Centinaia di preziosi codici manoscritti, con documenti preziosi come i Dialoghi di San Gregorio Magno e il famoso Codice Purpureo.
Con questi documenti unici, pane negli anni di centinaia di studiosi, ci sono anche chicche accessibili ai profani. Un esempio? Il modulo originale compilato per l’ingresso in convento di Maria Virginia De Leyva, la sventurata Monaca di Monza di manzoniana memoria. Fa invece parte dei carteggi della Fabbriceria del Duomo la lettera dell’arciprete che si lamentava perché Giuseppe Verdi, dopo avere vinto a Monza il concorso per maestro di cappella, non si è mai presentato.
Siamo a pochi chilometri da Milano, nella Biblioteca Capitolare di Monza, un centro culturale di straordinaria importanza sia per la quantità, fissato già negli anni Sessanta dallo studio di Belloni e Ferrari in 253 manoscritti, di cui ben 176 anteriori al 1500, sia per la qualità del materiale che conserva. Se il Duomo di Monza è noto soprattutto per il suo Tesoro e per la Corona Ferrea che custodisce, forse non tutti sanno infatti che la sua Biblioteca Capitolare, con quelle di Verona e Milano, è una delle più importanti d’Italia. La prima testimonianza relativa alla presenza di codici presso la Basilica di San Giovanni Battista è la lettera del 603 di Papa Gregorio Magno a Teodolinda, in cui viene menzionato il dono di un evangelario, di cui è tuttavia rimasta solo la celeberrima sovracoperta. A partire dalla sua fondazione, il complesso è stato un polo di intensa attività culturale e didattica, orientata principalmente alla formazione del clero, come conferma la presenza di codici destinati alle celebrazioni liturgiche e alla formazione scolastica.
Frequentata soprattutto da studiosi, la biblioteca ha una storia antichissima, legata alla presenza di uno scriptorium annesso alla chiesa fondata dalla regina dei Longobardi Teodolinda.
Accedervi non è facilissimo, poiché gli spazi sono stati ricavati nel sottotetto, sopra la sagrestia, cui si arriva attraverso una scaletta. Scordatevi però scenari degni degli amanuensi del “Nome della Rosa”.
Qui, sistemati in moderni armadi e cassetti a prova di tarli e temperatura e umidità costante, si trovano ormai quasi mille volumi, raccolti attorno al nucleo originario. Un patrimonio costruito nei secoli sia con testi prodotti nello scriptorium annesso alla primitiva basilica sia con opere provenienti da altre regioni dell’impero carolingio, che via via nei secoli si è arricchito di testi rari, 25 incunaboli, cinquecentine, diplomi, pergamene e volumi a stampa.
Lo sviluppo della biblioteca, accessibile su richiesta dei singoli studiosi e aperta alle visite guidate al pubblico più generalista in alcune particolari occasioni, è legato alla produzione, fin dal IX e X secolo, di libri liturgici per il culto perché Monza si celebrava con il rito patriarchino e non con quello ambrosiano. Tra gli scaffali è possibile trovare infatti messali ambrosiani corretti.
Fra i documenti più antichi spiccano i Dialogi di Gregorio Magno, la cui trascrizione risale all’VIII secolo: il Papa li donò con tanti altri pezzi del Tesoro del Duomo in originale a Teodolinda, la principessa dei Bavari che convertì al cattolicesimo i Longobardi, di cui diventò regina dal 589 al 616 dopo avere sposato Autari e, alla morte di costui, Agilulfo.
Tra le opere più rare e preziose c’è anche il Codice Purpureo, che si trova all’interno del Dittico dei due consoli, custodito nel Museo del Duomo. Piccola e maneggevole, la legatura moderna custodisce una rara pergamena purpurea con scritte in oro e capolettera in argento ormai annerito. Fa parte dei doni di Berengario al Duomo (IX secolo), col Reliquiario del Dente di San Giovanni , la Croce del Regno e i Dittici eburnei. Ma ancora più antichi sono i Pittaci, le etichette delle ampolline esposte al Museo, tutte donate da Gregorio Magno a Teodolinda (fine VI secolo, inizio VII). Sulle etichette, l’elenco degli olii raccolti nelle tombe dei martiri romani. Si cominciava allora a produrre la pergamena ma Papa Gregorio aveva possedimenti in Sicilia con coltivazioni di papiro, un materiale usato dalla Corte Papale nei documenti ufficiali fino al 1600. Accanto alla produzione locale, nei secoli la Biblioteca si arricchì di esemplari provenienti dall’area lombarda così come da regioni più lontane, tra cui la Bibbia di Alcuino, realizzata in epoca carolingia dallo scrittorio monastico francese di Tours, mentre sulla scia della donazione di Berengario altre ne seguirono e, in modo più consistente all’inizio dell’anno 1000, arricchirono significativamente la biblioteca.
Ma la storia della Biblioteca ha vissuto anche drammatiche avventure, come nel 1797 con l’arrivo delle truppe napoleoniche, cui vennero consegnati tutti i beni del Duomo: tesori custoditi in tre casse, di cui due di libri. Più di un centinaio di codici vennero portati alla biblioteca nazionale di Francia, per tornare indietro solo con il trattato di Vienna nel 1817. Un terzo degli incunaboli però non verrà restituito.
Si salvò invece il dono più prezioso arrivato a Monza grazie alla regina Teodolinda, la Corona Ferrea. L’antico diadema forgiato secondo una pia tradizione attorno a un chiodo della Crocifissione e diventato simbolo del Sacro romano impero, fu utilizzato da Napoleone per l’incoronazione. Poiché nel 1717 fu riconosciuta come reliquia da Clemente VII, i monzesi riuscirono a convincere i francesi della sua inamovibilità, quindi restò al suo posto.
Al rientro dalla Francia i volumi tornarono tutti rilegati in marocchino rosso con marchiata la N di Napoleone, che ne impose la lettera e la corona d’alloro in oro.
Su questi libri studiarono il patriarca Ballerini, passato per scrivere la sua opera legata a Sant’Ambrogio; Bartolomeo Zucchi; Francesco Frisi, ma anche semplici cittadini interessati al registro delle nascite matrimoni e morti, per ricostruire il proprio albero genealogico o stabilire eredità. Negli ultimi anni la Fondazione del Museo e Tesoro del Duomo ha curato i restauri e si è occupata di custodire questo patrimonio secondo i più moderni protocolli di conservazione.
Per informazioni e contatti 039 326383 oppure info@museoduomomonza.it
Testo/ Monica Guzzi – Foto/ Google immagini