Nel cuore delle Alpi Retiche occidentali, dominate dall’imponente mole della catena del Pizzo Bernina (4.049 m, il più orientale dei quattromila alpini) che separa la Svizzera dall’Italia, si sviluppa il percorso della più ardita e spettacolare ferrovia d’alta quota d’Europa a scartamento ridotto, attraversando alcuni dei più belli e vari panorami montuosi in assoluto, la cui costruzione – per superare i notevoli dislivelli e per l’accidentata morfologia del territorio – ha costretto a ricorrere a soluzioni estremamente ingegnose, in qualche caso degne di primato. Qualcuno l’ha definita un pezzo di storia che viaggia sulle rotaie, capace di regalare ai suoi utenti emozioni incredibili e paesaggi mozzafiato, ma anche un modo di viaggiare nella natura e in paesaggio decisamente variegato comodamente seduti, vedendo scorrere dai finestrini come in un film le suggestive vedute delle vallate alpine, dai frutteti di pianura ai vigneti terrazzati sui ripidi pendii, dai campi coltivati alle praterie, ai pascoli e agli alpeggi d’alta quota fino ai ghiacciai perenni sommitali sotto le maggiori cime, cascate, torrenti e laghi glaciali – naturali o artificiali – foreste rigogliose e paesini dall’architettura peculiare, animali e uccelli – siamo ai limiti del parco nazionale svizzero – dalle ciarliere cinciallegre all’aquila possente. Un’esperienza da fare, magari in buona compagnia e dotati di macchina fotografica per immortalare mille immagini irripetibili, almeno una volta nella vita, anzi quattro, una per ogni stagione, perché ogni diverso periodo dell’anno offre aspetti piuttosto differenti, dal candore abbacinante invernale alle policrome fioriture primaverili, dalla predominante luce estiva alle tavolozze di colori autunnali.
Si tratta del Bernina Express, il celebre trenino rosso del Bernina delle Ferrovie Retiche svizzere, riconosciuto nel 2008 dall’Unesco quale patrimonio dell’umanità per la sua importanza e peculiarità. Iniziò a funzionare nel 1910, dopo tre anni di lavori da parte di maestranze essenzialmente italiane e lombarde, all’inizio soltanto nel periodo estivo, creata essenzialmente per venire incontro all’esigenza di mettere in contatto popolazioni e merci della regione alpina dell’Alta Engadina,tra le più elevate della Svizzera e dell’intera catena alpina nel cantone svizzero dei Grigioni, con la bassa Valtellina italiana e il lago di Como – e con essi la pianura padana nella sua immensa vastità – attraverso la ripida Val Poschiavo, situata sul versante sud dell’Alta Engadina al confine con l’Italia (e un tempo italiana), lungo quella che è sempre stata una delle direttrici storiche del traffico e del commercio tra il centro Europa e il Nord dell’Italia, utilizzando l’energia elettrica prodotta dalle centrali locali. Le difficoltà da risolvere non furono poche, e richiesero spesso soluzioni ingegneristiche assai impegnative, come il superamento del forte dislivello iniziale, brillantemente risolto con il viadotto elicoidale di Brusio, oppure il fatto che sul versante sud deve superare un dislivello di 1200 m in meno di 8 km, con una pendenza capace di arrivare al limite del 70 per mille, con raggio minimo di curvatura non superiore ai 45 m. Il tutto senza ricorre a cremagliere, ma semplicemente sfruttando l’adesione della gravità. Per non parlare poi della presenza della neve, che in inverno in alta quota raggiunge uno spessore di vari metri, risolto ricorrendo dal 1913 all’impiego di apposite locomotive dotate di consistenti spazzaneve rotanti a getto di vapore per mantenere sgomberi i binari. Ben presto cominciò a prevalere l’uso turistico su quello di mero trasporto, per portare schiere di novelli sciatori e villeggianti dalle pianure alle piste da sci ed alle alte vette, decretandone un successo secolare, tanto che fin dal 1912 venne presa a modello da un ingegnere giapponese per la costruzione di una ferrovia montana sul monte Fuji, a sud di Tokyo: se vi capiterà di osservare in qualche stazione o carrozza scritte in giapponese, sappiate che sono dovute ad un gemellaggio operato nel 1979 tra le due linee. In estrema sintesi, la tratta Tirano-Saint Moritz, lunga 60,6 km, supera un dislivello di 1.824 m con 13 gallerie e 46 tra ponti e viadotti, mentre l’intera tratta Tirano-Coira, lunga 145 km, supera un dislivello identico (un record nel continente) mediante 55 gallerie e 196 tra ponti e viadotti.
