Qualunque discorso si faccia su Taranto, si finisce sempre per trovarsi di fronte ad un convitato di pietra, ad una presenza ingombrante e invadente anche se sottintesa. Si chiama Ilva, prima Italsider, ed è la maggior industria siderurgica d’Italia e d’Europa, estesa su una superficie grande due volte e mezzo quella della città, assieme ad altre aziende petrolifere e cementifere locali croce e delizia per i suoi abitanti. Delizia perché impiegano parecchie migliaia di lavoratori, con relativo ricatto occupazionale, croce perché fanno del quartiere periferico Tamburi uno dei luoghi più inquinati della penisola. Un triste primato, che non fa certo di Taranto una destinazione turistica. La si attraversa per andare in Salento, oppure in Basilicata e Calabria sul versante ionico, ma non ci si ferma e ci si allontana più in fretta possibile, anche per uscire dal traffico urbano. Un vero peccato, perché proprio dal punto di vista turistico città e comprensorio hanno parecchio da offrire, una serie di valenze misconosciute o non valorizzate a sufficienza. In quest’ottica non risulta affatto pellegrina l’intenzione di un piccolo tour operator ricettivo locale (Family-in, www.family-in.it) di sviluppare pacchetti e proposte, rivolte in particolare a famiglie con bambini, puntando su una serie di peculiarità territoriali di sicuro interesse, pur se poco note. E di alcune di queste ci è stata offerta la possibilità di testarle di persona, in occasione di un recente apposito viaggio eductour per la stampa specializzata, promosso dalla Regione Puglia. Taranto, seconda per importanza nella regione, è una delle città più antiche d’Italia, fondata nell’VIII sec. a.C. da coloni fuoriusciti da Sparta, che si impose ben presto sulle altre polis della Magna Grecia, per il territorio fertile e la floridezza dei commerci marittimi con la madre patria e l’intero Mediterraneo. Come la Napoli greca, l’abitato primitivo venne edificato scavando il tenero tufo sottostante, per cui esiste una città in superficie e una altrettanto vasta, ma segreta, sottoterra. Sarà per questo che parecchi palazzi nel dedalo di viuzze del centro storico, spesso risalenti al Medioevo, pur se abbandonati e degradati mantengono una loro dignità, un certo appeal.
La cosiddetta città dei due mari possiede una caratteristica ambientale e geografica unica in assoluto: si affaccia appunto su due mari, anzi tre. Alle spalle dello Ionio si apre infatti il Mar Piccolo, 20 km2 a forma di 8 o di cuore, laguna retrodunale e unico mare interno della penisola, alimentato da sorgenti ipogee. Da ottimo porto naturale straordinariamente ricco di biodiversità, di ogni tipo di pesci e di frutti di mare (dalla porpora degli antichi alle squisite cozze, principale specialità gastronomica), a laguna degradata dall’inquinamento urbano e industriale, in quanto fin dal 1800 ospita la maggior base della marina militare italiana, con tanto di cantieri e arsenali. Un mare premiato dalla natura, dove ancora oggi si possono incontrare tartarughe e squali giganti, ma oltraggiato dall’uomo.
La miglior gemma turistica della città risulta costituita dal Museo Archeologico nazionale MARTA (www.museotaranto.org), appena ristrutturato, che da solo meriterebbe un viaggio in quanto tra i più ricchi del Sud e specializzato sulla Magna Grecia. I tre piani espongono reperti significativi che spaziano dal paleolitico, all’età greca di Taras e a quella romana di Tarentum, fino all’alto Medioevo, l’epoca delle chiese rupestri basiliane. Rilevanti le raccolte di statuaria, dove si riscontrano tracce della presenza in città di Lisippo, e quelle di ceramica, sia locale che attica, da sempre vanto artigianale di questa terra. Risulta però famoso nel mondo soprattutto per la sua straordinaria raccolta di ori di epoca ellenistica, un’impareggiabile antologia di arte orafa realizzata sia a sbalzo che a filigrana (diademi, orecchini, bracciali, collane, anelli, fibule e quant’altro), provenienti dai corredi funebri delle ricche tarantine. In mezzo a tanto luccichio, se avessi dovuto scegliere un souvenir avrei però scelto le Veneri di Parabita. Sono due statuette femminili gravide, incise in osso di cavallo, con linee essenziali di straordinaria modernità, alte appena 9 e 6 cm, un inno al corpo femminile procace, alla fecondità ed alla Dea Madre. Un capolavoro dell’arte preistorica paleolitica, vecchio di 12-14.000 anni, quando l’uomo viveva ancora nelle caverne. E per destreggiarsi tra tanti tesori, decisamente consigliata la visita guidata. Il Museo programma una intensa attività didattica per bambini, con realizzazioni di manufatti artistici (www.sistemamuseo.it/didattica).
