Siamo un paese pieno di monumenti antichi e straordinarie opere d’arte, probabilmente il più ricco al mondo. Per questo motivo a volte rischiamo di perdere opere significative senza accorgerci della loro esistenza, per concentrarci solo sulle grandi magnificenze note in ogni dove. Per questo spesso vale la pena darsi da fare e uscire al di fuori dai più famosi circuiti turistici, alla ricerca di qualcosa di nuovo, assai poco conosciuto. Come investigatori alla caccia di opere d’arte. Non è difficile quindi mettersi alla ricerca di piccoli gioielli perduti, di cui si conosce ben poco, soprattutto se si ama studiare la cultura e l’arte medievali, che possono rivelare grandi sorprese.
Una di queste si trova in provincia di Torino, vicino alla grande Ivrea, la patria italiana delle macchine da scrivere. Si tratta di una piccolissima chiesa, che però ebbe importanza anticamente: la Cappella di Santa Maria di Vespiolla, che si trova nel territorio del comune di Baldissero Canavese, ai piedi dei Monti Pelati e vicino all’ingresso della Valle D’Aosta. Alcuni suoi segreti sono stati svelati dagli studiosi appassionati che hanno cercato di carpirli; altri rimarranno celati per sempre.
Non è dato sapere il motivo della sua edificazione in campagna, lontano dal paese, in un paesaggio ancor oggi bucolico e magnifico, con le montagne sullo sfondo. Anche la data della costruzione non è nota, anche se probabilmente è anteriore all’anno Mille. La zona era infatti frequentata anche nel periodo romano, come testimoniano alcuni resti ritrovati in zona, e Vespiolla forse era sede di un’ara dedicata a Giove o a qualche altra divinità.
Di certo la minuscola chiesetta doveva essere assai importante, visto che fungeva da pieve e da chiesa matrice per altre parrocchie dei dintorni: era infatti il centro del potere spirituale di una zona abbastanza vasta e che comprendeva diversi comuni. La prima data certa che la riguardi è il 1122, anno nel quale venne citata in un documento, e poi nulla fino al 1368 quando risultava avere sotto di sé ancora diverse chiese della Diocesi di Ivrea. La sua importanza cominciò a calare nel 1396 quando fu edificata una nuova parrocchiale nel centro del paese di Baldissero, e l’edificio andò degradandosi nel tempo, malgrado una continua e mai cessata presenza di devoti nei secoli, legati al culto della Madonna. Ormai in rovina, venne modificata nel XVIII secolo e ancora tra la fine dell’Ottocento e il secolo scorso, al fine di impedirne il crollo. Della costruzione originale sono sopravvissuti l’abside rettangolare, particolare che indica l’origine alto medievale dell’edificio, e l’arco santo: queste sono le superfici su cui è possibile ammirare i meravigliosi affreschi recuperati sotto l’intonaco durante gli interventi degli anni 2000/2004.
Una volta giunti sul posto, colpisce l’isolamento della piccola chiesa, che trasmette come dicevamo una sensazione di serenità tipicamente agreste. Il porticato esterno è recente; una volta varcato l’ingresso ci troviamo nella parte settecentesca che non mostra particolari di pregio, con l’altare degli anni Trenta del secolo scorso e la statua della Madonna nel muro costruito per sostentare il tetto dell’abside che rischiava di rovinare a terra. La parte antica è quindi la piccola parte posteriore, ricca di meravigliosi affreschi, che risalgono alla seconda metà del Quattrocento.
La prima parte che possiamo ammirare è quella dell’arco santo. Sulla parte superiore vi sono l’arcangelo Gabriele a sinistra che annuncia la nascita del Messia, con il cartiglio che contiene le parole iniziali dell’Ave Maria, mentre la Madonna è sulla destra, inserita in un’architettura complessa. Sotto l’angelo vi è una rappresentazione tipica medievale, la Madonna del Latte, cioè una rappresentazione di Maria che allatta il Bambin Gesù e che trasmette una sensazione di dolcezza. Sulla destra vi è invece l’immagine di un nobile con ricchi abiti e armatura, e dei raggi che si dipanano dal capo al posto dell’aureola: il ritratto di un beato, non ancora canonizzato come santo. Si tratta di Bernardo II di Baden, un nobile tedesco il cui animo caritatevole, le opere e i primi miracoli divennero famosi in quegli anni in tutto il territorio piemontese. Era figlio del Margravio, cioè il Marchese di Baden in Germania, nato nel 1428 e allevato insieme alla migliore gioventù europea alla corte degli Asburgo. In seguito alla caduta di Costantinopoli nel 1453, venne incaricato dall’Imperatore Federico III di recarsi presso le corti europee per organizzare una crociata cristiana contro i turchi ottomani. Per portare a termine questo compito, il giovane Bernardo rinunciò al titolo di Margravio, dette ai bisognosi parte dei suoi beni e affrontò diversi pericoli, fino a quando si ammalò di peste a Genova e quindi si spense a Moncalieri presso Torino nel 1458. Durante il suo funerale avvenne il primo miracolo, con la guarigione di un uomo storpio dalla nascita; la sua definitiva canonizzazione avvenne poi attraverso papa Clemente XIV nel 1769.
