C’è una spiaggia dell’Alto Adriatico dove arte, cultura e territorio si fondono, molto diversa dalle tante località di villeggiatura cresciute dal nulla nel dopoguerra sull’onda del boom del turismo di massa, con milioni di presenze tra giugno e settembre, ma quasi disabitate durante l’inverno. Ed esiste un ambiente naturale delicato e unico, preservato con amore dalla speculazione edilizia sempre in agguato, capace di riservare ai viaggiatori attenti scoperte e sorprese in tutte le stagioni, e ben si presta a una gita autunnale o di inizio inverno, lontano dall’affollamento estivo: quando le giornate sono più corte, il sole splendente sul mare rappresenta un regalo ancora più gradito. Caorle, la piccola Venezia, vanta una storia antica e piena di fascino da raccontare.
All’epoca dello splendore dell’Impero Romano, le regioni del Triveneto costituivano centri importanti di civiltà e di scambi con i popoli del nord e dell’est Europa. La città più importante e capitale amministrativa della regione era Aquileia, oggi un borgo di pochi abitanti nella campagna friulana, con uno straordinario museo contenente una collezione unica di vetri di epoca romana, ma anche Julia Concordia, oggi Concordia Sagittaria contigua all’odierna Portogruaro, formava una colonia fiorente ed avamposto militare importante, sede della Decima Legio, impegnata a mantenere l’ordine sui turbolenti confini orientali. L’appellativo “sagittaria” le venne attribuito perché qui si fabbricavano frecce per tutto l’esercito, utilizzando il legno proveniente dalla Carnia. Un fiume navigabile, il Lemene, collegava e collega ancora Concordia con il suo porto sul mare Adriatico, sorto proprio alla foce del fiume: il suo nome è perduto nella storia, c’è chi parla dell’Antica Petronia, chi di Portus Reatinum. La presenza romana a Caorle a partire dal V secolo a.C. viene testimoniata non solo dalle citazioni di Plinio il Vecchio, ma anche dai reperti ritrovati e in parte visibili nel Museo Nazionale di Archeologia del Mare, inaugurato nel 2014 all’ingresso di Caorle negli imponenti locali dell’antica e florida azienda agricola Chiggiato, con un allestimento costato 4 milioni di euro.
L’epoca delle invasioni barbariche susseguente la caduta dell’Impero Romano d’Occidente si presenta particolarmente difficile nel nord-est. Le città si spopolano, i commerci languiscono, Caorle praticamente scompare, sulle sue terre pascolano le capre selvatiche, e sembra infatti che il nome odierno derivi da Caprulae, ma la posizione ben protetta verso l’entroterra da una vasta zona lagunare si rivela un’inaspettata fortuna: la popolazione di Concordia migra in massa in cerca di rifugio in questa lingua di terra tra mare e laguna, quasi un’isola di sabbia separata da canali e dallo scorrere di due fiumi, il Lemene appunto a est e il Livenza a ovest. Quando verso il sesto o settimo secolo dopo Cristo il vescovo di Concordia con tutto il capitolo si sposta definitivamente e porta con sé le reliquie dei martiri concordiesi, compreso il veneratissimo cranio di Santo Stefano, sull’Adriatico nasce una città legata ben più alla lontana Costantinopoli che alla vicina Venezia, anche perché la fondazione di Venezia risulta posteriore.
Si tocca con mano questa antica storia altomedioevale nel centro di Caorle, sul campo del Vescovado, dove a terra appare segnato il tracciato dell’antica chiesa originale, sostituita poi nel 1038 dalla cattedrale attuale dedicata a Santo Stefano protomartire. Sulla facciata spiccano le immagini di due santi: a sinistra del portale Sant’Agatonico, a destra San Guglielmo testimoniano culti orientali legati all’esarcato di Ravenna, che esercitava la sua influenza all’epoca su tutto l’alto Adriatico. All’interno della chiesa, tre navate separate da colonne romaniche, si trova nell’abside la preziosa Pala d’Oro, donata secondo la tradizione dalla regina di Cipro, la veneta Caterina Cornaro, alla popolazione di Caorle, in quanto l’aveva soccorsa in un naufragio davanti alle sue coste. Staccato sulla piazza antistante sorge il campanile cilindrico, alto 40 metri e sormontato da una cuspide conica in stile romanico-bizantino, pendente per 32 cm: è uno dei pochissimi campanili a forma di “matitone appuntito” tramandati dal Medioevo, come Sant’Apollinare in Classe a Ravenna. L’ignoto architetto dell’XI secolo ha alleggerito e ingentilito la struttura di mattoni rossi con un piano di bianche bifore, poi di monofore, poi una galleria di bifore e monofore cieche, poi ancora monofore e quindi ancora bifore: salendo sul campanile in una giornata limpida si gode una vista impareggiabile sulla cittadina, sulla laguna e sul mare. Accanto alla chiesa il piccolo museo parrocchiale custodisce il reliquiario del cranio di Santo Stefano, oltre a numerose altre reliquie e arredi sacri.