Narra la leggenda che gli esuli spartani guidati da Falanto stavano costeggiando il golfo ionico, quando si imbatterono in un branco di delfini, considerati dalla mitologia greca indici di buon auspicio. Decisero allora di attraccare sulla penisoletta rocciosa tra Ionio e Mar Piccolo, dove fondarono Taras, la nuova e potente colonia magnogreca egemone nell’area, che arrivò a contare fino a ben 300 mila abitanti (oggi non arrivano a 200 mila). E tarantino era Livio Andronico, fatto schiavo dai romani in tenera età, che a Roma per primo tradusse l’Odissea e altre opere di Eschilo, Sofocle ed Euripide, dando inizio alla letteratura latina. Ma il rapporto tra Taranto ed i delfini risulta assai più antico degli esuli spartani, risalendo ad almeno 4 mila anni or sono. Per correnti, conformazione, venti e ricchezza alimentare l’Alto Ionio costituisce un luogo ideale per la presenza e la riproduzione dei cetacei: su 8 specie endemiche italiane, ben 4 stazionano in queste acque. Dal 2009 è attiva la Jonian Dolphin Conservation (www.joniandolphin.it), un’associazione di ricerca scientifica finalizzata allo studio ed alla protezione dei cetacei nel mare tarantino. Negli ultimi anni la mancanza di finanziamenti pubblici stava per compromettere tutti i programmi di ricerca. Ecco allora scattare l’idea vincente: imbarcare passeggieri, coinvorgerli nelle attività di catalogazione (avvistamenti in mare, identificazione e fotografie, registrazioni delle vocalizzazioni a base di fischi e clicks, ecc.), utilizzando gli introiti turistici per finanziare le attività scientifiche, con somma gioia dei naviganti, grandi e piccini. Si utilizza un attrezzato catamarano di nome Taras, si naviga in ogni stagione (mare permettendo) per 5 ore, pranzo compreso con specialità gastronomiche locale, alla ricerca dei delfini, dopo alcuni rudimenti di biologia marina. Che si avvistano nove volte su dieci (e se non dovesse capitare, viaggio a metà prezzo il giorno successivo, o gratis il terzo giorno). Un’esperienza emozionante e indimenticabile per chiunque.
Nell’interno sulle Murge tarantine ad est del capoluogo, sulla strada per Brindisi e l’Adriatico, sorge Grottaglie, cittadina che deve il nome al fatto che nel X sec. gli abitanti vi scavarono ambienti ipogei per farne case, stalle, magazzini e laboratori. Per la presenza di ottima argilla, costituisce uno dei caposaldi regionali di produzione artigianale di ceramica DOC. E proprio il quartiere dei ceramisti, alle spalle del castello trecentesco Episcopio attrezzato a museo, unico nel suo genere e ancora piuttosto genuino, ricorda un villaggio da presepe. La produzione fittile, che risale almeno all’epoca greca se non precedente, ebbe un forte impulso nel 1400-1500, con intensa esportazione anche all’estero. Oltre a vasi, anfore, piatti, ciotole e bicchieri, è famosa per la produzione proprio di presepi, antichi e moderni (www.grottaglieturismo.it); dal 1980 ogni Natale vi si svolge una apprezzata rassegna sul presepe ceramicolo. I laboratori sono una cinquantina e c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Quello dei fratelli Carmelo e Cosimo Vestita (via Santa Sofia 27, tel. 346 157 24 22) prevede anche laboratori didattici per adulti e bambini, così come il museo del castello. Una gran soddisfazione partire dall’argilla, creare sul tornio un proprio manufatto, decorarlo al pennello, cuocerlo in forno e portarselo a casa a perenne ricordo. Proprio come un vero artigiano. E dopo il laboratorio, non perdetevi la visita della vicina abitazione del proprietario, Casa Vestita, un palazzotto del 1700. Sistemando l’elegante giardino pensile, disseminato di enormi giare, pergolato colonnato, piante di aranci e fichi d’India, nel 2008 sono affiorati due gioielli: il pavimento in coccio di una villa greca del V sec. a.C. e una suggestiva cripta del XII sec. con il simbolo dei Templari e tre affreschi basiliani con Cristo pantocratico al centro, San Nicola a sinistra e Santa Barbara a destra.
