempio unico nel panorama artistico internazionale in quanto, a prescindere dalle grandi installazioni realizzate dai più importanti artisti internazionali, è il suo stesso territorio, curato e protetto, ad essere diventato “opera d’arte” ed esempio di positiva convivenza tra uomo ed ambiente. Oggi rappresenta, a livello universale, la rappresentazione del possibile dialogo tra creatività dell’uomo e mondo naturale.
La “tempesta perfetta”
E’ quella che, negli ultimi giorni di ottobre 2018, ha devastato le foreste del Trentino. Neppure la Val di Sella è scampata alla furia distruttrice del vento, e molti dei suoi magnifici boschi, considerati tra i più belli della regione, hanno subito enormi danni. Tuttavia la tenacia degli appassionati gestori del museo a cielo aperto hanno messo in campo uno sforzo ciclopico per riattivare, nel più breve tempo possibile, in percorso di ARTESELLA che, con l’inizio della primavera, ha riaperto le porte offrendo una incantevole full immersion in un mondo di Arte e Natura.
Info: Artesella The Contemporary Mountain, www.artesella.it – artesella@yahoo.it – Tel. 046 17 51 251 –
Testo/foto Michele Della Palma