Il territorio situato a cavallo del confine tra l’India Nord-orientale, l’estremo sud-ovest del Myanmar (l’antica Birmania) e il Bangladesh, impropriamente chiamato Nagaland, risulta abitato da una serie di etnie assai diverse tra loro, ivi immigrate da territori dell’Est in epoche lontane, piuttosto interessanti per i loro costumi ancestrali che sono riusciti a mantenere abbastanza integri fino ad oggi, grazie soprattutto all’isolamento rappresentato dalle alte montagne – ultime propaggini della catena himalayana – dove vivono, lontani da strade e da ogni forma di civiltà. La più famosa risulta costituita dai Naga, i quali debbono la loro fama agli abiti straordinariamente colorati, esibiti in occasione di molteplici feste, di essere decorati in ogni parte del corpo, viso compreso, da vistosi tatuaggi, e infine per il non trascurabile fatto di essere stati fino a poco tempo fa– prima della conversione al cattolicesimo – dei feroci cacciatori collezionisti delle teste dei loro nemici, con cui usano ancora adornarsi.
I Naga sono un un popolo fiero, autosufficiente e indipendente, che si è sempre opposto strenuamente ad ogni dominio estraneo. Vivono solidali ed egualitari di agricoltura (soprattutto riso, mais e ortaggi) praticata su terreni comuni terrazzati, allevamento, caccia e pesca entro villaggi multifamiliari sulle cime delle colline, in capanne di legno su palafitte adorne di sculture e trofei, guidati da un capo e da un consiglio di anziani. In genere monogami, non possono sposarsi all’interno del clan e le donne godono di pochi diritti; dopo la pubertà i figli vanno a vivere in dormitori comuni, separati per sessi, dove saranno istruiti al lavoro e alla vita sociale. La fedeltà diventa un valore soltanto dopo il matrimonio e per comunicare tra villaggi usano ancora grossi tamburi a forma di canoa rovesciata. Gli uomini vestono un semplice perizoma appeso ad una cintura vegetale, viso e corpo vistosamente tatuati e con piercing, braccialetti d’avorio a braccia e gambe e complicati copricapi con denti di cinghiale e piume di uccelli, le donne – piuttosto attraenti – gonne corte e camicette colorate di cotone, appariscenti scialli di lana di pecora essiccata, in testa una striscia colorata di stoffa con perline, parecchie collane e gioielli. Crani umani dei nemici uccisi decorano ancora le abitazioni perché i Naga, fino a tempi relativamente recenti, da animisti ritenevano che l’anima e le forze vitali risiedessero nella testa. Vantano una spiccata passione per la danza, la musica e il canto, espressioni che esibiscono ad ogni occasione e in particolare nei numerosi e frequentatissimi festival legati al ciclo agrario, momenti di esibizione, di socializzazione e di rafforzamento dei legami con gli altri clan, ma anche di autentico e genuino folclore. Sono anche artisti molto espressivi, soprattutto nella produzione di tessuti con disegni originali, assai apprezzati anche dai moderni stilisti di moda.
Altre popolazioni decisamente interessanti sono quelle degli Arakan e dei Chin, abitanti lo stato costiero del Rakhine, nel sud-ovest del Myanmar affacciato sul golfo del Bengala e confinante con India orientale e Bangladesh, zona negletta e aperta al turismo solo negli ultimi anni e con alcune limitazioni. L’isolamento di questa regione, dovuta alla presenza di catene montuose alte oltre 3.000 m, ha fatto si che svolgesse un ruolo secondario nella storia della nazione, subendo maggiori influenze provenienti dall’India che non dalla Birmania. Come nel resto del paese, la popolazione costituisce un vero caleidoscopio di etnie, con origine, provenienza, storia, lingua, costumi e stili di vita differenti. Gli Arakan, discendenti da mercanti e marinai indiani qui approdati nell’VIII° sec. fondando i primi regni indu-buddhisti, oggi sono contadini o pescatori che si dichiarano i più ferventi buddhisti del sud-est asiatico, costruttori di splendidi templi in stile bengalese. Qui le lancette dell’orologio sembrano essersi fermate, la vita scorre lenta e la calma regna ovunque sovrana. Si tratta di un popolo puritano e moralista, con uno stile di vita semplice e rigoroso, dove parecchi sono vegetariani e pochi bevono alcool, tutti si sposano vergini, illegali prostituzione, omosessualità e droga; in compenso donne anche assai anziane fumano pipa e sigari enormi. Tutti, uomini e donne, indossano il longyi, una specie di gonna lunga che costituisce l’abito nazionale. Vivono in perenne conflitto, anche armato, con il governo centrale e con la minoranza bengalese e musulmana, costretti spesso a riparare nel confinante Bangladesh.
Da non perdervi le monumentali rovine di Mrauk-U, uno dei siti archeologici più suggestivi della penisola indocinese. Più a nord le donne delle tribù Thet portano infilati nei lobi delle orecchie dei bastoncini d’argento, spessi più di 1 cm, come protezione dai demoni. Nelle fitte foreste settentrionali vivono leopardi, cervi, scimmie, cinghiali e orsi, lungo i fiumi e le coste formazioni di mangrovie popolate da coccodrilli e uccelli acquatici. A nord si estende, ai confini con l’India di nord-est, il montuoso stato di Chin, di difficile accesso per mancanza di strade, di cui si sa poco anche perché interdetto agli stranieri fino a pochi anni fa. Sappiamo che a metà del 1500 fu conquistato dai Birmani e a fino 1800 dai Britannici; l’indipendenza solo nel 1974. E’ abitata dai Chin, popolo tibeto-birmano migrati dalla Cina nell’VIII° sec., un tempo animisti e oggi in maggioranza cristiani. Il loro isolamento li ha salvati dalle dominazioni medievali di Bagan e di altri regni birmani; valorosi guerrieri, hanno combattuto con l’esercito coloniale britannico e oggi godono di autonomia dal governo centrale. Vivono di una misera agricoltura, con forte emigrazione.
L’operatore torinese “Explorando” (tel. 011 540 520, www.explorandoviaggi.it), specializzato in itinerari di interesse etnografico e naturalistico, propone nell’estremo ovest del Myanmar un viaggio-spedizione di 14 giorni dedicato alla conoscenza dei villaggi abitati dai Naga, dagli Arakan, dai Chin e da altre popolazioni birmane, in territori spesso privi delle più elementari tracce di civiltà, con soluzioni ricettive anche spartane, ma di estremo fascino ed interesse. Unica partenza con volo di linea Thai Airways da Torino e Roma via Bangkok il 12 novembre 2017, guida locale di lingua italiana e accompagnatore specializzato dall’Italia, quote da 4.190,00 euro in doppia con pensione completa.
ByTerreIncognite – Foto Explorando