La fama della bontà di Bernardo si diffuse velocemente e così l’anonimo pittore lo dipinse con i luminosi raggi dorati, certo di una futura santificazione. Passando nell’abside che all’interno risulta semicircolare e irregolare, troviamo dipinto nella volta un classico Cristo Pantocratore, avvolto da una mandorla e circondato dalle raffigurazioni dei quattro evangelisti, il cosiddetto “Tetramorfo”. Al di sotto di questa immagine, vi è la raffigurazione dei Dodici Apostoli, dipinti in maniera semplice ma sempre assai gradevole. Fra di essi spiccano tre figure: San Bartolomeo, martirizzato in Oriente, dove venne scorticato vivo, e qui raffigurato con il libro ed il coltello; è l’immagine che lo rappresenta tipicamente, di solito con la pelle appoggiata al corpo. Un altro personaggio che risalta è San Pietro, raffigurato con la classica tonsura, le chiavi in mano e un sorriso bonario da cui spuntano due piccoli denti. Infine vi è un’ultima figura, assai rappresentata in Piemonte sul percorso della via Francigena e, ovviamente, su quello dei pellegrini sulla strada verso Santiago de Compostela: quella di San Giacomo Maggiore. Il santo viene qui dipinto in maniera molto particolare, con una folta barba, un sorriso scherzoso che gli taglia il viso e il cappello sollevato a guisa di saluto. Una figura che sembra arrivare dai campi, un uomo semplice e magari reso allegro da un sorso dell’ottimo vino locale.
Chi dipinse la serie di affreschi? Probabilmente la mano è più di una. I dipinti dell’arco santo hanno un lieve gusto fiammingo, più raffinato rispetto a quelli dell’abside che risultano spesso più grezzi ma sempre efficaci. L’ipotesi più probabile è quella della bottega di Giacomino di Ivrea, pittore molto attivo a metà del XV secolo e autore probabilmente anche di un affresco della cripta del Duomo di Ivrea. Il periodo è sicuramente di poco posteriore alla morte di Bernardo di Baden che tanto era rimasto nel cuore delle popolazioni piemontesi. Significativo il fatto che gli affreschi siano stati commissionati a dei professionisti di pregio quando la Cappella aveva ormai perso la sua funzione pievana, segno che l’amore delle popolazioni locali per la vecchia chiesetta non era mai giunto meno. Recatevi a visitarla, magari congiuntamente alla bella città piemontese di Ivrea, con il centro storico sormontato dal castello e dalla cattedrale di Santa Maria Assunta, ricca di negozi e ottimi ristoranti.
La visita della piccola ma affascinante chiesa medievale avviene mediante un sistema inaugurato in Piemonte da un paio d’anni, e assolutamente innovativo: quello di Chiese a Porte Aperte. Si tratta al momento di 22 chiese site nella Regione Piemonte che è possibile visitare internamente in maniera del tutto autonoma e gratuita. Occorre recarsi sul sito online www.cittaecattedrali.it, quindi procedere ad una registrazione che si effettua inserendo i propri dati e un documento di identità. Si scarica quindi l’app Chiese a Porte Aperte, dove è possibile prenotare l’ingresso voluto indicando la data, l’orario e le persone partecipanti. Una volta giunti fisicamente al sito desiderato, si inquadra il QRCode all’ingresso e automaticamente si apre il portone della struttura. All’interno è possibile avere una spiegazione registrata e l’accensione delle luci tramite un pulsante; alla fine occorre controllare la chiusura della porta d’ingresso. È una procedura molto semplice e comodissima in questi tempi difficili. Da parte mia ho anche avuto l’opportunità di usufruire delle spiegazioni e della compagnia del gentilissimo dr Placido Currò del Comitato Antica Cappella di Vespiolla, contattabile per informazioni all’indirizzo vespiolla@gmail.com o su Facebook www.facebook.com/vespiolla.
Testo e foto/Paolo Ponga