L’epopea della corsa all’oro in Alaska ha visto sulla scena personaggi di ogni grado ed estrazione. È poco noto che vi furono anche italiani che parteciparono alla grande roulette della fortuna sui campi auriferi. Fra questi, anche se quasi sconosciuto ai più, emerge la figura di un montanaro dell’Appennino Modenese la cui complicatissima vita è degna dei migliori romanzi di Jack London o Robert Service. Per tale ragione in questa sede prenderemo in esame solo l’avvenimento principale di una storia molto più complessa e circostanziata che condusse il nostro protagonista a scoprire l’oro dell’Alaska.
Parliamo di Felice Pedroni, nativo di Trignano di Fanano, che abbandonò le sue montagne per cercare l’avventura nel Nord Ovest americano. Lui, classe 1858, fuggì dalla miseria italiana per cercare fortuna per le vie del mondo. All’inizio approdò in Francia e non trovò di meglio che unirsi alle migliaia di disperati che cercavano un riscatto estraendo carbone in pericolosissime miniere a centinaia e centinaia di metri sottoterra. Poi, desideroso di un futuro migliore, nel 1881 raggiunse negli USA suo fratello maggiore Fabiano per lavorare, sempre a contatto col carbone, nelle grandi miniere dell’Illinois. Ma l’incombente epopea della “Conquista del West” divenne irresistibile e sulla scia di migliaia di emigranti al suo pari, si incamminò verso Ovest sull’onda delle notizie di favolose miniere d’oro e d’argento del Colorado e dell’Oregon. Di località in località, di miniera in miniera si spinse fino sulla costa del Pacifico, nello stato di Washington. Nel 1888, in un momento di difficoltà, fu costretto a scendere nelle viscere della terra per estrarre ancora una volta il carbone. Nella cittadina dall’evocativo nome di Carbonado si aggregò alle centinaia di minatori provenienti da tutte le parti del mondo. A Carbonado fece amicizia con alcuni connazionali, come i fratelli Giovanni e Francesco Dalla Costa di Pederobba coi quali ebbe ricorrenti avventure per parecchi anni. Come consuetudine tipicamente yankee i nomi stranieri venivano regolarmente storpiati, i Dalla Costa mutarono presto in Jack e Frank Costa, ugualmente Felice Pedroni divenne noto ai più come Felix Pedro e con quel nome sarebbe passato alla storia.
Nei 1893 iniziarono a circolare notizie su mirabolanti scoperte d’oro nei territori canadesi della Caribou Country nella British Columbia. Questo indusse i minatori di Carbonado ad organizzare una spedizione in quei luoghi. Il primo tentativo fallì, ma in seguito fu approntata una nuova spedizione diretta ancora più a Nord, verso le regioni subartiche di Yukon e Alaska dalle quali giungevano nuove notizie riguardanti importanti giacimenti auriferi. Felix Pedro e compagni pianificarono il nuovo viaggio che li avrebbe condotti a costruire una zattera e discendere il fiume Yukon per oltre 1000 km, fino alla cittadina di Forty Mile, campo base per chiunque volesse addentrarsi da Est verso i campi auriferi dell’Alaska. Così si formò un gruppo di cinque amici composto da Felice Pedroni, i fratelli Dalla Costa, Stefano Albasini e un certo Erspamer, di probabili origini sudtirolesi, che aveva già compiuto un viaggio in quelle regioni. Gli uomini si organizzarono al meglio delle loro possibilità. A Seattle vennero acquistati i cani migliori coi quali trainare le slitte e la quantità di viveri necessaria per affrontare il lungo cammino.
Il gruppo si imbarcò su un piroscafo diretto verso la cittadina di Juneau, primo punto d’appoggio per coloro che intendevano inoltrarsi fra le impervie regioni del Nord. A Juneau vennero completati i rifornimenti e le attrezzature, poi i cercatori salirono di nuovo su una nave per approdare infine a Skagway. Da qui imboccarono una pista lunga più di quaranta chilometri fino a Dyea, punto di partenza per le fatiche e i pericoli del Chilkoot Pass.
