Ipotizziamo che, suggestionati dalle espressive immagini degli stupendi disegni realizzati nel corso nella sua vita da Leonardo da Vinci, visibili in questi giorni di celebrazioni un po’ ovunque, vi possa sorgere spontanea la domanda su quale sia stato il primo disegno realizzato dall’uomo in assoluto, cosa che potrebbe anche coincidere con una legittima domanda sulla più antica forma d’arte, ammesso – e probabilmente non concesso – che i primi strumenti realizzati dall’uomo sbattendo assieme due pietre avessero soltanto una mera funzione pratica di utensili, e non anche una estetica affiancata alla prima, perché da sempre per l’essere umano – e non soltanto per i filosofi greci – il concetto di bello e di armonico doveva essere necessariamente associato anche a quello di buono. Dimenticate per un attimo le stupende immagini policrome di buoi e di cavalli selvatici, ritratti sulle pareti e sulle volte di parecchie grotte in Francia e Spagna : quelle sono troppo complesse e troppo recenti, appartengono al Paleolitico medio e superiore (42 – 15 mila anni) e sono state eseguite dal Neanderthal e dal Sapies europeo durante l’ultima glaciazione.
E dimenticate anche l’infinito numero di incisioni e di pitture rupestri presenti nel Sahara, ritraenti animali selvatici, uomini a caccia, guerrieri e mandrie di buoi al pascolo: quelle sono post-glaciali, neolitiche e relativamente recenti, appena 10 – 3 mila anni fa. Per la nostra ricerca occorre invece andare parecchio più indietro, in una fase assai più antica per la storia evolutiva umana, con la doverosa premessa che ciò che vale oggi potrebbe non valere più domani, dinnanzi a nuove scoperte capaci di rivoluzionare le nostre conoscenze.
Il primato spetterebbe ad un frammento di appena 4 cm di silcrite di colore bruno, una roccia piuttosto dura formata da sabbia e silice utilizzata dai nostri lontani progenitori per ricavarne strumenti litici, sulla quale sono stati disegnati con ocra rossa 9 tratti oggi difficilmente osservabili ad occhio nudo, con 6 linee che ne incrociano 3 perpendicolari a formare il simbolo di un rudimentale “cancelletto”, un hashtag antelitteram, tracciate con una pietra d’ocra rossa appuntita con un diametro di 1,3 mm. La pietra, decisamente liscia in quanto utilizzata in precedenza come macina – forse proprio per la triturazione dell’ocra – doveva far parte di un blocco più grande, dato che le incisioni tracciatevi si interrompono bruscamente su un bordo. Si tratta contemporaneamente del più antico disegno e della prima opera pittorica umana finora pervenutaci. Proviene da uno strato datato 73 mila anni or sono dalla Grotta di Blontos, importante sito preistorico a Cape Agulhas, 300 km ad est di Città del Capo in Sudafrica, caverna capace di fornire una straordinaria serie di reperti attestanti una frequentazione, seppur non continuativa, durata per ben 140 mila anni da parte dell’Homo sapiens prima che cominciasse la sua emigrazione dall’Africa per colonizzare piano piano tutta la terra.
A compiere la scoperta il prof. Christopher Henshilwooe, del Sout African Museum, il quale nello stesso strato ha individuato anche diverse conchiglie perforate e decorate con ocra, usate come componenti di collane e bracciali, mentre da strati più antichi datati 82 – 85 mila anni provengono pietre con linee geometriche incise. Da notare come oggi Blombos si trovi sulla riva dell’oceano, ma allora – per la forte variazione dei livelli marini dovuti alle glaciazioni – si trovava ad un centinaio di chilometri nell’interno. Da un’altra caverna sudafricana, la Diepkloof Rock Shelter, questa volta sulla costa occidentale a 150 km a nord di Città del Capo, scavata in un’arenaria quarzifera che ha restituito reperti compresi tra 130 e 45 mila anni fa, provengono invece le più antiche prove di simboli usati dall’ Homo sapiens su gusci di uova di struzzo, risalenti circa a 60 mila anni: si tratta di 270 frammenti singoli di 25 uova decorati con semplici righe intersecate ad angolo retto oppure obliquamente, con linee continue o tratteggiate, in un caso parallele.
Ma la scoperta forse più importante compiuta a Blombos risulta costituita da alcune conchiglie del genere abalone, usate 100 mila anni fa come contenitori per miscelare un colore naturale a base di ocra rossa brillante, colore ottenuto appunto mischiando ocra rossa, ossa polverizzate di foca, carbone, frammenti di quarzite ad un liquido, forse acqua, il tutto assieme a macine e pestelli, resti di un focolare ed ossa di animali. L’analisi di questi colori ci svela come l’uomo di 100 mila anni avesse cognizioni di chimica – organica e non – tutt’altro che secondarie ed elementari, come il fatto di sapere che le ossa di foca sono ricche di olio e di grasso, componenti fondamentali per ottenere una sostanza simile alle tempere attuali, così come sapevano pure che per stabilizzare la miscela occorreva aggiungere del carbone. In un’altra conchiglia è stato individuato un frammento di ghoethite, un minerale giallastro utilizzato forse per modificare il colore finale a base di ocra. Il laboratorio artistico più antico in precedenza, ma ovviamente privo di simili raffinate cognizioni chimiche, risaliva a 60 mila anni.
Secondo il prof. Francesco D’Errico, membro dell’equipe che ha studiato il disegno di ocra rossa, i reperti di Blombos sono indicatori di comportamenti creativi e di un sistema simbolico e culturali moderni, pur se vecchi di 100 mila anni. “Il disegno è un simbolo – afferma il paleo-antropologo – ed il simbolo testimonia la presenza del pensiero astratto. Gli uomini di queste epoche antiche avevano evidentemente già raggiunto questa importante tappa dello sviluppo”.
Info: South African Tourism, www.southafrica.net – info@sudafrica.aigo.it – tel. 02 66 99 271 –
Testo/Giulio Badini – Foto/Google Immagini