In questi ultimi anni sempre più persone hanno riscoperto il piacere di raggiungere molte località a piedi nel cuore dell’Appennino Bolognese. È nato così il “Turismo Slow”. Molto di questa sana attività è merito del ritrovamento (diverse decine di anni fa) di oltre undici chilometri di tratti lastricati romani formati da basoli di arenaria, una strada che fu denominata Flaminia militare dagli scopritori. Altre vie antiche sono nate, come ad esempio, Via della lana, del pane, dei santuari, degli Dei, Flaminia minor e altro, ed è per questo che, a pieno titolo, s’inserisce l’originale Via del Fantini ricca di particolarità che spaziano dalla Preistoria alla Storia, dalla Geologia, alle antiche architetture rurali.
Luigi Fantini è forse stato (come lui amava definirsi) il maggiore “Ricercaro Appenninico” del bolognese del secolo passato. Le sue indagini e la sua sconfinata curiosità l’hanno portato a scoprire il Carso bolognese dei Gessi, a documentare un patrimonio, fino ad allora, sconosciuto, delle architetture antiche delle valli appenniniche, al rinvenimento di fossili, minerali e, soprattutto, ha squarciato il velo di quella Preistoria più antica che, migliaia di anni fa, un’umanità primitiva, (rappresentata dall’ Homo erectus) si aggirava per cacciare, lungo il pedeappennino ancora bagnato dalle onde dall’ultimo mare.
A oltre quarantadue anni dalla sua scomparsa, l’Associazione Parco Museale della Val di Zena ha pensato di creare un percorso a lui dedicato, per mantenere viva la sua memoria. A questa Associazione fa parte integrante anche il Museo dei Botroidi di Luigi Fantini a Tazzola sul Monte delle Formiche.
Il percorso parte dal Museo della Preistoria di San Lazzaro di Savena (Bologna). Al suo interno sono esposti, tra l’altro, centinaia di manufatti in selce e ftanite raccolti da Luigi Fantini lungo le conoidi del fiume Idice, Zena e di altre valli. Si tratta, per la maggior parte, di strumenti litici del Paleolitico, creati anche nel periodo più antico di questa facies industriale. Nel Museo sono ricostruiti gli ambienti della Preistoria del territorio con relative faune, fino alla fase protostorica. Da questa postazione, seguendo il sentiero CAI 802,si sale sulla vicina Croara, nel cuore del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi. Nel fondo della grande e profonda Dolina della Spipola, si apre l’omonima grotta (11 km di sviluppo) scoperta ed esplorata da Fantini nel 1932 insieme ai soci del Gruppo Speleologico Bolognese da lui fondato. L’ambiente carsico è, a dir poco, spettacolare per i fenomeni erosivi che hanno modellato questi Gessi del tardo Miocene, formatisi circa 6 milioni di anni fa in conseguenza del disseccamento del Bacino del Mediterraneo. Proseguendo sul vicino sentiero 804 ci si affaccia alla Buca di Budriolo nel cui fondo, il Gruppo Speleologico Bolognese,scoprì un’ importante grotta (intitolata a Serafino Calindri) frequentata da uomini dell’Età del Bronzo che, probabilmente, vivevano nella vicina Grotta del Farneto. Si scende, sullo stesso sentiero, nella Val di Zena proprio alla suddetta grotta. Qui, in quella che oggi è la Casa del Parco, nel 1895 nacque il nostro ricercatore. L’edificio è a poche decine di metri dalla famosa Grotta del Farneto, abitata per tutta l’Età del Bronzo e scoperta da Francesco Orsoni nel 1871. Centinaia di anni ancora prima, durante l’Età del Rame, poco più in alto, esisteva un villaggio ed un sepolcreto ricavato all’interno di una cavità (Il Sottoroccia) da cui Fantini estrasse scheletri e materiali vari. Qui il percorso si sdoppia, offrendo l’opportunità, a chi fosse interessato, di passare in Val d’Idice, a Pizzocalvo dove, non lontano, Fantini, raccolse centinaia di Botroidi, (oggi in mostra al museo di Tazzola). Riprendendo il percorso principale (sentiero 806) dal Farneto si sale all’Eremo, un luogo dove, alcuni secoli fa, esisteva un convento camaldolese che una frana distrusse.