Felix Pedro e gli altri di Carbonado si trovarono così di fronte alla prima vera difficoltà del loro viaggio: la minacciosa salita al terribile passo Chilkoot, impresa obbligata per raggiungere Forty Mile situato alla confluenza fra il Fortymile River e lo Yukon, oltre mille chilometri più a nord. Due anni dopo il passaggio di Pedro e compagni, il 17 agosto 1896, fu scoperto l’oro sul Bonanza Creek, un piccolo tributario del torrente Klondike nello Yukon, e si scatenò l’omonima grande corsa all’oro. In questa epopea, mirabilmente raccontata nel 1925 da Charlie Chaplin nel suo film “La Febbre dell’Oro”, ebbe un ruolo fondamentale anche il Chilkoot Pass, come documentato dalle impressionanti immagini di uomini che, come formiche in fila indiana, arrancano nella neve fino alla cima.
Valicato il passo, Pedro e compagni raggiunsero il Lago Bennett, dove si fermarono per costruire una zattera, indispensabile mezzo per proseguire l’avanzata. Ebbe così inizio la lunga e pericolosa navigazione sul grande fiume. Vennero affrontate la stretta gola del Myles Canyon e le impetuose rapide Five Fingers e White Horse.
Dopo giorni e giorni di navigazione il quintetto approdò in un luogo dove c’erano alcune baracche, una sorta di minuscolo posto di frontiera. Il luogo, conosciuto come Louse Town (oggi non più esistente), era situato sulla sinistra del fiume Klondike, nel punto in cui esso confluisce nello Yukon. Essi decisero di sostare per qualche giorno a Louse Town per riposare e prepararsi all’ultima parte del percorso; se solo avessero immaginato quello che giaceva nel sottosuolo poche miglia più a monte, di sicuro il loro viaggio sarebbe terminato quel giorno stesso. Ma non era ancora tempo, sarebbero trascorsi ancora due anni e proprio di fronte a loro sarebbe sorta una nuova città: quella Dawson City, capitale della corsa all’oro del Klondike, che divenne leggendaria e riempì di sogni la mente di ogni cercatore d’oro dell’epoca.
Dopo altri giorni di navigazione sul limaccioso Yukon apparvero finalmente davanti ai loro occhi le prime case di Forty Mile, la meta tanto agognata. Qui i nostri cercatori decisero di dividersi e scelsero zone diverse dell’immenso territorio. Erspamer incontrò un amico e partì con lui, i due Dalla Costa proseguirono per conto loro, Pedro e Albasini puntarono ad ovest verso il Wade Creek, nel quale si diceva vi fosse oro in quantità.
Ma, come sempre, le cose erano tutt’altro che facili e i primi risultati furono piuttosto deludenti. Trascorsero così, fra torrenti sconosciuti, lande desolate e grandi delusioni otto lunghi anni. Felice Pedroni si era più volte unito temporaneamente ad altri cercatori e per molto altro tempo aveva lavorato da solo. Decidendo di spingersi ancora più a Ovest per esplorare la vasta regione del fiume Tanana, mostrò di possedere una fortissima tempra e tenacia, diventando uno dei migliori prospector dell’Alaska. Affrontò terribili disagi, privazioni, malattie e le inclemenze atmosferiche del Grande Nord. D’estate l’assalto delle zanzare era micidiale tanto da fare impazzire e mettere in fuga le mandrie di caribù, e i cercatori d’oro erano ininterrottamente tormentati da quel flagello.
In quegli anni un’altra cittadina si stava ingrandendo e assumeva un ruolo via via più importante come campo base per l’esplorazione della valle del Tanana. Si trattava di Circle City, situata più a nord rispetto Dawson City, Forty Mile e Eagle ma in territorio alaskano e quindi molto più comoda per raggiungere il Tanana.
