Le tribù Chin vivono in un’area del Myanmar al confine con Bangladesh e India orientale, identificabile con gli stati del Rakhine e del Chin. L’isolamento di questa regione dovuta alla presenza, sia ad ovest che ad est, di catene montuose alte oltre 3.000 m, ha fatto si che questa porzione di territorio svolgesse un ruolo secondario nella storia della nazione, subendo maggiori influenze provenienti dalla vicina India che non dalla Birmania. La storia, gli usi e i costumi di queste popolazioni conservano quindi un carattere unico rispetto a quella del resto del paese. Una delle tradizioni più peculiari, quella che colpisce maggiormente i pochi viaggiatori che la visitano, risulta quella del tatuaggio facciale sul volto delle donne.
Un viaggio alla scoperta delle popolazioni Chin, attraverso il selvaggio stato del Rakhine, ci porta a scoprire un aspetto remoto e quasi sconosciuto del Myanmar. Dalla capitale Yangon si può raggiungere in volo Sittwe, una delle rare città del Rakhine, capoluogo nel delta del fiume Kaladan e porto peschereccio, dove il tempo sembra essersi fermato al 1946, quando se ne andarono i colonizzatori inglesi. Da qui con navigazione fluviale si raggiungono, in un suggestivo paesaggio tra risaie e noci di cocco, i resti di Mrauk-U, ultima grande capitale del regno Arakan fondata nel 1430 da un saggio re in una posizione strategicamente ideale, solcata da parecchi canali. La città crebbe prospera e si arricchì di importanti edifici per tre secoli e mezzo, tanto che la sua fama giunse anche in Europa, fino alla conquista da parte di un re moghul indiano prima e di uno birmano poi. E un devastante terremoto nel 1784 fece il resto. Tra i suoi 70 monumenti da non perdere il Tempio delle 80 mila immagini, costruito nel 1535 simile ad una fortezza, tra i meglio conservati, la pagoda di Sakya Mannaung e di Yadana Mannaung, il tempio di Koe Thaung, la pagoda di Laung Brouk e la libreria Pitakat. La stagione in cui si consiglia la visita è quella che va da ottobre a febbraio, in quanto nei mesi a venire il clima risulta essere eccessivamente caldo – umido e poi ha inizio la stagione delle piogge monsoniche.
Da Mrauk-U risulta possibile raggiungere, con una navigazione lungo il fiume di circa 3 ore, i villaggi Chin in cui vivono le ultime donne tatuate. Segno distintivo delle donne Chin, il tatuaggio facciale fu proibito dalle autorità birmane già a partire dagli anni ’60. La pratica, proprio a dimostrazione della scarsa influenza che il governo centrale aveva su queste popolazioni, fu interrotta solo successivamente, non tanto per l’imposizione statale, quanto per desiderio delle stesse donne Chin delle nuove generazioni. Oggi le donne anziane sopra i 60 anni sono le uniche che portano ancora la tradizione del tatuaggio del viso, e sono considerate come le ultime del loro genere.
Chi ha l’occasione di visitare queste regioni del Myanmar avrà quindi l’opportunità di vedere l’ultima generazione di donne che testimonia questa antica usanza. Aldilà delle ragioni per cui la tradizione si è sviluppata, l’interesse verso questa pratica è dovuta soprattutto al fatto che le donne tatuate sul viso dello stato di Chin raccontano una cultura diversificata e distintiva del Myanmar. Il governo riconosce infatti 135 tribù etniche, le quali parlano 135 lingue diverse e il popolo Chin si presenta come uno dei gruppi numericamente maggiori. L’antica tradizione del tatuaggio sul viso voleva che nelle tribù della provincia di Chin il volto di ogni singola giovane donna venisse tatuato con disegni e forme estese su tutta la superficie del viso. Le ragioni da cui si origina questa usanza appaiono incerte.
Molte sono le leggende e i racconti diffusi attorno a questa tradizione, in realtà sembra che questo uso risalga al periodo medioevale quando, come in molti altri paesi feudali in Asia, era d’uso per le popolazioni Chin che i reali potessero sposare chiunque volessero in qualunque momento. Un principe di un paese confinante, poteva quindi presentarsi e prendere una ragazza in moglie per puro capriccio, senza alcun preavviso né per la ragazza né per la sua famiglia. Per le popolazioni Chin era difficile difendere le giovani ragazze da queste continue angherie, anche perché qualunque forma di ribellione sarebbe stata contrastata del potere dei reali con torture e punizioni. Dovettero quindi cercare una soluzione che consentisse loro di proteggere le ragazze, senza indurre le famiglie sovrane a ritorsioni. E fu così che i genitori Chin, nel tentativo di proteggere le loro figlie, iniziarono a tatuare il viso delle bambine. Il tatuaggio veniva disegnato sul volto delle ragazze tra gli 11 e i 15 anni e richiedeva almeno un giorno per completarlo. Col tempo questa tradizione che doveva rendere le donne indesiderabili, ha iniziato ad avere l’effetto opposto. I tatuaggi facciali completi sono diventati segni distintivi di bellezza per ogni donna Chin della vecchia generazione. Ogni area dello stato Chin possiede un modello di tatuaggio distinto ed è quindi solitamente possibile determinare da dove viene una donna dal disegno del tatuaggio sul suo viso.
Ci sono sei modelli di tatuaggi facciali nella regione Chin e ognuno differisce dall’altro a seconda della tribù. Le tribù M’uun, M’kann, Yin Du, Nga Yah, Uppriu e Dai presentano simboli e motivi a contrasto che vengono usati durante il tatuaggio. Ad esempio, le donne di M’uun sono riconoscibili per i tatuaggi dalle loro grandi forme a D, mentre le tribù Yin Du hanno lunghe linee verticali distinte che attraversano tutto il loro viso. I tatuaggi venivano realizzati con diversi metodi. Generalmente la tecnica più comune consisteva nell’utilizzare una spina di canna per applicare sul viso un liquido appositamente preparato. Questo liquido era ottenuto combinando la corteccia di pini verdi, fuliggine e foglie di fagioli. Dopo aver applicato il liquido, il viso doveva essere lavato per due giorni, e se i segni non erano abbastanza chiari dopo questo periodo, allora il processo doveva essere ripetuto di nuovo. Il processo risultava estremamente doloroso, anche perché spesso doveva essere ripetuto diverse volte prima di essere completato.
L’operatore torinese “Explorando” (tel. 011 540 520, www.explorandoviaggi.it), specializzato in itinerari di interesse etnografico e naturalistico in tutto il mondo, propone nell’estremo ovest del Myanmar viaggi-spedizione dedicati alla conoscenza dei villaggi abitati dagli Arakan, dai Chin e da altre popolazioni birmane, in territori spesso privi delle più elementari tracce di civiltà, con soluzioni ricettive anche spartane, ma di estremo fascino ed interesse. Partenze individuali esclusive con guida locale di lingua italiana e accompagnatore specializzato dall’Italia per piccoli gruppi.
Testo/Monica Guariento – Foto/Tom Taccardi – EXPLORANDO