Haec est Italia diis sacra (Questa è l’Italia sacra agli dei), scriveva nel III volume di Naturalis historia, Plinio il Vecchio. Il nostro è un Paese che nonostante tutto continua a stupirci, per la morfologia, il patrimonio artistico – culturale, l’enogastronomia e, anche per la sua gente. Ma quando senti che si parla di posti lontani ignorando quelli vicini, qualche dubbio ti viene. Perché, anche se si visitano tanti luoghi d’arte, borghi antichi e località turistiche, il Bel Paese ci ammalierà sempre con qualche luogo, che annullerà le nostre certezze. Posti che, come giornalisti, si cerca di raccontare ai lettori, magari stimolando la loro fantasia per farci una vacanza. È passato un anno dalla mia ultima visita in Puglia: troppo per chi ama viaggiare per conoscere persone, storie, luoghi e scriverne. Tuttavia i giorni sono ormai scanditi da quell’orologio che si chiama pandemia e che, comunque sia definito, questo “virus”, ha segnato una profonda dicotomia tra ieri e oggi: una “Spada di Damocle” appesa su un domani sempre più incerto. Un ospite indesiderato che ha lasciato pochi i momenti felici nella nostra agenda quotidiana. Uno di questi è il recente Press Tour riguardante al programma ‘Puglia Fesr – Fse 2014/2020: Il futuro alla portata di tutti’. Un viaggio stampa che ci ha portati a Carovigno, la “Città della ‘Nzegna” e del Castello Dentice di Frasso. In quel Salento laborioso dalla storia millenaria, e quando l’oro verde di Puglia si materializza nei frantoi. La provincia è quella di Brindisi, città importante nella storia italica, poi visitata con “altri occhi” a fine viaggio, grazie ai qualificati accompagnatori, che ci hanno condotto alla scoperta di un percorso storico/culturale ad ampio spettro.
Brindisi e Carovigno, tra modernità, storia e tradizione
Il tempo è bello e la temperatura gradevole. Con me una collega incontrata in treno e alla stazione di Brindisi c’è Cosimo, che sarà il nostro “Virgilio al volante”. Si va verso Nord sulla strada statale 379 e il viaggio attraverso la Valle d’Itria dura circa trenta minuti d’auto; una grande spianata di ulivi ci ricorda che è un importante centro di produzione d’olio d’oliva. Il mare è sulla destra e, verso Torre Santa Sabina si volta a nordovest per la strada provinciale trentaquattro, tra mandorleti e filari d’uva: davanti a noi le Murge.
Carovigno, comune con oltre 17 mila abitanti, è uno di quei borghi di questa terra di Puglia, agricola e industriale, enogastronomica e turistica, ma talvolta poco conosciuta. E dall’alto dei suoi 170 metri s.l.m, si vede la valle, con le fenditure delle ‘lame’ che portano le acque meteoriche verso il mare, tagliando scogliere calcaree e le spiagge che formano la sua Marina, distante 5 km. La Puglia, caleidoscopio di culture, è stata attraversata da tanta gente specie tra VI e XIX secolo, quando conobbe regnanti d’ogni tipo, dai Bizantini ai Borboni. Storie di conquista ma d’emigrazione, intrecciate con un recente passato, quando ad agosto 1991, 20mila disperati albanesi approdarono a Bari. La stessa rotta seguita verso l’XI secolo a.C. dagli Iapigi, popolo venuto dall’altra sponda dell’Adriatico dividendosi in tribù: nel nord i Dauni, in centro i Peucezi e nel Salento, i Messapi, che tra le varie città, fondarono anche Carbina, l’attuale Carovigno.
Strutturata come le polis greche con l’Acropoli in alto, fu distrutta nel 473 da Taras (Taranto), colonia spartana dell’VIII secolo a.C., e nella ricostruzione (VI-III sec.) si crebbero le difese con tre cerchie di mura. A ridosso dell’ultima, nei pressi del Cimitero monumentale lungo via Santa Sabina, c’era la necropoli (IV-II sec.). Un’area con testimonianze del passato, dove oltre a un enorme ulivo plurimillenario, furono scoperte alcune tombe a fossa e a cassettone con gli arredi funerari.