Il paesaggio cambia poiché s’incontrano ripidi calanchi di argille molto antiche (Argille Scagliose). In queste raccolse minerali e campioni di Cicadee, palme oggi scomparse dal mondo boreale e che vissero nell’Era Mesozoica. Proseguendo in alto si raggiunge Casola Canina, o almeno i resti di questo piccolo insediamento completamente distrutto dagli eventi dell’ultima guerra mondiale. La Via del Fantini può proseguire a Poggio Scanno dove i bersaglieri combatterono eroicamente contro i tedeschi, permettendo la decisiva avanzata degli Alleati su Bologna. Tornando sullo Zena, si attraversa la piccola località nota come Botteghino di Zocca. Non lontano esiste un percorso che porta a Riosto, storico centro, famoso per la presenza della famiglia di Ludovico Ariosto. Anche questo borgo fu distrutto dalla guerra. Oggi un grande podere produce un vino locale molto apprezzato. La via principale imbocca la piccola valle che sale a Gorgognano che, come gli altri, fu fatto saltare dai tedeschi in ritirata. Anche questa località ha una origine antica (ben nota a Fantini), ma oggi soltanto il cimitero rimane. a parte gli accorati e commoventi racconti che, i pochi sopravvissuti (allora ragazzi), hanno tramandato.
Seguendo il segnavia 815, da Gorgognano si resta in cresta e ci si trova in un nuovo ambiente geologico: siamo nel Pliocene e la ricostruzione di una Balenottera ce lo ricorda. Qui, infatti, fu scoperto uno scheletro (attualmente esposto al Museo Capellini di Bologna) di un cetaceo lungo una decina di metri. Qui, in quei lontani tempi, la località era sul margine di un mare, le cui onde si rovesciavano sulle spiagge di un Appennino, ancora in fase di sollevamento. Esattamente in questo punto ,i mammiferi marini, si avvicinavano troppo alle acque basse costiere, per finire spiaggiati e morire. Il percorso discende alla frazione di Zena, sopra alla quale domina l’antichissimo Castello di Zena su un picco di arenaria. Attualmente l’edificio è in fase di restauro per i danni procurati dagli ultimi terremoti. L’origine è antecedente all’ anno mille e fu una proprietà della Contessa Matilde di Canossa. Luigi Fantini, qui immagazzinò una parte suoi reperti paleolitici ed anche i famosi Botroidi, a causa di urgenti lavori di ammodernamento delle sale del Museo Civico Archeologico di Bologna in cui aveva il suo studio. Il sentiero 815 sale passando dall’antica Torre dell’Erede edificio che fungeva da guardia al sottostante castello e che fu immortalata da alcune sue belle fotografie realizzate su lastra di vetro. Ancora più in alto, si raggiunge il Borgo Tazzola in cui si trova il piccolo Museo dei Botroidi allestito in una antica stalla. Oltre alle famose concrezioni antropomorfe e a grappolo, raccolte da Fantini, in una decina di metri è possibile attraversare una settantina di milioni di anni che raccontano le diverse fasi della seducente storia geologica del territorio appenninico bolognese.
Per la sua posizione geografica, da questo punto partono dei percorsi ad anello che conducono alle balze del Contrafforte Pliocenico di Livergnano ad Ovest e, ad Est, a Monterenzio dove si può visitare il Museo Fantini contenente i reperti etrusco-celtici di Monte Bibele. Il sentiero 815, da Tazzola, raggiunge la cima del Monte delle Formiche con il suo santuario, da cui si domina un paesaggio straordinario a 360 gradi. Il nome deriva dall’inconsueto sciamaggio di migliaia di formiche alate che, in Settembre, volano in alto, attorno alla chiesa, per accoppiarsi. Nel vicino minuscolo cimitero riposano le spoglie di Luigi Fantini il quale, proprio quassù, estrasse, dalle ghiaie cementate, le più antiche industrie paleolitiche appenniniche. Proseguendo a Sud, ora sul percorso 809, s’incontra l’antico e grazioso Borgo di Castelnuovo e, imboccato l’ 804, si arriva finalmente a Monte Bibele, punto finale della Via del Fantini. Qui il particolarissimo villaggio, creato dagli Etruschi e poi raggiunto dai Celti che divennero attivi coabitatori, rappresenta una giusta conclusione di un percorso che, come si è potuto evincere, è carico si Storia e Natura, aperto a chiunque, sia a piedi, in bici o con altri mezzi. La rivalutazione del territorio appenninico bolognese rappresenta un impegno doveroso per una migliore conoscenza della splendida penisola italiana che, la nostra Associazione, ha preso a cuore.
Testo/Giuseppe Rivalta – Foto/Giuseppe Rivalta – R.Sarti