A chi non piacerebbe possedere una grande stanza – salotto, studio, sala riunioni o quant’altro – con una finestra affacciata sulle guglie gotiche del Duomo di Milano, da dove entra il rumore convulso della metropoli, un’altra sul Canal Grande veneziano, magari all’altezza del ponte di Rialto, con gondole e vaporetti che vanno e vengono increspando le acque, un’altra ancora silente sullo skiline dei grattacieli di New York all’alba, e infine un’ultima che guarda una gialla savana alberata africana, con i rumori tipici dei grandi mammiferi all’abbeverata. E l’elenco potrebbe continuare a lungo. Fantascienza, oppure sogni da nababbi ? Forse un tempo.
Oggi, mischiando un briciolo di tecnologia d’avanguardia con l’ingegno umano di tre giovani design piuttosto creativi, un dato di fatto assai più prossimo al reale che non al virtuale, pur essendo figlio di entrambi. Perché, come avrete forse già capito, le finestre per potersi affacciare contemporaneamente sugli ambienti più diversi del pianeta, lontani tra di loro migliaia di chilometri, debbono essere ovviamente finte, anche se per un attimo possono dare l’impressione di essere vere, rasserenando l’animo dello spettatore e facendolo sognare. Pensate alla suggestione di un ambiente con una finestra sincronizzata sulla luce flebile dell’alba, una seconda sulle ombre lunghe e forti del tramonto, una terza con la luce violenta del mezzogiorno e un’altra ancora con le tenui luci notturne di una città. E poi finestre mobili, o ancor meglio nomadi, spostabili nel tempo da una parete all’altra, da un vano all’altro. Cose da mandare fuori di testa, un componente da arredo unico, incredibile, inimmaginabile.
Tradotto in parole semplici, funziona così. Una èquipe riprende per 24 ore con una cinepresa ad alta definizione ed audio incorporato da una postazione fissa totalmente immobile un monumento, un angolo di città, un’immagine ambientale qualsiasi, con tutto quello che la cinepresa riprende nell’arco dell’intera giornata: persone, cose, animali in movimento, nuvole di passaggio, l’alternarsi del buio e le varie gradualità di luce con tutti i relativi rumori, insomma tutto quello che vedremmo se stessimo davvero affacciati tutto il giorno da una vera finestra in uno specifico contesto ambientale. Il mondo visto con un occhio fisso. Mancano soltanto gli odori, ma non è detto che un giorno la tecnologia … Dopo di che, anzicchè trasmesso attraverso un normale televisore, va in onda per 24 ore – sincronizzato o meno all’ora locale – su uno schermo realizzato appositamente a forma e dimensioni di finestra, anzi contenuto dentro ad un vero telaio di legno – vecchio o nuovo, recuperato da un demolitore o fatto costruire appositamente – per conferire un ulteriore maggior realismo. E il gioco è fatto. La proiezione può essere controllata in diverse maniere attraverso smartphone con un’apposita App, idonea per dispositivi iOs e Android.
L’idea è venuta qualche anno fa a tre giovani creativi – Robert Andriessen, Marco Tabasso e Tatiana Uzlova – che hanno dato vita per realizzarlo a Anotherview Project, un progetto in divenire aperto alle più svariate soluzioni, a metà strada tra arte ed interior design, già in grado di disporre di un catalogo con le prime realizzazioni standard realizzate, mostrate in alcuni esposizioni a Milano (2015 e 2017) ed all’estero (Art Basel, 2016). Tenendo presente che l’arte non può mai essere standard per implicita definizione, e che il maggior lavoro dovrebbe essere realizzato su soggetti specifici indicati espressamente dai committenti, per mettersi in casa l’immagine che piace a loro. “Il nostro intento è di trasformare la casa in un luogo normale – dichiara Marco Tabasco – ma con tante finestre affacciate contemporaneamente sul mondo, come tanti occhi”.
Gli schermi finestra finora realizzati riguardano i soggetti più diversi: dal Duomo di Milano al Canal Grande veneziano, dai grattacieli di New York alla baia sudafricana di Cape Town, dalle morbide colline del pavese al lago di Iseo, e poi tante, tante altre. Una, da meditare, non ritrae una volta tanto una finestra, bensì una severa porta ripresa dall’interno, con una piccola finestrella attraverso la quale si intravvede uno spicchio di oceano. Alla mente suggerisce che potrebbe essere quella dove è stato rinchiuso per ben 27 anni Nelson Mandela, esponente politico anti-apartheid, primo presidente nero del Sudafrica democratico e Premio Nobel per la Pace. Ma, come sempre, le migliori sono quelle che non sono ancora state realizzate. Le prossime in programma: la grande fauna selvatica africana ripresa nel parco nazionale Etosha in Namibia, e il Tempio d’Oro di Amristar in India, sacro per i sikh.
Per il futuro esiste un apposito progetto, chiamato “Once we were there” (= Una volta eravamo qui), dedicato ad una serie di riprese in luoghi di elevato pregio ambientale, geografico, storico, artistico o naturalistico che potrebbero sparire nei prossimi 50-100 anni, distrutti da clima, dalla natura o dall’uomo, come Venezia, le Maldive e le Seychelles o il ghiacciaio nella laguna di San Rafael in Cile, le città carovaniere dell’Africa e tanti, tanti altri luoghi. Per quanti vivono o capitano a Milano, possono vedere direttamente dal vivo alcune delle finestre di Anotherview in esposizione più o meno permanente presso lo Spazio Rossana Orlandi in via M. Bandello 14-16.
E concludiamo con le dolenti note dei prezzi, che come si potrà immaginare non possono per forza di cosa essere bassi, soprattutto per quelli commissionati espressamente dai clienti in capo al mondo. Muovere una èquipe di tecnici di ripresa e del suono, impegnata per vari giorni magari dall’altra parte del mondo e la relativa post-produzione, non costano due lire. Normalmente il prezzo oscilla tra 13 e 35.000 euro; il notevole divario si giustifica con la notevole diversità dei costi. Ma vi metterete in casa qualcosa di unico, capace di sorprendere e di rallegrare l’umore.
Info: Anotherview Projet, www. Anotherview.watch, tati@anotherview.watch,
Testo/Giulio Badini – Foto/Anotherview