Pirati dai nomi epici come il Barbarossa e Dragut, ex filibustieri diventati dogi delle repubbliche marinare, quintali d’oro seppelliti lungo la costa per timore delle incursioni saracene, battaglie nei mari, navi a vela, cannoni e una lunga lista di avventurieri, arcivescovi, re, capitani e, come vedremo alla fine di questa storia, anche un famoso scrittore.
Non siamo nei Caraibi del XVII secolo, ma nella costa ligure, a Genova, uno dei porti più importanti, trafficati e affascinanti della storia. Qui, il passato di Serenissima repubblica marinara della cittadina si sente ancora oggi, tra le sue strette vie piene di negozi ancora arredati come agli inizi del ‘900, alcuni cittadini che a una prima occhiata sembrano stranieri ben integrati ma poi parlano uno stretto dialetto genovese e si scopre che sono qui da almeno tre generazioni, il famoso porto con i suoi musei e il faro, i pescatori, i ristoranti a tema piratesco e persino l’originale, e bellissima, nave dove Roman Polański girò il suo “Pirati” negli anni ’80, il tutto ben tenuto e curato come fosse una reliquia marinara di cui i genovesi sono giustamente orgogliosi.
Benché l’epoca d’oro della pirateria sia dal 1650 al 1730, per capire i motivi della sua presenza nella costa ligure bisogna tornare indietro di due secoli. Nel 1453, dopo un assedio durato quasi due mesi, Costantinopoli cade sotto la mano dei turchi, mettendo così fine a più di mille anni di Impero romano d’oriente. Per alcuni storici questa è la reale data che divide il medioevo dall’età moderna. Da lì l’influenza islamica si espande nel mediterraneo, causando uno scontro di civiltà con l’Italia di matrice cristiana, al punto che pochi decenni dopo uno dei motivi principali del famoso viaggio di Colombo sarà proprio quello di trovare nuove terre e nuovi popoli da cristianizzare. Ma lo scontro apre anche nuove prospettive economiche, e alcuni sceglieranno la via più facile e redditizia: la pirateria. Come Uluç Alì, detto “Il rinnegato”, prima conosciuto come Giovan Dionigi Galeni, giovane pescatore dell’isola di Caporizzuto in Calabria, che abbraccia l’islam e cambia nome dopo aver sposato la figlia del pirata Ja’Far.
Nei decenni successivi, come accadrà nei Caraibi, nelle isole Cayman e in altri luoghi dove si è svolta la storia della pirateria, anche nella costa ligure la vita di questi predoni del mare si intreccia all’ambiente politico. Gli interessi sono molti, e i re non si lasciano sfuggire la possibilità di assoldare dei pirati per attaccare e depredare le navi dei paesi avversari. Nasce così la famosa “Lettera di corsa”, una sorta di patente che i governi e le monarchie rilasciano ai pirati per autorizzarli nelle razzie, dietro obbligo di versarne una quota al re.
Dragut, la spada dell’islam
Ammiraglio, pirata, avventuriero e corsaro, Turghud “Dragut” Alì fu il personaggio più famoso e attivo nella storia della pirateria nel Mediterraneo, al punto da diventare più famoso del suo predecessore e maestro, Khayr “Barbarossa” al-Din e provocare le ire dell’imperatore spagnolo Carlo V, che per catturarlo chiese l’aiuto dei Doria, una delle famiglie nobili più famose e importanti di Genova. Dragut Nasce a Bodrum, in Turchia, nel 1485. Di povere origini contadine, inizia sin da giovanissimo a solcare i mari, fino a quando alcuni soldati lo vedono in azione e lo segnalano al sultano Solimano il Magnifico, che subito mette quel ragazzo abile e coraggioso al servizio del temuto pirata Barbarossa. Sotto la guida del suo nuovo mentore, Dragut affina le sue abilità di pirata e diventa uno dei migliori ammiragli (Kapudanpaşa, in turco) al servizio del sultano. Da lì in poi inizia una lunga carriera di saccheggi e imprese degne di un romanzo sulla pirateria, soprattutto sulle coste di Napoli, Sicilia, Genova e della Grecia. Nel 1938, a un’età in cui all’epoca ci si ritirava a vita privata, vince la battaglia di Prevesa, in Grecia, contro quello che è già diventato il suo rivale più tenace: Andrea Doria. In verità non è la prima volta che il pirata e il nobile si scontrano. Tre anni prima, quando era ancora agli ordini di Barbarossa, Dragut affrontò Doria nel porto di Tunisi, dove però furono i turchi a uscirne malconci. Presa la sua rivincita in Grecia, dove ha provocato seri danni, Dragut è ormai diventato talmente potente e pericoloso che, come accennavamo prima, Carlo V decide di estendere all’intera famiglia Doria la richiesta di catturare l’inafferrabile pirata. Ci riesce il nipote di Andrea, Giannettino Doria, che nel 1940 sorprende Dragut in Corsica e subito lo fa trasferire a Genova, dove il pirata viene incatenato come galeotto sulla nave ammiraglia dello stesso Andrea Doria.
