Sappiamo tutti che, almeno dalla metà del secolo scorso, l’Italia è soggetta ad una complicata serie di flussi migratori all’interno del territorio. Semplificando al massimo si può dire che le campagne di spopolano a favore dei paesi, i paesi a favore delle cittadine, le cittadine a favore delle metropoli – per non parlare di quanti emigrano all’estero – e poi il Sud a favore del Centro e del Nord, in una rincorsa continua e giustificata verso migliori condizioni di lavoro e di vita. E se tendono a spopolarsi le campagne, figurarsi le montagne, dove tutto risulta decisamente più costoso e complicato. Ma lo spopolamento delle montagne pone alla collettività una serie di problemi e conseguenze, come l’abbandono dei campi e dei pascoli e la loro trasformazione in sterili sterpaglie, la mancata cura dei boschi e dei fiumi con possibilità di incendi, di dissesti idrogeologici e di frane, la crescita di piante e di animali infestanti come vipere e cinghiali, la mancata manutenzione stradale con inevitabili smottamenti e chiusura di strade.
La situazione, anche dal punto di vista sociale e di qualità della vita, diventa ancora più critica nei paesi soggetti a spopolamento: la popolazione cala di giorno in giorno, manca il lavoro, diminuiscono i servizi, chiudono scuole, farmacia, ufficio postale, negozi, a volte pure la chiesa, in una spirale perversa di causa ed effetto, per qualsiasi cosa occorre andare altrove; i bambini spariscono, non ci sono luoghi di aggregazione per giovani e anziani, manca qualsiasi tipo di divertimento, compresa la trattoria, e le persone piano piano se ne vanno: resta soltanto qualche anziano, in attesa di morire anche lui e di chiudere la storia. Considerando che in Italia una legge del 2000 non consente la nascita di nuovi comuni se non con una popolazione superiore ai 10 mila abitanti, i comuni esistenti al presente sono 7.982. Di questi sono soltanto 144 a superare i 50 mila abitanti, mentre sono ben 5.536 a contare meno di 5 mila persone, 95 con addirittura meno di 120, una decina con meno di 50. Molti di questi, anche se forse non lo sanno, sono paesi già defunti, destinati a sparire dalle carte geografiche nel giro di breve tempo, in quanto hanno superato abbondantemente il punto di non ritorno. Se oltre a quello degli abitanti prendiamo in esame anche il criterio della superficie, si tratta di un territorio enorme – in gran parte in montagna, sull’Appennino più interno dal Piemonte-Liguria fino alla Calabria, record assoluto in questo campo, e poi nelle isole – destinato all’incuria e all’abbandono. Un’altra Italia, o forse anche più, dentro all’Italia.
Ovviamente gli amministratori più accorti si sono resi conto da tempo di questo fenomeno, di questa desertificazione demografica avanzante, apparentemente irrefrenabile ed irreversibile, anche perché in qualche caso i danni riguardano l’intera comunità, come le case abbandonate e prive di manutenzione che, prima o poi, finiscono per crollare. Tra i primi, poi seguito da altri, ad avere un’idea in proposito per invertire la tendenza, è stato il critico d’arte e politico Vittorio Sgarbi, quando si ritrovò sindaco di Salemi nella valle siciliana del Belice: anche questo pregevole paese arabo-normanno, incluso tra i borghi più belli d’Italia, soffriva del fenomeno dell’abbandono. In poche parole l’idea consisteva nel fare regalare al comune gli edifici abbandonati, sgravando i vecchi proprietari da tasse e responsabilità, per venderli poi ad una cifra simbolica – 1 € o quello che volete voi – a qualcuno che si impegni a ristrutturarlo entro un massimo di tre anni, per poi abitarlo anche se temporaneamente. L’occasione buona per una famiglia con pochi mezzi per farsi una casa di vacanza nel verde, nell’aria non inquinata, a mangiare prodotti gustosi e genuini al giusto prezzo, ma anche a qualche giovane inurbato desideroso di tornare alle origini, ad una vita meno frenetica, valorizzando le risorse locali, oppure per farne un piccolo albergo, un B&B o un albergo diffuso: insomma la bacchetta magica del turismo per portare nuova vita a paesi moribondi. Se l’idea in teoria di per sé risultava valida, la sua applicazione – a Salemi e altrove – non ha portato finora a risultati eclatanti, stante la difficoltà a fare incontrare domanda ed offerta. Questione di comunicazione, durebbero gli esperti di marketing. Ed in effetti è proprio così, come andremo a dimostrare. Ma, come si dice, se l’idea risulta valida, cammina da sola.