Sempre a Grottaglie si può fare un altro tipo di esperienza didattica: qui sorge infatti la cioccolateria Bernardi (www.bernardicioccolato.com), una delle maggiori fabbriche pugliesi di produzione dolciaria, che apre il suoi laboratori ai visitatori. Estremamente interessante, per adulti e bambini, osservare la trasformazione del cioccolato – il cibo degli dei degli Aztechi – dalle piante tropicali di cacao fino al prodotto finito, nelle tre versioni di fondente, dolce e al latte. Nello spaccio si possono acquistare ogni tipo di cioccolata, liquori e dolciumi, anche abbinati a ceramiche locali. E se fosse mai giunta l’ora di pranzo o di cena, recatevi nella vicina Antica Trattoria al Castello di San Giorgio Jonico. La cucina, leccese e salentina, è davvero rilevante, con specialità alla brace, cotte al forno a legna e alla pignata, antipasti da ubriacare e la sala affaccia su un curioso museo privato degli antichi mestieri, dove potrete trovare oggetti d’altri tempi.
A nord-ovest, sul lato opposto, si apre fino ai confini con la Basilicata la piana di Metaponto, fertile territorio un tempo paludoso e malsano che offre spiagge basse e sabbiose, con dune e pinete utilizzate dal turismo per la balneazione, e all’interno ampie distese di agrumeti. Più a monte affiorano invece rocce calcaree e calcareniti, fino ad una altezza di 400-450 m, che costituiscono le Murge tarantine, caratterizzate dalla presenza di una particolare forma geomorfologica, le gravine. Si tratta di canyon ripidi, serpeggianti e profondi da alcune decine fino ad oltre 200 m, che solcano l’altopiano e scendono verso valle, scavati in epoche geologiche da paleofiumi penetrati all’interno di fratture presenti nella tenera e solubile roccia calcarea. La presenza costante di acqua, di grotte naturali, di cavità artificiali facilmente scavabili e l’assenza di venti vi ha da sempre richiamato l’uomo, a partire dal Neolitico e fino alla metà del secolo scorso, con particolare frequenza in epoca alto medievale, quando vi sorsero consistenti insediamenti rupestri, con tanto di chiese e cripte decorate da suggestive pitture ed icone bizantine e basiliane. Queste imponenti gole sono circa una sessantina e si estendono da Crispiano e Statte fino a Laterza e Ginosa al limite ovest della regione, o meglio in realtà fino a Matera, i cui Sassi costituiscono la gravina più suggestiva e famosa nel mondo, non a caso protetta dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Dal 2005 quelle presenti in 14 comuni della provincia di Taranto, estese su una superficie di 28 mila ettari, fanno parte del Parco naturale regionale delle Gravine. Queste imponenti spaccature della roccia, grazie alla notevole profondità, all’acqua, all’umidità e alle grotte, offrono una straordinaria peculiarità climatico-ecologica, vale a dire l’inversione termica rispetto alla superficie: in estate sul fondo risulta assai più fresco che all’esterno, mentre in inverno succede il contrario.
Le oasi climatiche fanno sì che nelle gravine alberghi una fauna e, soprattutto, una flora particolare e diversa da quella presente in superficie, con non pochi endemismi rimasti bloccati in queste nicchie ecologiche. Abbondano i rapaci di tutti i tipi, diurni e notturni, compreso il raro capovaccaio (l’avvoltoio degli Egiziani), diverse specie di pipistrelli, un anfibio endemico, piccoli mammiferi come istrice e volpe fino al lupo e al cinghiale, diversi rettili (quasi tutti innocui, salvo la vipera) e una notevole varietà di farfalle. Ma è soprattutto la vegetazione a stupire: foreste di leccio, pino d’Aleppo, carrubo e acero, con intensa macchia mediterranea e un florido sottobosco dove crescono spontanei asparagi, orchidee e rose selvatiche, ciclamini, melograni e cotogne, con diverse specie di origine balcanica. E le pareti verticali, dove nidificano i rapaci, vengono usate come palestre per l’arrampicata da generazioni di free-climber. Piccoli eden di natura in un territorio antropizzato e degradato. Quella di Laterza è la gravina più grande di tutte, e tra le più belle: ben 12 km di lunghezza, oltre 200 m di profondità e 400 m la larghezza. Il suo sviluppo meandriforme, l’ambiente naturale, le imponenti falesie precipiti, le creste di roccia e i pinnacoli sospesi nel vuoto rendono il paesaggio unico e decisamente emozionante.
