“Gjelder hele Svalbard”.“Valido per tutte le Svalbard”, recita il cartello stradale di pericolo con l’orso bianco su sfondo nero che vedrete un po’ ovunque quassù a Nord. D’altronde, con una popolazione di oltre 3.000 orsi polari e circa 2.800 umani, risulterebbe se non stucchevole almeno inappropriata un’abbondanza di “attenzione! attraversamento pedonale” o altri cartelli per primati. Ma si sa, chi decide di spingersi oltre il 78° nord di latitudine è sempre stato posseduto dal demone della gloria e della ricchezza, dei traguardi e della conoscenza, e dato che i tempi eroici di arpioni, fokker, zeppelin e treni a vapore sono finiti da un pezzo, voi non potete essere balenieri o minatori, tantomeno degli esploratori diretti al Polo Nord o alla ricerca del mitico passaggio a nord-est per la Cina. Ma curiosi, quello sì. Ecco perché l’orso bianco su sfondo nero non vi creerà alcuna preoccupazione, anzi probabilmente vi ecciterà. Perché prima di arrivare fin quassù, al caldo delle vostre case, l’incontro con l’orso polare l’avete già sognato e poi bramato, e ora qui, alle Svalbard, tutto si avvererà.
Per comprendere appieno cosa si nasconda dietro un’esperienza ecoturistica alle Svalbard, bisognerebbe abbandonare per un attimo l’immagine dell’orso polare e buttare la testa sott’acqua, proprio sotto il pack. Una rapida sbirciatina catalizzerebbe tutto il nostro stupore in un’unica parola: fitoplancton. Un’immensa distesa di alghe unicellulari che vivono aggrappate sotto il ghiaccio, fioriscono in primavera grazie al riapparire della luce, e innescano una rete alimentare marina che soddisfa in successione i piccoli copepodi (crostacei, parte dello zooplancton), merluzzi artici, l’avifauna marina, mammiferi terrestri e marini più o meno enormi, oltre a creature abissali che sembrano aver ingannato l’evoluzione e la morte (quello squalo della Groenlandia, Somniosus microcephalus, che può arrivare a 400 anni d’età). Ecco allora che il vostro Polar Bear Watching dipende dall’esistenza di microscopiche alghe, a loro volta influenzate da un delicato groviglio di variabili e dinamiche macroecologiche su scala planetaria (correnti a getto, livello di carbonato nei mari, effetto albedo, global warming…), la cui instabilità potrebbe tra pochi decenni portarvi fin quassù per osservare non più gli orsi polari ma i nuovi predatori apicali, le orche.
Per ora tuttavia le Svalbard rappresentano il posto migliore al mondo (e il più accessibile) per l’osservazione prolungata, ravvicinata e prevedibile dei principali taxa di vertebrati adattati alle condizioni estreme polari. In crociera, si intende. In agosto, su una (quasi) rompighiaccio (nave di classe 2, in grado di spaccare fino a due metri di ghiaccio), con ripetute escursioni giornaliere in Zodiac e a terra: solo in queste condizioni avrete un’ottima possibilità di circumnavigare interamente l’arcipelago, di spingervi persino oltre l’81esimo parallelo nord fino al pack e di lasciarvi incantare da orsi, volpi artiche, renne delle Svalbard, trichechi, cinque specie di foche e dodici tra balene e delfini, oltre che da un’avifauna povera di specie (circa trenta specie) ma impressionante in termini di numeri, unicità e valenza ecologica.
