Luciano Fasolo, biker settantunenne di Rovolon, ha percorso la Padova – Vladivostok in solitaria in sella alla sua Moto Guzzi del 1983, sciroppandosi qualcosa come 14.000 km in 33 giorni, toccando lungo il percorso pure la Mongolia. Le popolazioni locali spesso gli hanno aperto le proprie case con grande generosità. Il motociclista ha già all’attivo la New York – San Francisco, Capo Nord ed il Sahara marocchino. Le spedizioni sostengono in beneficenza un progetto per Pediatria.
Chissà se si tratta più di coraggio oppure di incoscienza… La Transiberiana – sogno di ogni grande viaggiatore – percorsa in solitaria a 71 anni ed in sella ad una moto del 1983. Luciano Fasolo, inossidabile motociclista di Rovolon, ogni volta che parte alza l’asticella della sfida. Ora che la pensione gli permette di non avere più limiti temporali, apre l’Atlante a caso e va. Alle elementari tutti lo facevamo con la mente, lui invece non si accontenta di sognare: mette in moto la sua Guzzi SP 1000 e parte. La recente Padova – Vladivostok resterà una pagina memorabile per il modo con cui Fasolo l’ha realizzata, gettando il cuore oltre l’ostacolo e mettendo le ali ai sogni. Ha percorso ben 14.000 chilometri in 33 giorni, attraversando le pianure senza fine della Russia orientale, dove la foresta e la taiga la fanno da padrone e l’uomo diventa piccolo – piccolo, contando come punto di riferimento solo sulla strada. La quale per gran parte del suo monotono percorso costituisce un rettilineo infinito, spesso infido, capace di portare sempre e comunque verso qualche avamposto di presenza umana.
Quando va bene si tratta di una città, alla meno peggio di un’area di servizio, o di un motel sgangherato con bagno all’aperto. Bisogna fidarsi ciecamente della strada quando si oltrepassano gli Urali e si punta verso l’infinito… Bisogna avere buone mappe ed un cuore d’acciaio, perché ogni certezza da quelle parti diventa labile. Fasolo è partito con un bel pacchetto di visti, qualche soldo, molti ricambi per la sua gloriosa moto ed una dose esagerata di spirito intrepido. La sua tenuta psicologica è però stata messa a dura prova più volte, in particolare quando gli è stato rubato il telefono cellulare e di colpo si è trovato isolato dal mondo, privo di riferimenti e di tutto il materiale fotografico e video fin lì accumulato. Il biker euganeo non si è tuttavia perso d’animo: ha preso un altro telefono nella città più vicina e tramite la rete ha recuperato quasi tutto (foto, contatti e quant’altro), continuando quindi nella sua impresa. Il suo spirito intrepido gli ha anche aperto tante porte, comprese quelle di molte case, perché ovunque ha trovato un’accoglienza sorprendente da parte delle popolazioni locali. “Dove c’è più povertà – ha avuto modo di dire – c’è anche più cuore e più generosità. Un’accoglienza calorosa e sincera, che mi ha sostenuto molto moralmente”.
La spedizione – l’ennesima dopo la Coast to Coast negli Stati Uniti, l’avventura a Capo Nord ed il raid nel Sahara marocchino – rientra tra quelle in grado di stuzzicare l’immaginario collettivo, in quanto dopo Mosca ( già di per sé una meta impegnativa, da Fasolo peraltro già raggiunta nel 1992) tutti sono portati a pensare che solo il leggendario treno della Transiberiana, oppure i mitici camion di Overland possano permettersi di andare oltre. Invece l’impresa di Fasolo – nonché quelle di altri viaggiatori romantici come lui – hanno dimostrato che la voglia di andare non presenta limiti. Dopo Mosca Fasolo ha fatto tappa a Kazan, la città dei Tartari famosa per la Madonna di Kazan, la preziosa icona restituita da Papa Giovanni Paolo II alla Chiesa russa. Poi ad Ekaterinenburg, tristemente famosa per l’eccidio della famiglia degli Zar deciso da Lenin dopo la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, ad Omsk, a Novosibirsk. Città vecchie e nuove, capaci di ricordare la Russia imperiale, ed anche quella socialista. Quindi Irkutsk, la capitale siberiana, dopo aver attraversato una regione montuosa caratterizzata da strade martoriate dalle buche. Irkutsk si specchia sul Lago Bajkal, dove il centauro padovano ha tirato un po’ il fiato, concedendosi qualche sosta in più per carpire la bellezza del paesaggio siberiano.
Quindi la sortita in Mongolia, audace e suggestiva, piena di incognite. Non è da tutti raggiungere Ulan Bator con i mezzi propri. Mongolia selvaggia ed ancora legatissima alle proprie tradizioni ancestrali, dove risulta normale imbattersi in villaggi di yurte, le caratteristiche tende circolari di feltro. Quindi l’ultima parte del viaggio, quella in cui la meta più che avvicinarsi sembrava allontanarsi, perché i chilometri da percorrere sono ancora migliaia e gli insediamenti umani sempre più radi. Di notte persino i camion si fermano, in quanto la strada si fa insidiosa. Fasolo ad un certo punto ha dovuto pure modificare il cambio della moto e costruirsi una soletta per neutralizzare i dolori al piede sinistro, causatigli dalle troppe ore passate in sella. Ulan Ude, Cita, Blagovescensk, Khabarovsk ed, infine, l’agognata Vladivostok, simbolo tangibile di un sogno che si è realizzato. A dispetto anche di quanti volevano dissuaderlo dal compiere questo viaggio.
Luciano Fasolo – prima di ripartire da Vladivostok in aereo, spedendo la moto in Italia via nave – è rimasto a lungo a scrutare l’orizzonte del Mar del Giappone. Avrebbe voluto raggiungere anche Tokyo, via Corea del Sud, ma quell’appendice rimane al momento un appunto per un altro viaggio. Perché il biker euganeo ha tutt’altro che voglia di appendere la tuta al chiodo. Le sue spedizioni rientrano nel progetto “In moto per la vita” ed hanno come scopo quello di raccogliere fondi per la Fondazione Salus Pueri di Pediatria. In sostanza – attraverso l’organizzazione di cene per illustrare le sue imprese – Fasolo ha già raccolto 25.000 euro, destinati alla realizzazione della sala riservata ai genitori dei baby pazienti ricoverati nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale nella Pediatria di Padova. Stanza che è già stata inaugurata. Coronando un altro nobile sogno di Luciano, il biker euganeo dalla tempra d’acciaio, ma con l’anima lieve di un viaggiatore romantico. D’altri tempi.
Testo/Renato Malaman – Foto/Luciano Fasolo