In Italia ci sono una decina di paesi che hanno – o vorrebbero – adottare questa politica, tutti in montagna, a Sud ancor peggio che a Nord. Tra questi Ollolai, comune di 1300 abitanti (erano il doppio mezzo secolo fa) ad oltre 900 m di altezza nel cuore della Barbagia nuorese, la Sardegna più dura e pura, quella più lontana, più autentica, più selvaggia, quella più incontaminata. Un paese come tanti altri, senza nulla di particolare, con una storia che parte fin dal Neolitico e qualche testimonianza nuragica, poi qualche chiesa, una chiesetta bizantina basiliana, un po’ di artigianato (cestini intrecciati di asfodelo), un pizzico di folklore tradizionale laico (come l’estivo palio degli asini) e religioso (i suggestivi riti pasquali). Ma nulla di speciale. Ad essere speciale risulta, caso mai, il contesto d’insieme: belle e solide case antiche di granito, enormi boschi di piante pregiate secolari e odoroso sottobosco, acque in abbondanza sotto forma di torrenti e sorgenti, verde, luce e aria fresca e purissima ovunque, panorami sublimi su mezza Sardegna, una cucina gustosa, genuina, salutare, niente stress. E vi pare poco ? Qualcuno pagherebbe un occhio per averli. Ed a riprova che qui la qualità della vita risulta davvero elevata, sta il fatto che Ollolai rientra in quella Barbagia con il maggior numero di ultracentenari di tutto il mondo. Basterebbe anche soltanto questo aspetto per andarci a vivere.
Finora un precedente bando del comune era riuscito ad assegnare un paio di case, a sardi, ma per le strade del paese d’estate hanno cominciato a circolare parecchi stranieri, olandesi in particolare. Il vero miracolo però, o forse meglio il terremoto, è avvenuto con l’ultimo bando. Non si sa bene come, ma la notizia che in Sardegna vendevano case per un euro, per giunta con un finanziamento tra il 20 e il 60 % delle spese di ristrutturazione e tasse agevolate, è finita nei giorni scorsi sul notiziario online della CNN americana, per essere immediatamente ripresa da altre importanti testate come The Mirror, Cosmopolitan, Telegraph e New York Daily News. E il telefono dei piccolo comune sardo è diventato rovente: a chiamare un centinaio di compratori americani, ma anche australiani, arabi, indiani e quant’altro, ai quali non sembrava vero potersi assicurare una casa nella mitica Sardegna, la terra della Costa Smeralda e delle vacanze del jet set internazionale, al prezzo di un bicchier d’acqua.
Il sindaco ha dovuto quindi sospendere il bando, per eccesso di successo, riservandosi di ragionare e di vedere il da farsi. Di certo cento case per soddisfare tutti gli acquirenti non ce le ha. Un successo dovuto unicamente all’uso della corretta informazione. Adesso che lo sapete, se siete interessati fatevi avanti: magari, in futuro … In ogni caso vogliamo svelarvi un segreto (o quasi): i nomi degli altri comuni che vendono case per un euro. Sono Carrega Ligure (Alessandria – Piemonte), Fabbriche di Vergemoli (Lucca – Toscana) in Garfagnana, Montieri (Grosseto – Toscana), Patrica (Frosinone – Lazio), Lecce nei Marsi (L’Aquila – Abruzzo), Gangi (Palermo – Sicilia), Ragalbuto (Enna – Sicilia), Salemi (trapani – Sicilia), Nulvi (Sassari – Sardegna), oltre ad Ollolai. Buona fortuna.
Info: www.comune.ollolai.nu.it/ – tel. 0784 51 051.
Testo/Giulio Badini – Foto/Google Immagini