Per intervento diretto di Barbarossa (probabilmente pagò il riscatto o restituì l’isola di Tabarca alla famiglia genovese dei Lomellini), viene liberato dopo soli quattro anni e subito riprende le sue scorrerie nei mari e, dopo la morte del suo mentore, diventa il più potente pirata tra i musulmani, al punto da meritarsi il soprannome di “Spada dell’islam”. Stabilisce la sua base a el-Mahdiyyah, in Tunisia, dove nel 1550 viene organizzata, senza successo, una spedizione per catturarlo. Entusiasmato dal potere e dal fallimento dei tentativi di catturarlo, inizia una nuova serie di saccheggi e imprese. Nel 1551 sfugge a un altro tentativo di cattura, questa volta nell’isola di Gerba. Nell’estate dello stesso anno partecipa alla conquista turca di Tripoli, della quale diventerà governatore cinque anni dopo, in seguito alla morte di Murād Āghā. Nel frattempo saccheggia senza sosta quasi tutte le coste del Mediterraneo, tra cui l’Elba, la Corsica, la Calabria, la Maremma e le Baleari.
Andrea Doria continua senza successo i suoi tentativi di catturarlo, e pare che inizi a maturare una sorta di rispetto per quell’avversario scaltro, abile e audace. Sarà infine il destino a vincere là dove il nobile ha fallito per molti anni. Il 25 giugno del 1565, nel corso di un feroce assedio al forte di sant’Elom nell’isola di Malta, Dragut viene ferito in testa da una scheggia di pietra, schizzata via sotto i colpi dei cannoni della difesa. Considerato un eroe nazionale in Turchia, è sepolto nella moschea Sarāy Dragut, vicino a una madrasa (Scuola coranica) e a una sauna turca a lui dedicate.
Pirati della costa ligure
Alcuni pirati, così come accadeva anche in Inghilterra e in Spagna, non agivano contro la città di Genova, ma nel suo interesse, diventando così corsari pienamente legalizzati (e protetti) dalla Corona o dal Governo. Tra avventurieri, banditi, ammiragli, nobili e mercanti molti di quei nomi, anche se poco conosciuti, sono comunque arrivati fino a noi e meriterebbero una ricerca storica più approfondita. Come Girolamo de Leone, che rischiò di rovinare i rapporti tra Genova e il Vaticano sequestrando nell’isola di Chio una nave pontificia, a bordo della quale si trovava Bartolomeo Selers, emissario papale diretto in Oriente. O Tommaso Grimaldi de Carolo, un mercante proveniente da un’agiata famiglia ligure, che nel XV secolo guidò varie azioni di pirateria contro le navi catalane e veneziane. Batista “Scarincio” Aicardo, corsaro di Porto Maurizio che per molti anni, tra il 1449 e il 1465, saccheggiò navi sia per conto della famiglia d’Angiò, sia per interessi personali. O Giuliano Gattilusio, rampollo di nobile famiglia greco-genovese, che intorno al 1450 iniziò una proficua carriera come corsaro alle dipendenze della Repubblica di Genova, rischiando anche di provocare qualche incidente diplomatico tra la città ligure e Firenze.
Il Corsaro nero nasce a Genova
La storia della pirateria a Genova basterebbe a riempire un intero volume, tale è la mole di storie, aneddoti, eventi storici e curiosità che da sempre circondano questa cittadina. Sono molti gli artisti, gli studiosi e gli scrittori che si sono ispirati a questo patrimonio culturale. Alla fine del 1800 la pirateria fa parte ormai della storia, eppure sono ancora molti i marinai che, dopo molti mesi passati nei mari e negli oceani, tornano a casa portandosi dietro le storie delle loro avventure. C’è un uomo di circa 36 anni, talmente elegante e distinto che i genovesi ormai lo chiamano “Professore”, che da un paio d’anni si aggira nel vecchio porto. Aspetta sempre che nuovi marinai rientrino dai loro viaggi, poi li avvicina e offre loro da bere, chiedendo in cambio di raccontargli i loro viaggi, le avventure, i luoghi visitati e i popoli di terre lontane. L’uomo è uno scrittore, anche se ormai ridotto quasi alla povertà a causa delle spese mediche per la moglie, malata di mente, e i marinai accettano sempre di raccontargli le loro avventure, anche perché sanno bene che finiranno in qualche romanzo o racconto.
L’uomo è Emilio Salgari, forse il più celebre scrittore di pirati della storia, che però, anche a causa dei pesanti impegni letterari imposti dagli editori, non vide mai dal vivo i luoghi e le imprese narrate nei numerosi romanzi e racconti.
Testo/Emiliano Federico Caruso – Foto/Emiliano Federico Caruso e Google immagini free – Foto d’apertura: nave del film Pirati nel porto di Genova