Il percorso parte dalla stazione di Tirano, capoluogo della bassa Valtellina situato a nord-est della sommità del lago di Como, raggiunta in treno da Milano e Lecco, oppure con mezzi propri. Tirano, a 429 m slm, si presenta con un centro storico formato da un intreccio di antichi vicoli, piazzette, archi e palazzi nobiliari racchiusi dalla cinta muraria sforzesca eretta da Ludovico il Moro; il monumento più importante è la chiesa eretta nel 1504 in occasione di un’apparizione mariana, contenente uno dei maggiori organi d’Europa. Le specialità gastronomiche della località e della Valtellina sono il chisciol (pastelle di grano saraceno e formaggio, cotte nello strutto con cicoria) e i famosi pizzocheri (tagliatelle di grano saraceno, condite con formaggio, verze e patate), consumate nelle cavità naturali dei crotti e accompagnate da corposi vini rossi autoctoni. Appena dopo 2 km si valica il confine tra Italia e Svizzera a Campocalogno, terra di frutti di bosco, e si entra nella ripida Val Poschiavo, incontrando presto il viadotto elicoidale di Brusio – un po’ l’icona di questa ferrovia – dove inizia la corsa verso il cielo e le alte vette; da non perdere il Museo del Contrabbando, un tempo assai praticato da quelle parti. Costeggiando il bel lago di Poschiavo, dominato dalla solitaria chiesetta medioevale di San Romedio arroccata su uno sperone, si entra nella località omonima capoluogo della valle e sede di mercato, amata e frequentata dal filosofo Nietzsche, con alcuni degni musei. La salita continua nella Val di Pila tra ponti e gallerie fino a Cavaglia, dove una passeggiata verso lo spettacolare Pizzo Palù conduce al curioso geotopo della Marmitte dei Giganti, 28 cavità sferiche scavate in profondità nella roccia dalle acque dell’antico ghiacciaio. Dopo aver superato un dislivello di 300 m e l’incantevole laghetto Palù, si esce dal Val Poschiavo per approdare all’Alpe Grum, lambendo il relativo ghiacciaio.
Si supera l’artificiale Lago Bianco e il naturale Lago Nero arrivando allo storico Ospizio Bernina, un albergo d’altri tempi, sull’omonimo passo a 2.330 m, massima altezza del percorso e stazione ferroviaria più alta in Europa. Primi campi da sci, dai quali si può risalire ad oltre 3.000 m di quota sui ghiacciai del Diavolezza e del Monteratsch, con panorami allettanti. Il passo Bernina non costituisce soltanto un importante confine geografico (tra nord e sud) e idrologico (le sue acque confluiscono da un lato nel Po e dall’altro nel lontano Danubio), ma anche uno spartiacque climatico, etnico, linguistico e religioso: a sud fa più caldo, sono cattolici e si parla italiano, il nord è più freddo, si parla tedesco, romancio e italiano e sono protestanti. Si percorre quindi l’Alta Engadina fino a Pontresina, sede ideale con le sue case alpine per la pratica di mille sport alpini, dove la ferrovia si biforca: da un lato di sale a St. Moritz, la più elegante e chic delle stazioni sciistiche svizzere e la meglio attrezzata quanto ad impianti (non a caso è stata sede delle olimpiadi invernali ben due volte, nel 1928 e nel 1948, e nel 1917 organizzerà i mondiali di sci), mentre dall’altra si scende fino alla graziosa Coira, capoluogo della Bassa Engadina e più antica cittadina svizzera, dove si raccorda alla rete ferroviaria svizzera. La soleggiata Alta Engadina, sempre dominata dalla mole possente del Pizzo Bernina, terra ottimamente ritratta nei luminosi quadri di Segantini, si estende poi fino al passo del Maloja, altro confine italo-svizzero.
Un percorso decisamente emozionante e spettacolare, che può essere compiuto anche soltanto in uno o due giorni, senza alcuno sforzo e tutto su mezzi pubblici, d’estate o in inverno, utilizzando le dieci corse giornaliere tra Tirano e St. Moritz (14 in estate), comodamente seduti su una carrozza panoramica disegnata da Pininfarina. Ad esempio si può partire dalla stazione centrale di Milano nella mattinata di ogni giorno dell’anno, oppure nel primo pomeriggio, con treno regionale fino a Tirano (durata 2,30 ore), quindi visita della cittadina, cena tipica valtellinese con tre portate e pernottamento in hotel 3 stelle con prima colazione. L’indomani mattina partenza con il Bernina Express per St.Moritz (durata 2,30 ore), visita e pranzo libero, quindi al pomeriggio ritorno, cambio treno a Tirano (le due stazioni sono di fronte) e arrivo a Milano centrale alle 21,40. Il pacchetto, valido dal 20.1.1917, per due persone in camera doppia, costa 420,00 euro in totale. Info: Doveclub, tel. 045 20 82 932, www.doveclub.it. Oppure ci si può organizzare in proprio, o rivolgersi in agenzia a qualche altro operatore specializzato. La tratta Tirano-St. Moritz costa 62 franchi in 2° classe, 110 in prima, la prenotazione del posto 10 franchi in inverno e 14 in estate; si può scegliere tra una ventina di programmi, di diversa durata e costo. Info: tel. 02 39 52 33 09, info@bernina-express.com, www.bernina-express.com e www.rhb.ch.
Il treno, adatto pure per disabili, carica anche biciclette, sci e piccoli animali. Trattandosi di territorio straniero, occorre disporre di passaporto o di carta d’identità valida per l’espatrio, compresi anche i bambini; lungo il percorso alcuni esercenti accettano in pagamento euro e franchi svizzeri, altri soltanto franchi; poiché i prezzi svizzeri sono decisamente più elevati rispetto a quelli italiani, anche nella ristorazione, per risparmiare si può acquistare una merenda al sacco presso il buffet della stazione di Tirano, magari prenotandola prima allo 0342 70 33 81.
Testo/Giulio Badini – Immagini Google
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