L’attuale crisi di governo può fare saltare l’impegno assunto a suo tempo di risolvere una buona volta l’annoso problema delle immense navi da crociera che ogni giorno solcano le acque dei canali a Venezia, per mostrare a distratti turisti americani o giapponesi i capolavori d’arte racchiusi nella città costruita interamente nell’unica laguna italiana e dell’Adriatico. Uno dei pochi casi di impegno attivo del ministro dei trasporti Toninelli, il quale in realtà sembrava un moderno Don Chisciotte, incerto su quale mulino a vento colpire, con solo l’imbarazzo della scelta. Perché il problema di questi grattacieli galleggianti, assai più alti dei campanili, delle cupole e dei palazzi serenissimi tra i quali si insinuano per raggiungere le banchine portuali, toccano troppi interessi e le competenze di un numero infinito di autorità (governo, ministeri dei beni culturali, dei trasporti, del turismo e dell’ambiente, regione, comune, autorità portuale, magistrato delle acque e chissà quanti altri ancora), ognuna delle quali vuole dire la sua, in genere in netto contrasto con il parere altrui.
Lo capisce anche un bambino non particolarmente intelligente come una città unica ma fragile quale Venezia, già gravata da un flusso turistico eccessivo ed insopportabile (19 milioni di visitatori all’anno, con punte di 77 mila al giorno, contro appena 260 mila abitanti, quando l’università Cà Foscari ha calcolato un massimo ottimale di 52 mila al giorno), non possa sopportare un ulteriore passaggio di ben 1.500 meganavi all’anno (con una media di 4 al giorno), ognuna delle quali scarica in pieno centro una media di 2.500-4.000 turisti frettolosi, che si accalcano in canotte ed infradito numerosi come branchi di pecore per campi e campielli, fanno rumore giorno e notte, gettano rifiuti di ogni genere (qualche volta fanno pure pipi nei canali), offrendo un contributo economico irrisorio alla città in quanto non dormono, non mangiano e spesso neppure bevono (se non alle fontane), comprando al massimo una gondola di plastica made in China o un ciondolo di Burano. Ogni nave in entrata o in uscita genera un elevato inquinamento di vario tipo – sonoro, elettromagnetico ed atmosferico -, oltre a scaricare rifiuti ed una continua e pericolosa erosione dei fondali grazie allo spostamento di migliaia di tonnellate di acqua, i cui costi ambientali gravitano sulla comunità.
Venezia, unica città al mondo interamente sull’acqua e con tutte le abitazioni prive di cantine, è sorta a partire dal VI° secolo da popolazioni venete incalzate dalle invasioni barbariche dopo la caduta dell’impero romano, le quali cercavano scampo in un luogo desolato dove nessuno sarebbe mai andato a cercarli: la laguna veneta. Qui dovettero costruire le loro abitazioni su gli unici brandelli di suolo esistenti, isolotti di fango prodotti da detriti fluviali, rinforzati da una serie di pali per dare consistenza. Quindi, anche se può non sembrare, Venezia è una città totalmente palafitticola, non certo creata per sopportare il moto ondoso di queste moderne isole galleggianti, veri mostri del mare. Qualcuno ha calcolato che nel 2017 tutte le navi della Costa Crociere hanno rilasciato nell’atmosfera una quantità di ossido di zolfo venti volte superiore a quello di tutte le automobili – messe insieme ben 260 milioni di veicoli – circolanti quell’anno in Europa. Non deve quindi meravigliare se sotto il ponte di Rialto si accumulano più polveri sottili che non ai bordi di una qualsiasi autostrada italiana.
Si discute da tanto, troppo tempo, ognuno vanta una propria soluzione in contrasto con tutte le altre, ma non si arriva mai ad alcuna conclusione perché, in fondo, a parecchi va bene così. Le navi da crociera transitanti davanti a Palazzo Ducale ed a San Marco a qualcuno rendono: ai bar, ai negozi di souvenir, ai venditori ambulanti ed ai ladri, nonché al Comune di Venezia: 280 milioni di euro all’anno – altri calcoli dicono 365 – pari al 6 % dell’intero bilancio comunale; perché rinunciarvi ? Nel 2012 il governo Letta promulgò un decreto che vietava nel bacino di San Marco e nel canale della Giudecca il passaggio alle navi con stazza superiore alle 40 tonnellate; ovviamente le compagnie di navigazione hanno fatto ricorso al TAR – un organismo anacronistico, che per molte sue sentenze bislacche e contraddittorie, sarebbe meglio non esistesse – il quale ha dato loro ragione.
Forse, come al solito, per intervenire si attende l’incidente catastrofico – tipo ponte Morandi di Genova per intenderci ? Le avvisaglie ci sono già state di recente, basta saperle leggere. Nel giugno 2019 la Msc Opera ha urtato un battello passeggeri proprio nel canale della Giudecca, con alcune persone ferite e buttate a mare. Nel luglio scorso la Deliziosa di Costa Crociere ( un grattacielo galleggiate lungo 294 m, con 12 ponti, 1.130 cabine, un pescaggio di oltre 8 m, 3.760 persone a bordo ed una stazza di 92.720 tsi) ha sfiorato la tragedia, urtando durante una tempesta una banchina ed alcune imbarcazioni. Perché in Italia dobbiamo sempre assumere i necessari provvedimenti soltanto dopo, e mai prima?
Attenzione, perché di turismo – quello giusto, non invasivo – si può vivere, di overturismo invece si muore. Informatevi quanti problemi stanno vivendo nel mondo località divenute troppo famose, tipo Machu Piccu in Perù, Anghor Wat in Cambogia, il Taj Mahal in India, oppure altre meno rinomate, come Barcellona. Nel capoluogo catalano, anch’esso meta di navi da crociera, è addirittura sorto un movimento politico estremista, il quale imputa al turismo parecchi danni (scomparsa di appartamenti in affitto nel centro per i locali, enorme aumento delle pigioni, forte incremento nel costo della vita, eccessivo traffico ed affollamento, rumori giorni e notte, locali spesso esauriti, ecc.); per ora si sono limitati a mettere in mano ai visitatori delle ramble o della Sagrada Familia volantini di non benvenuto – e con l’invito a non ritornare più, né tanto meno a fare prosetilismo tra parenti ed amici – ma per il futuro non escludono atti terroristici. Vogliamo arrivare a questo?
Testo/Giulio Badini – Foto/Google Immagini