Gli accessi al cuore fortificato di Carovigno
Guardando Carovigno da Google Earth, si percepisce come avrebbe potuto essere la struttura cittadina con le cerchie murarie. Attorno all’area fortificata del borgo medievale (oppidum latino) e il Castello Dentice di Frasso, le mura aragonesi di forma ellittica e quattro torri, di cui due quadrate (Torretta del Civile o Torre dell’orologio e Torre Giranda) e due rotonde (Torre Delli Brandi e Torre del Prete). Torri in parte visibili, come quella dell’Orologio accanto a Porta Brindisi, o inglobate nel tessuto urbano/artigianale. Si entra nel borgo per due accessi principali: Porta Ostuni da nordovest, collegata alla torre quadrangolare del Castello, e Porta Brindisi da sudest, in fondo in via Cattedrale, formata da due porte di epoche diverse. Oltre a questi, altri due varchi sempre riguardanti in Corso Vittorio Emanuele, permettevano solo il transito pedonale: l’Arco del Prete e la vicina Purticedda, in via Montenero. A Carovigno ci sono cinque chiese più antiche. La più importante è la Cattedrale (XIV-XV sec.) di Santa Maria Assunta in Cielo: la ‘Chiesa Matrice’. Ha tre navate, ma nel tempo ha subito molte trasformazioni, tanto che il grande rosone sull’originaria facciata sopra l’ex ingresso su via Raffaello Sanzio è seminascosto dalle case. Dietro l’ingresso murato c’è l’altare della Madonna di Belvedere, protettrice del paese, come i santi patroni, Filippo e Giacomo.
La Nuova Chiesa Madre, dedicata a Maria Santissima di Belvedere, si nota subito per i diversi stili architettonici che la distinguono, dati dai tempi lunghi per la costruzione (XVIII-XX sec.). Sta ai piedi del Castello, dopo i giardini pubblici su via Giacomo Matteotti, dove una targa su una grande roccia ricorda Leonardo Santoro, uno studente 19enne di Carovigno vittima di mafia, assassinato per vendetta trasversale il 19 settembre 1994 presso la casa di campagna.
La Chiesa di Sant’Anna è per me tra le più belle. Realizzata tra il XVII e XVIII secolo in stile romanico, si trova accanto al Castello Dentice di Frasso, di cui per anni ne è stata la cappella. Sempre nel rione Terra c’è la Chiesa di Sant’Angelo (XVI sec.), dedicata all’arcangelo Michele. Un edificio semplice tra le case bianche, notato solo per il piccolo campanile. La Chiesa del Carmine (XVII sec.), in Piazza ‘Nzegna, all’apparenza molto spoglia, aveva gli interni affrescati con opere del XVIII secolo, poi (criminalmente) ricoperte in altri tempi, con dell’intonaco.
Camminare nel borgo antico, sembra di ritornare a quando le favole si leggevano sui libri. Vicoli stretti lastricati in pietra, archi tra le case bianche di calce ingentilite con piante. Coorti e cortili con oggetti folkloristici appesi alle pareti o piccole giare in mostra sulle loggette. Poca e discreta la gente in giro, ma l’ambiente attorno è caratterizzato da evidenti segni della creatività popolare. In un piccolo slargo dedicato alla violenza sulle donne, una panchina rossa riporta la frase: «La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci». Nomi di donne sulla parete, la fontanella di fronte e una vecchia bicicletta come arredo. Su un panno bianco esposto in via Sant’Angelo, il senso della vita è racchiuso in una frase di un celebre poeta inglese del XVIII secolo, Joseph Addison: «Le cose più importanti per essere felici in questa vita, sono l’avere qualcosa da fare, qualcosa da amare e qualcosa in cui sperare».