L’itinerario accarezza luoghi che troneggiano primordiali sopra lo spazio e il tempo, corteggia nomi leggendari di esploratori, muta in continuazione la sua forma in traversate, esplorazioni, approdi, escursioni. Sentite che nomi: Krossfjorden, Phippsoya, Nordaustlandet, Kinnvika, Augustabukta, Barentsøya…quasi che anche la toponomastica trami a far smarrire l’orientamento, in un groviglio di consonanti ghiacciate sotto il sole perenne dell’estate artica. La traversata verso Krossfjorden e l’escursione in gommone di fronte al ghiacciaio, l’osservazione delle colonie di uccelli marini (sulle impressionanti scogliere di Kapp Fanshawe le Urie di Brünnich danno spettacolo, Alcidi il cui volo goffo è compensato dalla straordinaria abilità di sommozzatore, e la cui scommessa per la vita parte proprio da un tuffo da decine di metri verso il mare), la ricerca della volpe artica e della foca barbata, la navigazione a ridosso dell’imponente ghiacciaio Monaco, l’avvicinamento ai Trichechi a Sorg Fjord dove sono sepolti i cacciatori di balene del XVII secolo, il passaggio con i gommoni tra le lastre di ghiaccio presso Lomfjordshalvøya, l’escursione a piedi nel paesaggio scolpito dal ghiaccio a Torellneset o nella tundra di Sundneset per la renna delle Svalbard (un endemismo con straordinari adattamenti fisiologici al freddo), spiagge punteggiate di ossa di balena e tronchi d’albero trasportati dal mare fino dalla Siberia, spettacolari picchi montuosi…tutto alle Svalbard cercherà di stupirvi e ammaliarvi, per distrarvi dalla vostra ossessione per gli orsi. Persino la geologia qui ha dell’incredibile e ha molto da insegnare sulle dinamiche tettoniche e sui processi di sedimentazione: una colonna stratigrafica estratta qui ci fa viaggiare fin oltre il Precambriano, più di 570 milioni di anni fa, ma esistono prove di ripetuti episodi metamorfici di orogenesi datati oltre 1700 milioni di anni fa, e rocce di zircone estratte a Nord Ovest di Spitsbergen la cui genesi affonda a 3200 milioni di anni fa.
E infine gli orsi. Non vi preoccupate, perché se ne vedono in abbondanza qui, e non stiamo parlando di Ursus maritimus che si aggirano attorno a discariche (Alaska, Canada), ma di orsi polari come ve li immaginate, grossi, sul pack, orientati sulla proteina, con quello sguardo vacuo e un po’ sinistro. Certo, esistono anche individui che vivono sulle isole delle Svalbard, ma il fotografo, studioso o appassionato giustamente se li aspetta sul pack artico, ed ecco allora il perché della rompighiaccio, dell’andare così a nord in agosto, e più in generale di non accontentarsi mai di esperienze ecoturistiche approssimative che molti, troppi operatori (i quali spesso mancano di un background scientifico indispensabile per un viaggio il cui focus sono gli animali e l’ambiente!) furbamente vi propongono. Tra le 19 sottopopolazioni mondiali di orsi polari, quella del mare di Barens (che geograficamente include le Svalbard, la Terra di Francesco Giuseppe e la Novaya Zemlya) sembra passarsela piuttosto bene, con l’ultimo censimento (2015) ad opera del Norwegian Polar Institute che ha dell’incredibile: solo nelle Svalbard l’incremento negli ultimi 11 anni è del 42%, con 975 individui in ottimo stato pronti per essere fotografati, ammirati e raccontati durante il vostro viaggio. Questo nonostante il trend degli ultimi anni veda una regressione del ghiaccio estivo e autunnale, dando credito alle ipotesi che la demografia degli orsi dipenda in maggior misura dallo spessore del ghiaccio primaverile. State tranquilli, che vi riempiranno la testa di principi precauzionali riguardo all’orso: non si può seguire se decide di allontanarsi (un’eventuale fuga potrebbe compromettere il suo bilancio energetico e quindi la sua sopravvivenza in vista dell’inverno), lo sbarco a terra è vietato in caso di avvistamento dalla barca…e in tutti i modi a terra avrete i vostri angeli custodi, membri dell’equipaggio armati e pronti a sparare (razzi d’avvertimento principalmente, o calibro 30-06 tramite “high powered big game rifle” in casi estremi, che per nostra esperienza non sono mai stati usati negli ultimi 20 anni). D’altronde siete venuti fin quassù proprio per incontrare questi bestioni, non è vero?
L’operatore “Biosfera Itinerari” (tel. 347 30 42 700, www.biosferaitinerari.it), specializzato in turismo naturalistico con accompagnamento guidato da biologi ed etologi con l’intento primario dell’osservazione della fauna nel loro habitat, propone ad agosto 2017 una crociera di 12-13 giorni alle Svalbard con quote da 4.780 euro, voli esclusi.
Testo/Daniele Vivarelli – Foto/Virgilio Donati