In realtà si tratta di uno dei maggiori canyon d’Italia e d’Europa, dove dal 1999 sorge una storica oasi della Lipu (Lega italiana protezione uccelli – www.oasilipugravinadilaterza.it), sempre aperta dal giovedì alla domenica, la quale oltre all’accompagnamento vi svolge anche un intenso calendario di iniziative didattiche e naturalistiche. Un luogo ideale dove praticare trekking, birdwatching, arrampicata, escursioni in mountain bike, a cavallo o con asini. Accompagnamenti guidati vengono effettuati anche dalla CEA di Laterza – Centro Educazione Ambientale Parco delle Gravine (www.cealaterza.it).Nel sovrastante paese di Laterza, fatto di case bianche pitturate a calce che odorano di carne al forno, di focaccia, di friselle e di pane caldo, meritano una visita alcune chiese rupestri (in particolare la cosiddetta Cantina Spagnola) e il Muma, museo della maiolica laertina, ospitato in centro nel bel palazzo marchesale. A partire dal 1200 la maiolica diviene infatti la principale produzione artigianale locale, caratterizzata da grandi piatti da parata, coppe, anfore e alzate di un candido smalto bianco dipinti di turchino, giallo arancio e verde ramina e, soprattutto, dai vasi per farmacie e spezierie (www.visitlaterza.com). Se l’appetito preme, ci si può dirigere alla vicina masseria didattica e agriturismo Sierro Lo Greco, azienda agricola specializzata nella produzione biologica di farro, olio e vino IGT: si mangia in maniera sicuramente gustosa e genuina, mentre l’azienda offre percorsi didattici e un parco avventura per i più piccoli (www.sierro.it).
Se poi si è disposti ad uscire dalla provincia tarantina ed allargare gli orizzonti, Family-in ha in serbo numerose altre proposte didattiche adatte per famiglie con bambini. A puro titolo di esempio ad Ostuni si può ammirare la mamma più vecchia del mondo, ad Altamura l’uomo più antico d’Italia e le impronte di dinosauri, a Manduria la strada del vino, a Martina Franca gli edifici barocchi, Alberobello con i trulli, le visite speciali alle Grotte di Castellana con le esperienze nel buio e nel silenzio più assoluti (possibili soltanto nelle viscere della terra). Provare per credere.
Informazioni utili: Come arrivare: in volo aeroporto di Bari (105 km da Taranto) e aeroporto di Brindisi (77 km); in auto autostrada A14 Milano-Taranto (743 km) e Napoli-Sarno-Potenza-Taranto (autostrada e superstrada, 308 km); in treno Milano-Roma-Bari-Taranto.
Tour operator: Family-in, operatore incaming di riferimento in loco, specializzato in attività didattiche per famiglie con bambini (www.family-in.it, info@family-in.it, tel. 099 450 46 30).
Quando andare: le attività proposte e testate sono realizzabili tutto l’anno.
Dove alloggiare: l’Hotel Akropolis, 4 stelle, è un elegante e confortevole hotel bomboniera, ospitato in un antico palazzo nobiliare di origine medievale ristrutturato nelle viuzze del centro storico, non lontano dal Duomo. Più che un albergo (appena 13 camere su due piani), un albergo museo, con tre piani sotterranei di impianto greco utilizzati in passato come magazzini alimentari. E poi ovunque frammenti architettonici antichi, teche con reperti archeologici e mobili d’epoca, così come i pavimenti, uno diverso dall’altro. Ristorante al terzo piano, sormontato da una panoramica terrazza che spazia sulla rada ioniche e sul Mar Piccolo, nonché al piano sotterraneo, dove si fa anche musica. Cortesia e competenza completano l’accoglienza. Vico I Seminario 3, www.hotelakropolis.it, tel. 099 470 41 10, info@hotelakropolis.it
Trasferimenti: individuali e per piccoli gruppi, noleggio con conducente esperto e disponibile, tel. 338 94 60 029 Mimmo, ncctaranto@gmail.com.
Testo e foto di Anna Maria Arnesano e Giulio Badini