Girato l’angolo, il bagliore del sole si riflette sulle facciate e illumina una scena d’altri tempi: i fantocci di un uomo e una donna seduti sulla soglia di una casa, ricordano gli antichi mestieri. Più in là, scale in pietra adornate con i fiori e due gatti incuriositi che ci vengono incontro, come a dare il benvenuto ai nuovi arrivati. Scendendo per via Archi del Prete, stradina caratterizzata da una serie di archi e un sottopasso verso la fine, si accede al cuore della movida notturna carovignese.
Le vie del corteggiamento e della ‘Nzegna
Corso Vittorio Emanuele II, meglio conosciuta come la via dello struscio, è rinomata per i tanti bar-bistrot, ristoranti, caffetterie, bracerie e pizzerie di ottima qualità che, statene certi, non vi faranno alzare da tavola insoddisfatti; in fondo, la piazza principale, cuore della tradizione folkloristica cittadina, denominata Piazza ‘Nzegna. Delimitata dal complesso architettonico formato dalla Chiesa del Carmine e dall’ex convento dei Carmelitani, oggi Palazzo di Città, in questa piazza il lunedì e martedì dopo Pasqua si celebra il rito della Battitura della ‘Nzegna, cioè lo spettacolo degli sbandieratori, con la bandiera dedicata alla Madonna di Belvedere.
Quella della ‘Nzegna è la festa più importante del paese. Nata da una tradizione popolare fatta risalire all’XI secolo, la Battitura avviene a conclusione di un rito religioso legato al culto mariano della Madonna di Belvedere. Tutto inizia con un corteo di figuranti in abiti storici, associazioni di sbandieratori, cittadini e autorità, che parte in processione dalla Cattedrale con la statua della Madonna portata a spalla lungo le vie principali. Realizzata con una sapiente sceneggiatura e l’abilità dei “battitori”, la festa rievoca una leggenda legata a storie simili ma diverse nei personaggi, che si sarebbe svolta in una grotta dove oggi sorge il Santuario di Santa Maria di Belvedere, a 4 km dal paese e luogo di frequenti pellegrinaggi. Anche qui, il sabato successivo si ripropone nel piazzale antistante alla Battitura della ‘Nzegna.
Da non dimenticare anche la Festa della Madonna dell’Uragano, con inizio la prima domenica d’agosto, sempre in onore della Madonna SS. di Belvedere, che protesse l’abitato da un uragano che aveva già distrutto le campagne sottostanti. Si celebra dalla metà del XIX secolo e il 17 agosto, giorno dell’uragano, si tengono l’omonima fiera e la processione nella serata.
I simboli di Carovigno
Anche se il Castello Dentice di Frasso (di cui tratteremo in altro articolo), dominando il paese è considerato un emblema cittadino, i simboli principali sono altri. Sulla porta d’ingresso del Municipio, in alto c’è lo stemma in pietra del 1929, che rappresenta la versione storica di quello di Carovigno. Si tratta di uno scudo in altorilievo con dentro un delfino cavalcato da un putto che suona la cetra, e sotto la scritta ‘Car Brun’, a ricordare il sodalizio tra Carovigno e Brindisi.
Il delfino, presente in tanti simboli araldici, era considerato l’animale sacro al dio greco Poseidone o al romano Nettuno. I richiami simbolici nello stemma di Carovigno lo legano a una delle tante leggende sull’amicizia fra un delfino e un ragazzo. Come nel racconto dello storico greco Erodoto (V sec. a.C.) sul musico Arione, che viaggiando su una nave stava per essere ucciso da marinai malfattori, ma si gettò in mare e fu salvato dai delfini richiamati dal suono della cetra.
Sia gli sbandieratori (battitori) della ‘Nzegna che il delfino, cavalcato dal putto con la cetra, sono i due simboli principali Carovigno, presenti con due statue negli accessi da San Vito dei Normanni e da Ostuni.
