Da qualunque parte si arrivi ad Albi, la Cattedrale balza subito all’occhio. Situata su un’altura, sovrasta l’abitato e, in particolare, il centro storico, le cui antiche mura sono ormai state trasformate in viali, una sorta di circonvallazione capace di rendere più incombente il massiccio edificio: nel percorrere la sua parte bassa, il tempio e il contiguo castello appaiono veramente in tutta la loro imponenza. Questa gigantesca presenza del complesso sacro ha una sua ben precisa ragion d’essere. Nel marzo del 1208 papa Innocenzo III aveva deciso di risolvere in modo definitivo il problema dei Catari – una setta religiosa o meglio un’autentica Chiesa che, pur essendo stata generata nell’ambito della matrice cristiana, aveva sviluppato convinzioni proprie, certamente eretiche agli occhi di Roma – per togliere una pericolosa mina vagante sul cammino della Chiesa. Lo sviluppo dell’eresia catara, infatti, non si era limitato all’elaborazione concettuale, ma aveva generato un proprio “stile di vita” basato sul disprezzo per le cose terrene, e quindi centrato sulla povertà, una prassi certamente in contrasto con quella ufficiale. Oltretutto i Catari (che significa “buoni uomini”) si erano organizzati come una vera e propria Chiesa, con una propria gerarchia e strutture autonome.
Esauriti i tentativi pacifici di riportare i Catari sulla retta via (trent’anni di strategie studiate a tavolino non avevano dato alcun frutto), Innocenzo III indisse una vera e propria “crociata”, chiamò cioè a raccolta tutte le forze a sua disposizione e le lanciò contro i Catari, considerandoli quindi alla stregua di autentici infedeli. La guerra, protrattasi per quasi quarant’anni, fu sostenuta in primis dai nobili del nord della Francia, molto devoti al re ma, soprattutto, non volevano farsi sfuggire la ghiotta occasione di potersi annettere la regione della Linguadoca. La resistenza dei Catari – i quali per l’occasione furono battezzati “albigesi”- fu tenace e si protrasse fino al 1245. Il sud della Francia, la ricca regione del Midi colta e indipendente, fu messa a ferro e fuoco, i Catari non ebbero pietà per nessuno e gli scampati alle milizie trovarono la morte sul rogo.
Albi era all’epoca uno dei principali centri del Catarismo, favorita in ciò anche dalla posizione defilata rispetto alle principali direttrici geografiche, ma non ebbe scampo alla sorte comune. E i vincitori, per affermare la sacralità e la forza della vera dottrina, ritennero di edificare un tempio che per la sua imponenza avrebbe dovuto essere di monito nei secoli a venire. Di qui non solo le dimensioni della Cattedrale, ma anche i suoi contenuti iconografici ispirati drammaticamente al tema delle punizioni divine, pronte a colpire quanti si discostano dalla retta via. Tragico monumento quindi, ma di grande suggestione e bellezza, costruito con ingente dispendio di mezzi e dedicato a Santa Cecilia. I lavori di costruzione iniziarono nel 1282 e durarono oltre più di cent’anni, ma anche nei secoli successivi non mancarono altri interventi per renderlo ancor più rappresentativo e simbolico.
Oltre la Cattedrale. Di sicuro la Cattedrale da sola merita un viaggio ad Albi, in quanto essa consente di addentrarsi davvero in un percorso nel tempo e nella storia. Tuttavia la bella città episcopale riserva parecchie altre peculiarità, tanto da essere stata inserita nella prestigiosa Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco nella categoria dei beni culturali. Vanta quattro quartieri di origine medievale unici al mondo per la loro conservazione, importanti monumenti e siti storici quali, oltre la Cattedrale, il palazzo della Berbie (vescovado), un’altra imponente costruzione in mattoni rossi, anch’essa simbolo del potere religioso molto ben rappresentato dai vescovi dell’epoca; la Collegiata Saint Salvi e il suo chiostro, il Ponte Vecchio con quasi mille anni di storia alle spalle e le Rive del Tarn.
Poi ci sono anche musei come quello di Toulouse Lautrec, presso Palais de la Berbie, BP 100, 81003 Albi – Francia, www.musee-toulouse-lautrec.com; il Museo della Moda, nell’ex convento delle Annunziate, in rue de la Souque, 17, 81000 Albi, www.musee-mode.com; i giardini di palazzo della Berbie, e la rinomata gastronomia che annovera tanti prodotti tipici come il foie gras, il vitello del Sègala, il formaggio Roquefort affinato in grotte e, dulcis in fundo, la pasticceria tradizionale per la gioia dei più golosi.
Info: www.france.fr, www.albi-tourisme.fr
Testo/Anna Maria Arnesano – Foto/Ufficio del Turismo, Albi