Il Kunsthistorisches Museum di Vienna (www.khm.at), prestigiosa istituzione museale fondata nel 1891 dall’imperatore Francesco Giuseppe, vanta collezioni e capolavori in grado di coprire 5mila anni di storia. Di recente, fino allo scorso 28 aprile, il KHM di Vienna proponeva, tra il resto, la peregrina mostra curiosamente intitolataSpitzmaus Mummy in a Coffin and other Treasures, che tradotto significa Mummia di toporagno in sarcofago ed altri tesori. Un messaggio in codice ? Una racconto per bambini goticamente fantasiosi ? Macché ! Si trattava e si tratta – perché ora la mostra si trova sotto i riflettori della Fondazione Prada di Milano – di un’esposizione, alquanto sui generis, curata da quello stralunato e fanciullesco genio del regista Wes Anderson.
Infatti il cineasta di culto americano (Houston, 1969), insieme alla compagna anglo-libanese Juman Malouf (Beirut, 1975), dopo due anni di spaesati e spaesanti ‘raccattamenti’, assolutamente liberi, in giro per le sale, gli archivi e, soprattutto, il deposito di uno dei più notevoli istituti museali d’Europa e dopo anche ulteriori incursioni in due prospicienti musei (il Naturhistorisches Museum ed il Weltmuseum di Vienna), ha messo insieme la mostra–camera delle meraviglie Spitzmaus Mummy in a Coffin and other Treasures, cioè appunto Mummia di toporagno in sarcofago ed altri tesori, titolo che già, di per sé, è tutto un programma…
A partire dal protagonista del titolo, vale a dire il toporagno (scientificamente, il sorex araneus, secondo la classificazione di Carl Nilsson Linnaeus, 1758), un velenoso parassita delle piante, per finire all’allestimento, che ha in buona parte rispolverato, con rarefatta eleganza, i classici display museali del passato, cioè le bacheche vetrate, a tavolo o a parete, rivestite in velluto (verde, rosso, beige), uno dei tessuti con cui s’abbiglia di preferenza il regista iper-dandy. Wes Anderson, attualmente impegnato a girare il film The French Dispatch, in atmosfera anni Cinquanta, adAngoulême(nel Charente, Francia), è autore di pellicole di culto – le quattro forse più famose sono The Grand Budapest Hotel (2014), Moonrise Kingdome(2012),The Darjeeling Limited (2007) e The Royal Tenenbaums (2001), ricche di una bizzarra ma sofisticatissima estetica e di battute demenzial-intellettuali esilaranti – racconta, di sé, che avrebbe voluto fare l’architetto d’interni e che ora vive in un mondo tutto suo, “rimosso dalla realtà di cinque gradi”.
Possiede una spiccatissima predilezione per le ambientazioni molto precisamente dettagliate e per gli oggetti vintage,virati un po’ al barocco ed un po’ al balocco; di conseguenza ha accolto volentieri l’invito ad andare a rovistare, insieme alla compagna, l’illustratrice e costumista Juman Malouf, tra le 12 collezioni museali del KHM, per poi allestire una mostra decisamente anomala. Per due anni, la coppia – che di base vive a Parigi – si è data un gran da fare tra più di quattro milioni di dipinti, opere ed oggetti d’arte (anche applicata), parecchi anche inediti e mai esposti al pubblico, ammassati soprattutto nei depositi del museo – dove la stravagante coppia avrebbe potuto anche dormire da quanto li amava – selezionando i prediletti oggetti e/o opere in base a forme, colori e suggestioni, in sostanza ignorando le loro didascalie, in quanto a completo digiuno di tedesco.
Nella così ribattezzata “rassegna delle meraviglie”, espostadal 20 settembre al18 gennaio 2020 presso la Fondazione Prada di Milano (biglietto 10 euro), che l’ha co-prodotta e co-finanziata (Anderson è peraltro l’autore del Bar Luce, all’ingresso della Fondazione), vengono alla fine presentati 538 oggetti/opere fortemente peculiari: tra questi, oltre al toporagno, assurto ormai a celebrità globale dal suo secolare sarcofago egiziano, pure antichità greche, romane ed egizie, dipinti di antichi maestri, gioielli della corona,abiti d’epoca, animali in tassidermia, monete antiche, strumenti musicali, una selezione di oggetti dalla Camera dell’arte e del tesoro del Museo austriaco del Teatro e del Castello di Ambras ad Innsbruck. Come ha sottolineato Jasper Sharp, curatore per l’arte contemporanea del KHM, l’impresa è stata titanica, anche perché i cari Wes e Juman, scegliendo in modo assolutamente libero gli oggetti (di cinquemila anni come pure contemporanei) e mischiandoli tra loro, non si rendevano conto che quelli da loro selezionati, per essere conservati al meglio, richiedono temperature ambientali completamente diverse: da qui un lavoro immane per tecnici e conservatori museali.
Ma il soave divo hollywoodiano non si scomponeva, perseguendo imperterrito la sua provocante idea-sfida di “fare cose con gli oggetti” e, soprattutto, di “ri-configurarli” fornendogli, dalla sua prospettiva, anche un significato diverso. Ma, come spiega Mario Mainetti, curatore italiano della mostra in Fondazione, il tutto “costituisce anche una riflessione sulle motivazioni che guidano l’atto del collezionare e sulle modalità con le quali la raccolta viene custodita, presentata e vissuta”. Accompagna anche la mostra milanese un catalogo da collezionismo o libro d’artista (300 euro), con centinaia di disegni a matita di Malouf, dove Anderson tra il resto ha scritto: “Juman ed io non possiamo prenderci il merito del concepimento e della creazione di uno qualsiasi degli oggetti d’arte inclusi nella mostra. Eppure nutriamo l’umile aspirazione che la maniera non convenzionale con cui li abbiamo raggruppati e disposti possa in qualche modo influenzare, anche minimamente e banalmente, lo studio dell’arte e dell’antichità. Soprattutto tra le nuove generazioni”.
Info:Fondazione Prada, largo Isarco 2, 20139 Milano, tel. 02 56 66 26 12 – info@fondazioneprada.org–www.fondazioneprada.org– orari: lunedì, mercoledì, giovedì, 10–19, venerdì, sabato e domenica, 10–21
Testo/Olivia Cremascoli – foto courtesy Fondazione Prada e KHM