Sestri Levante si presenta come una bellissima cittadina sul mare ligure, conosciuta come la città dei due mari, affacciata com’è sulle baie “delle Favole” e “del Silenzio”. La sua storia antichissima prende l’avvio dalla fondazione fatta dai Celti Liguri (i Tigulli), per passare alla dominazione dei romani, dai quali venne denominata Segesta Tigulliorum, ed a travagliate vicende medievali , in quanto le sue acque e le sue terre assistettero ai contrasti fra le Repubbliche Marinare di Genova, di Pisa ed addirittura di Venezia. Oggi costituisce un conosciutissimo centro balneare di 18.000 abitanti, che d’estate diventano molti di più grazie alla bellezza del paesaggio, del mare e del suo centro storico.
Sestri Levante offre però anche un’altra attrattiva turistica, quella subacquea. Mare pulito e pesci attirano sicuramente chi vuole effettuare belle immersioni; a questi si aggiungono poi i relitti, il cui fascino colpisce inevitabilmente quanti amano il mondo sommerso. Uno di essi risulta famoso da molti anni nella comunità dei subacquei, e la sua identità è rimasta sconosciuta per così tanto tempo che ancora oggi lo si chiama, come un tempo, Cargo Armato. Dopo le confuse e terribili vicende belliche che hanno causato il suo affondamento, se ne era infatti perduta l’identificazione; si sapeva solo che era stato in parte rovinato nell’immediato dopoguerra nel tentativo di recuperarne il carico, operazione che aveva causato la morte di un povero palombaro. È stato solo alla fine degli anni novanta che un grande fotografo e subacqueo professionista ligure, il compianto Andrea Ghisotti, persona di carattere e bravura straordinarie, riuscì a scoprirne il nome ed anche la storia, in associazione con lo storico tedesco Manfred Krellenberg, il quale ultimo ringrazio per avermi inviato le foto d’epoca presenti in questo articolo.
Il battello venne varato nei Cantieri Navali Francesi di Caen, per la precisione a Blainville, nel 1926; la compagnia armatrice proprietaria era la Société Joseph Huret et Cie, nata nel 1909 a Boulogne (Pas-de-Calais), la quale nella ragione sociale aveva come scopo l’armamento di battelli per ogni tipo di pesca marittima. La nave era infatti un grande peschereccio oceanico, dal nome Islande. Era un vapore in acciaio di 1.034 tonnellate di stazza lorda, lungo 64 metri per 10,4 di larghezza e 5,2 di altezza, mosso da un motore a triplice espansione e singola elica costruito in Gran Bretagna dalla Amos & Smith Ltd, capace di spingerlo fino alla velocità massima di 10,5 nodi. Venne quindi impiegato nelle fredde e tumultuose acque dell’Atlantico del Nord fino al 1939, quando venne venduto alla Soc. Fécampoise de Peche di Fécamp, e ribattezzato Cap Nord, per essere utilizzato al medesimo scopo.
In quegli anni stava però iniziando il secondo conflitto mondiale ed il battello venne requisito ed armato dalla Marina Francese, che lo destinò a compiti di guardacoste al largo di Casablanca, con il numero di immatricolazione P11. Data la veloce usura e la sua scarsa funzionalità a questi compiti, venne presto nuovamente convertito a peschereccio d’altura con il nome di Ginette le Borgne (letteralmente Ginetta la Guercia, nome riutilizzato anche nel dopoguerra per altre imbarcazioni). Alla fine del 1942 le autorità tedesche erano però strenuamente alla caccia di naviglio da trasporto e da scorta e requisirono il battello, sottoponendolo a veloci lavori di trasformazione, durati due mesi. Nel febbraio 1943 nacque così l’UJ2207, con compiti di “Kriegstransporte”, cioè Cargo Armato, ma anche di “U-boot Jager”, Cacciasommergibili, così come l’UJ2216 e l’UJ2210, entrambi affondati nella stessa zona. Pur essendo poco agile e sgraziata, nata com’era per scopi assai diversi, l’imbarcazione venne decisamente armata: un cannone doppio da 20 mm più altri quattro cannoni antiaerei singoli da 20 mm (la “FlaK”), uno da 37 mm presto sostituito con uno da 88 mm, due MG 34 singola e doppia, e delle catapulte per le cariche di profondità. La sua base era a Marsiglia, da cui partiva per missioni che potevano arrivare fino al Tirreno Meridionale, e che in effetti portarono a dei successi: l’affondamento di una Torpedoboat inglese al largo di Biserta all’inizio del 1943, e di un u-boat inglese nel maggio dello stesso anno, ma anche l’abbattimento di cinque aeroplani a Villefranche sur Mer nel febbraio 1944.
Il 19 novembre 1944 l’UJ2207 stava scortando con naviglio minore il trasporto Dominante da Genova a La Spezia, ma fu scoperto ed attaccato dalle Torpedoboats alleate MTB 420 e 422 (inglesi) e PT 308 (americana). I due marinai tedeschi Erwin Latting e Hans Leeroff, sopravvissuti allo scontro, furono intervistati da Manfred Krellenberg ed in tale occasione raccontarono che le veloci imbarcazioni nemiche avevano circondato l’UJ2207 da entrambi i lati, dai quali lanciarono due siluri che colpirono la nave al centro, causandone il veloce affondamento. Le altre unità di scorta riuscirono a recuperare 37 uomini, di cui 30 feriti; perirono a bordo il comandante ed un altro ufficiale.
La nave giace oggi su un fondo di circa 36 metri, consentendo così l’immersione ad ogni subacqueo mediamente esperto; si presenta in assetto di navigazione, con la prua rivolta verso il mare aperto e la parte poppiera separata e non più in asse con il resto della nave. Risulta ancora possibile notare gli affusti delle mitragliatrici, alcuni proiettili da 88 ed i caricatori di quelli da 20 mm, insieme alle strutture della catapulta. La parte migliore appare sicuramente la prua, nella quale è ancora possibile effettuare una breve penetrazione, mentre la parte centrale, colpita dai siluri, risulta pericolosa e la poppa è spesso avvolta dalla nebbia causata dalla corrente sul limo del fondo marino. Il battello è diventato ora la casa di numerose specie marine e, se si è fortunati, appare possibile incontrare degli esemplari di pesce luna, il meraviglioso Mola Mola, frequente sulle strutture del relitto. Una grande barca da pesca, trasformata dagli uomini in strumento di morte, ed ora divenuto a sua volta rifugio per i pesci. È proprio vero che la vita assomiglia ad una grossa ruota in perenne movimento.
Testo/Paolo Ponga – Foto/Paolo Ponga, Google Immagini, foto storiche di Manfred Krellenberg.