Ha conosciuto e fotografato i potenti della Terra, ritratto dive famose, miti del cinema e della canzone. È stato il fotografo di papi, della politica e del mondo economico. Ma di questo guitto della macchina fotografica, diventato pittore per passione, ben pochi sanno che da lui nacque il termine “paparazzo”. Oggi dopo aver superato i 90 anni, ancora non ha deciso cosa vuol fare da grande, perché ad andare in pensione non ci pensa proprio. E continua a lavorare, sorridendo alla vita
Se all’anagrafe di Olevano Romano, cittadina in provincia di Roma terra dell’omonimo vino Cesanese Doc, è registrato come Carlo Riccardi, per gli amici è da sempre Carletto. Sia per la sua corporatura minuta, che per quello sguardo bonario e aperto, che lo rende subito simpatico.
Un Personaggio con la maiuscola, nato il 3 ottobre 1926 e che da poco ha compiuto 90 anni, festeggiato da familiari, amici e volti noti del mondo dello spettacolo, cultura, economia.
Artista a tutto tondo di cultura classica, ha accumunato al suo primo amore, la fotografia, l’arte del dipingere, permeato fin da bambino da un ambiente culturale e artistico. Come quello della casa di campagna del padre Mario, catalizzatore e luogo d’incontro e soggiorno di artisti italiani e stranieri. Qui Carlo ha conosciuto pittori come Corrado Cagli, Giorgio De Chirico, Pericle Fazzini, Renato Guttuso, Riccardo Monachesi, Luigi Montanarini e tanti altri. Ma se questi lo invogliarono a continuare nella sperimentazione artistica, fu Saro Mirabella, maestro di Guttuso, a insegnargli a dipingere e ritoccare le fotografie. Quei ritocchi fotografici fatti ad arte, che gli permisero di girare con qualche soldo in tasca dopo la liberazione di Roma dai nazi-fascisti, nel 1945. E mentre scattava e colorava a mano le foto ricordo per i soldati delle truppe angloamericane nell’accampamento del Foro Italico, incontrò Federico Fellini, che sbarcava il lunario disegnando caricature per i militari Usa.
Fu Riccardi a ispirare lo scrittore Ennio Flaiano, allora co-autore de La Dolce vita, quando coniò il termine “paparazzo”, poi usato per il cognome di un personaggio del film diretto da Fellini nel 1967. «Flaiano – ricorda Carlo Riccardi – fu incuriosito dal termine “Pappatacio”, quel nomignolo che mi aveva dato Amintore Fanfani (allora noto esponente di primo piano della Democrazia Cristiana, morto nel 1999, ndr) che mi considerava un moscone, sempre in giro a fotografare».
In quasi settant’anni di carriera ha immortalato momenti storici della nostra epoca, ritratto volti di uomini potenti, papi, capi di stato e celebrità. Oltre 4 milioni di scatti realizzati da questo “paparazzo per eccellenza” e da suo figlio Maurizio (degno erede di tanto padre), raccolti nell’Archivio Riccardi, annoverato dalla Soprintendenza Archivistica del Lazio tra i patrimoni d’interesse nazionale.
Per questo “ragazzino” innamorato della macchina fotografica e dei pennelli, sembra che il tempo si sia fermato. Si è sempre considerato un “operaio” dell’informazione, un “artigiano” della pittura, sempre attento ai temi sociali, tanto che negli anni 70 fu per 10 anni anche segretario generale del Sindacato Artisti della Cisl. Ma questo uomo dal cuore d’oro nonostante i suoi 5 by pass, non si vede su una poltrona a non far nulla. Da tempo non va più in giro per Roma a immortalare personaggi famosi, ma si dedica anima e corpo a «Imbrattare pezzi di stoffa», come dice scherzando. Da quando nel 1954 si firmava con lo pseudonimo di Cric, di quadri e disegni ne ha fatti e regalati tanti (anche a papa Francesco). Di ogni dimensione, su diversi soggetti e supporti pittorici, che fossero piccole tavolette di legno, pagine datate di quotidiani, tele di ogni dimensione. Come le ormai note maxi tele dai colori vivi e i significati profondi. Lunghe sino a 300 metri, ha girato il Paese per “incravattare” e “fasciare” con esse monumenti di paesi e periferie delle città, coinvolgendo giovani e bambini, per sensibilizzare le nuove generazioni sull’importanza dell’Arte. Ma anche per richiamare tutti alla responsabilità verso la conservazione del patrimonio artistico italiano, come ha ricordato recentemente al ministro Dario Franceschini, durante DermArt 2016 a Latina.
L’ideatore dell’ultimo manifesto pittorico del XX secolo, «Quinta dimensione», sottoscritto da oltre 80 artisti contemporanei, il 16 agosto 2016 ha presentato in piazza del Popolo a Roma, l’ultima sua maxi tela intitolata “Diamoci una mano”, lunga oltre 100 metri, poco più della prima maxi tela esposta lì nel ferragosto del 1986. In tanti hanno aspettato il soffio sulle candeline, durante la festa organizzata in suo onore, tra le immagini dei quadri e le foto storiche. Ma, per non smentirsi, non ha potuto fare a meno di dare il “tocco d’artista”, con la mano nella torta. Tanti auguri Carlo.
Testo/ Maurizio Ceccaioni, Foto/ di Maurizio Riccardi e Marino Paoloni/ Agr press