Una celebre frase del grande scrittore americano Mark Twain recitava: “Prima fu creata Mauritius e poi il Paradiso, ispirandosi all’isola.” Se Mauritius può essere considerato il paradiso dell’emisfero australe è sicuramente grazie alle sue meravigliose spiagge bagnate da un caldo mare dai mille colori, alla gente, al cibo, ai paesaggi. Ma l’isola ha in effetti un paradiso anche al suo interno, imperdibile persino per il turista più indolente, e per l’animo meno romantico che esista: il giardino botanico di Pamplemousses.
Il più antico di questo emisfero, nasce come orto-giardino del vulcanico governatore francese Conte Bertrand-Francois Mahé de la Bourdonnais, qui insediatosi nel 1735. Figura chiave nella dominazione dell’isola, fu colui che fece costruire le prime strade e diede impulso alla coltivazione della canna da zucchero, agli zuccherifici, alle rumerie ed ovviamente, all’importazione degli schiavi per la coltivazione delle piantagioni. In questo luogo il Conte fece costruire una residenza e diede il via ad un piccolo giardino, che venne poi trasformato nell’aspetto attuale a partire dal 1768, attraverso la grande dedizione del botanico Pierre Poivre, che introdusse alberi, frutti, fiori e spezie da tutto il mondo. Dopo un lungo e travagliato periodo in cui si fecero sentire la nuova dominazione inglese, cicloni e incurie, fu trasformato nella meraviglia attuale a metà ottocento dal botanico inglese James Duncan. Attualmente dedicato a sir Seewoosagur Ramgoolam, padre dell’indipendenza mauriziana e primo premier dell’isola, è facilmente raggiungibile tramite la superstrada M2, e si trova a poca distanza sia dalla capitale Port Louis che dalle località del nord dell’isola, ed è stato visitato persino da Nelson Mandela, Indira Gandhi e dai reali britannici.
Una cancellata ottocentesca segnala l’ingresso principale, altrimenti vi è la biglietteria di fronte al grande parcheggio, dove è possibile prendere una piantina per poter girare il parco, e dove, volendo, si può usufruire anche di una guida che illustrerà le sue meraviglie. Presa la piantina, si percorrono i primi metri dentro il giardino ed improvvisamente si entra in un mondo diverso; te ne accorgi perché il profumo è di buono, i suoni ovattati tanto da indurti a parlare sottovoce, e godere così degli innumerevoli versi che la grande quantità di uccelli che ti circondano continuano ad emettere. Malgrado il caldo e l’umidità che possono esserci nella stagione estiva, si ha sempre una sensazione di relativa freschezza, visto che gran parte del percorso si trova all’ombra di giganteschi alberi; anche l’olfatto viene stuzzicato favorevolmente, grazie alle piante presenti che odorano di buono, di eucalipto, di canna da zucchero, di vaniglia. L’aspetto è quello di un enorme arboreto di circa 37 ettari di grandezza, attraversato da viali risalenti per la maggior parte a più di un secolo fa.
Camminando in leggera salita, la prima visione è quella di una costruzione fatta dalle mani dell’uomo: si tratta dello Chateau de Mon Plaisir del 1823, a fianco del quale si trova il monumento funebre di Rangoolam. Superato questo punto, seguendo le indicazioni della cartina, è impossibile non procedere rimanendo affascinati dalla bellezza del posto e delle sue piante: vi sono per esempio 80 specie diverse di palme, fra cui la famosa Talipot, una specie che raggiunge i 25 metri di altezza e fiorisce una sola volta nella sua vita, poco prima di morire. Proseguendo l’itinerario in senso orario, si arriva presto ad uno dei luoghi più belli del parco: improvvisamente le palme si aprono per lasciare lo spazio ad un piccolo lago pieno di fiori di loto bianchi, veramente magnifici, il Bassin de Lotus. Poco dopo si giunge ad una grande vasca rettangolare fiancheggiata da palme altissime che ne fanno da cornice senza adombrarlo: è lo stagno della ninfea gigante, la Victoria Amazonica, che esce a pelo d’acqua come ammasso spinoso, per poi rilasciarsi fino a formare delle isole larghe fino a due metri dal colore verde intenso che risalta sull’acqua scura.
Tutto è un susseguirsi di ninfee, di palme, baobab ed alberi a volte sconosciuti, altre volte che hai invece già visto in Italia, ma molto molto più piccoli, come gli splendidi ficus. Ci sono anche specie che confondi, come la Casuarina che sembra una conifera nostrana, ma invece è originaria dell’indopacifico, oppure quelle totalmente esotiche, come la Kigelia Africana, chiamata anche “l’albero delle salsicce”, per i frutti che ricordano gli appetitosi insaccati.
Dopo un lento e gradevolissimo percorrere, si arriva al lago denominato Grand Bassin, con dei punti di riposo con le panche coperte da una tettoia in legno per riparare dal sole, ed un ambiente decisamente tropicale, mentre gli uccellini si avvicinano curiosi e privi di timore. In due spazi recintati ci sono degli animali, purtroppo, in cattività: dei cervi, originari dell’isola e delle grandi testuggini che provengono dalle Seychelles. Proseguendo si trova un altro laghetto, il Belle Eau, dove vengono coltivati invece i fiori di loto rosa. Come si può notare, se la dominante del giardino botanico è un verde di grande intensità, declinato in mille sfumature diverse, si incontra anche la presenza di molti altri colori, sempre forti, quasi accecanti: quelli dei fiori bianchi, gialli, rossi, rosa, blu, che spiccano nella vegetazione, sempre curatissima, senza nessun accenno a sporcizia o incuria. Si lascia quindi il parco con una sensazione di rinnovamento dell’anima, rilassatezza e reale gioia interiore. Solo questo ripaga l’aver abbandonato per qualche ora il lettino di fronte allo splendido mare.
Il giardino botanico è aperto tutti i giorni (tranne in caso di ciclone) dalle 8.30 alle 17.30. Il costo del biglietto è di circa 5€.
Testo/Foto Paolo Ponga