Ci vuole poco per scoprire la faccia migliore del paese, che trovi subito accogliente per il clima, lo splendido mare poco distante e la buona enogastronomia dai sapori autentici, grazie ai prodotti a “km zero” utilizzati nella ristorazione. Facilmente raggiungibile anche via treno o bus sia da Bari che Brindisi, è un posto che t’invita a fermarti e, specie se vieni da una grande metropoli, a riflettere sul concetto di qualità della vita.
Per le strutture ricettive non c’è che l’imbarazzo della scelta, perché nel raggio di 4 km dal centro se ne trovano oltre una decina per tutte le tasche e la qualità dell’offerta, tra B&B, hotel, affittacamere (guest house), residence e agriturismi. Alloggi classici con un’ampia gamma di servizi e standard moderni, per offrire al visitatore un soggiorno piacevole. Magari in antiche masserie o in un ex convento, come nella ‘Dimora Sant’Anna’, un “albergo diffuso” in pieno centro di fronte al Castello, con muri spessi e soffitti a volta, dove siamo stati ospiti durante il press tour.
Tantissimi sono i locali per la ristorazione e di ottima qualità, anche se tra quelli testati da noi, per motivi di spazio, ne posso ricordare solo alcuni. Come Il Rifugio del Principe, in via Matteotti 85, trattoria tradizionale gestita da Giuseppe e la moglie. Qui consiglierei due primi che ho molto gradito: pasta Foglie d’olivo con sugo di funghi cardoncelli (caratteristici delle Murge) e Orecchiette con cime di rapa e alici. Chiaramente sono paste “fatte in casa”, con farina Senatore Cappelli macinata a pietra e senza conservanti. Altro posto è l’Osteria Casale Ferrovia, un ex frantoio oleario presso la stazione ferroviaria di Carovigno, ben ristrutturato dai titolari, Giuseppe Galeone e Maria Lanzilotti. L’ambiente è arredato con gusto e ti fa sentire come a casa. La cucina, più ricercata e creativa, coniuga la modernità dei piatti con sapori della tradizione. Ottima cena nella “Pizzeria Bistrot Bellavista”, in Corso Umberto I, 205 e pure nel ristorante “Al Boschetto”, poco più avanti. In via Regina Margherita 1, troviamo “Al Caminetto”, famoso per le grigliate di pesce misto e nella Masseria N’zeta, ristorante e B&B al km 2 della strada statale, 16, dove oltre che mangiare si può anche pernottare.
Nei dintorni
Anche se Carovigno ha molto da offrire al visitatore, un soggiorno qui potrebbe essere un’ottima idea anche per altre escursioni verso le attrazioni culturali del circondario. Come la contrada marinara di Torre Santa Sabina con le sue spiagge di sabbia bianca, o la Riserva Naturale di Torre Guaceto, con il centro di recupero delle tartarughe marine. Poi, sempre poco distante, c’è il Parco naturale regionale Dune costiere da Torre Canne a Torre San Leonardo, con i numerosi habitat naturali, le masserie storiche e i frantoi ipogei lungo la via Traiana, oltre ai tanti itinerari della Ciclovia Adriatica per gli appassionati di bici. Affacciandosi da Carovigno verso nordovest, non si può fare a meno di notare Ostuni, interamente ricoperto da costruzioni bianche su un colle proprio di fronte. Qui c’è pure il Parco archeologico e naturalistico di Santa Maria D’Agnano, dove in una grotta fu trovato lo scheletro di una donna incinta di 27mila anni fa. Di luoghi da scoprire soggiornando a Carovigno ce ne sono tanti, come ad esempio, Alberobello, raggiungibile a meno di un’ora d’auto, coi suoi trulli (58 km) o nell’antica città romana di Egnazia (40 km), come anche allo Zoo Safari di Fasano (40 km).
Info: Carovigno da visitare e vivere
Per chi fosse interessato, si consiglia la guida turistico culturale tascabile, curata da M. Barbaro, G. Lanzillotti e P. Zurlo, ‘Carovigno città della Nzegna’, Edizioni Grifo 2010, euro 6.
Testo e foto/Maurizio Ceccaioni