Agli inizi del 1902 Pedro aveva una base fissa a Circle City situata sulle rive del fiume Yukon. Qui si associò a Tom Gilmore, un cercatore originario dello Iowa. I due, dopo aver investito tutti i loro magri averi in vettovaglie e attrezzature, partirono per raggiungere gli altipiani della regione del Tanana, costituiti da vastissime zone collinose solcate da innumerevoli piccoli torrenti. Trascorsero così in questa incessante ricerca un altro paio di mesi finché a giugno si presentò fatalmente il problema dei rifornimenti. Completamente senza denaro e ancora una volta coi viveri razionati i due amici si resero conto che avrebbero dovuto provvedere in qualche modo. Decisero così che uno dei due sarebbe tornato a Circle City allo scopo di ottenere fondi sufficienti per continuare le prospezioni l’inverno successivo, Tom Gilmore a questo punto lasciò Pedro da solo.
Passarono altre settimane, Felice Pedroni discese le colline prospicienti il Chena, uno degli affluenti del Tanana. Nel suo procedere incontrò diversi corsi d’acqua minori, in ognuno dei quali saggiò le ghiaie con la sua padella da cercatore. Le tracce di qualche minima pagliuzza d’oro lo incoraggiarono a continuare. Poi, giunse a un ruscello che fluiva lentamente a valle, qui infisse la sua pala e iniziò a scavare una buca nella ghiaia setacciando ogni volta i detriti estratti. Con sorpresa iniziò a brillare la prima sabbia aurifera, e man mano si scendeva in profondità la presenza d’oro si faceva più copiosa e interessante. Alla fine, anche senza aver raggiunto la roccia di base del torrente dove, com’è noto, si concentra la maggior parte del minerale aurifero, il cercatore ottenne una resa di circa quattro once, vale a dire più di un etto d’oro per una sola buca. Era martedì 22 luglio 1902 e Felice Pedroni si rese improvvisamente conto di aver finalmente fatto una scoperta che avrebbe potuto ripagarlo di anni e anni di fatiche e delusioni. L’oro così caparbiamente cercato e desiderato era lì, sotto ai suoi piedi, fra la ghiaia di quel torrentello che da quel momento si sarebbe chiamato Pedro Creek, che scorreva gorgogliando sotto il Pedro Dome, la “sua” montagna. Ogni cosa in quel posto avrebbe ricordato per sempre lui, Felice Pedroni, immigrato di Trignano di Fanano, Italia. Il Felix Pedro che ogni cercatore d’oro avrebbe nominato e sperato di imitare.
Il ritorno di Tom Gilmore da Circle City segnò l’inizio di grandi avvenimenti. Ben presto la notizia si diffuse a macchia d’olio e una quantità di cercatori giunse da ogni parte del paese. Anche i vecchi amici di Pedro ebbero le loro chances per diventare ricchi. Fra questi Stefano Albasini, ma soprattutto i fratelli Dalla Costa furono molto fortunati negli scavi delle loro concessioni. In pochi mesi sorse dal nulla un nuovo distretto minerario e fu fondata una nuova città, che chiamarono Fairbanks, e che sarebbe diventata la seconda per importanza dell’Alaska dopo Anchorage. Poi, anche la corsa all’oro del Tanana declinò lentamente, i solitari cercatori vennero sostituiti da imprese commerciali dotate mezzi e attrezzature tali da accaparrarsi i territori migliori.
Nel 1910 Felice Pedroni, provato da decenni di estenuanti fatiche, si spense in circostanze alquanto misteriose all’ospedale di Fairbanks. Era il 22 luglio, otto anni esatti dopo la sua esaltante scoperta.
Sono trascorsi 110 anni da allora e oggi, in quel mese d’estate, Fairbanks celebra la propria nascita con l’importante festa dei Golden Days, i giorni dell’oro, e Felix Pedro viene onorato fra i padri fondatori della città.
Per approfondire, vedi la biografia:
“Felice Pedroni alias Felix Pedro, un italiano sulle tracce dell’oro dell’Alaska”
di Claudio Busi – Edizioni Pendragon – Bologna 2012 – € 18,00
Testo/Claudio Busi – Foto d’apertura Le impervie montagne dell’Alaska Range –
Copy Roberto Sarti