Trovare una cattedrale di questo valore storico e artistico in un borgo che oggi conta appena 10.000 abitanti circa, comprese le frazioni di Brussa, Porto Santa Margherita e Duna Verde, costituisce una sorpresa solo per chi non conosce la storia. Nell’orbita di Venezia, Caorle rimase città importante per secoli e si arricchì con i diritti della pesca e con la costruzione di navi, le famose galee della Serenissima che parteciparono alla battaglia di Lepanto del 1571. L’impoverimento incominciò con la concessione di vaste zone circondariali ai nobili veneziani e con il progressivo interramento della laguna per esigenze agricole, le cosiddette “prese”: ciò portò a minor ricambio di acqua di mare ed allo sviluppo della malaria. Il grazioso sviluppo dei canali nel cuore della cittadina che ne facevano davvero una Venezia in miniatura fu interrato a fine ‘700 proprio per ragioni igieniche e sopravvive solo nei diversi “Rio Terà”, che insieme a campi, calli e campielli danno ancora oggi al centro storico di Caorle un’impronta veneziana autentica e vivace.
La caduta della Serenissima, col trattato di Campoformido nel 1797, accelerò il declino: nel 1818 dopo otto secoli fu persa la sede vescovile e Caorle sopravvisse solo come piccolo borgo di pescatori. Ad inizio ‘900 il paese contava appena un migliaio di abitanti. Le bonifiche private cominciarono nella seconda metà dell‘800, con la grande tenuta di Ca’ Corniani di proprietà delle Assicurazioni Generali (www.genagricola.it), 1800 ettari da visitare non soltanto per l’assaggio dei vini e dei prodotti locali, ma anche per scoprire la storia dell’insediamento colonico e visitare l’antica idrovora storica perfettamente restaurata. Le ultime bonifiche pubbliche furono completate durante il ventennio fascista e diedero al territorio la conformazione attuale: Caorle oggi è una lingua di terra tra la foce del fiume Livenza e Porto Falconera, dove la laguna si apre sul mare, separandola dall’isola della Brussa dove si trova il parco naturale della Valle Vecchia, settecento ettari di ambiente intatto visitabili solo a piedi, in bicicletta o in barca sui canali.
Costituisce il modo migliore per vedere da vicino i “casoni”, abitazioni caratterizzate dagli alti tetti impagliati, usate originariamente come deposito per gli attrezzi dei pescatori, oggi tranquilli pied-à-terre sui canali della laguna o locali di pescatori come Cason Grottolo, pascaturismo e ittiturismo su prenotazione (tel. 338 26 84 686), dove il proprietario cucina pesce alla griglia per i propri ospiti. A Porto Falconera, raggiungibile dal centro anche in bicicletta, si trovano alcuni grandi campeggi e qualche ristorante dalla cucina tradizionale di pesce, tra cui “La Ritrovata” (www.laritrovata.com), un indirizzo storico di Caorle dal 1977.
Oltre alle calli ed alle viuzze del centro storico, raccolto intorno alla cattedrale e al suo campanile, costellate di case dai colori sgargianti come a Burano e dai camini veneziani a forma di tronco di cono rovesciato, la cittadina si è espansa verso ovest con la spiaggia di Ponente punteggiata da piccoli alberghi, pensioni e locali turistici e verso est con la spiaggia di Levante che racchiude la “sacheta” un’insenatura di sabbia terminante con una chiesetta settecentesca, la Madonna dell’Angelo, suggestiva per la posizione e amatissima dalla tradizione popolare in un paese dove ancora oggi vive di pesca, oltre che di turismo ed è tra i più importanti porti pescherecci dell’Alto Adriatico. Per proteggere dalle mareggiate il centro cittadino è stata costruita una scogliera che parte appunto dalla Madonna dell’Angelo: dai primi anni ’90 con cadenza biennale la scogliera vive grazie all’idea originale di organizzare in estate un concorso di scultura, organizzato con la collaborazione di Arte Laguna (www.premioartelaguna.it), durante il quale vengono invitati alcuni scultori di rilevanza internazionale, impegnati sul lato della passeggiata a trasformare i blocchi di pietra in sculture dai temi originali.
Info: www.caorle.eu – www.comune.caorle.ve.it –
Testo/Leonardo Felician – Foto Leonardo Felician, Comune di Caorle e Google Immagini