In genere gli appassionati di viaggi culturali di scoperta non amano affatto le crociere, troppo pressati su enormi divertifici galleggianti, impegnati ad ingozzarsi ed a spassarsela a comando con spettacoli e attività sociali, per poter piacere a quanti ricercano di solito il silenzioso contatto con la natura e con culture differenti. Ma ogni regola può contemplare un’eccezione. Nel nostro caso si tratta di una nave cargo, la Aranui V, battente bandiera francese ma con staff polinesiano e attrezzata spartanamente anche per passeggeri grazie ad un centinaio tra cabine e suite (tutte con oblò e servizi privati), ristorante, bar e piscina, che costituisce in pratica l’unico mezzo di collegamento tra le sperdute isole Marchesi nel Pacifico e Pape’ete, capoluogo di Tahiti e della Polinesia francese, distante comunque 1.500 km. Gli aeroporti infatti scarseggiano sulle isole montuose, le minuscole e disastrate piste consentono l’atterraggio soltanto ad aerei di piccole dimensioni, non idonei a trasportare tutti i beni indispensabili ad una comunità di novemila persone. Parte ogni due settimane toccando in successione 14 isole diverse, trasportando in andata beni di prima necessità (dal cemento agli alimentari, dai giocattoli alla birra e alla posta), frutta esotica e manufatti artigianali al ritorno; durante le operazioni di carico e scarico vengono organizzate escursioni esplorative guidate dell’interno di ciascuna isola per i viaggiatori. Il lusso non risiede a bordo, ma negli spettacolari scenari che attraversa, nel pieno fascino di un’avventura di perlustrazione nei mitici mari del Sud, tra minuscole isole piatte e atolli corallini circondati da lagune mozzafiato e picchi vulcanici ricoperti da esuberante vegetazione tropicale. Sono le terre vagheggiate nel 1700 dal filosofo Rousseau come il paradiso terrestre, il mito del buon selvaggio dall’innocenza primordiale non contaminata e del libero amore, confermate un secolo dopo dai dipinti di paesaggi idilliaci e di donne angeliche lasciatici da Paul Gauguin e cantati dallo chansonnier Jacques Brel. La realtà, come sempre, risulta un po’ più complessa, a volte anche contraddittoria.
Le isole del Pacifico sono come coriandoli disseminati su un oceano grande quanto tutti gli altri messi assieme. Si tratta di una costellazione di isole piatte coralline orlate da palme da cocco (piante pioniere), lagune turchesi e panorami maestosi di svettanti picchi vulcanici ricoperti da un’esuberante vegetazione tropicale, sovrastanti una dorsale oceanica formata da una catena di vulcani sottomarini estesa per 8.000 km in direzione nord-sud. Spettacolare, ma poco ricca e varia, la natura in superficie: piante ed animali provenienti da ovest sono stati infatti portati dal vento e dall’uomo in tempi relativamente recenti, e ad abbondare come autoctoni sono soltanto uccelli tropicali e marini. Molto ricca invece la natura sommersa, specie in presenza delle barriere coralline, con strapiombi, grotte, archi e scogliere: pesci, coralli, balene, razze, barracuda, murene, delfini, dugonghi e tartarughe marine. La Polinesia francese risulta composta da 118 tra isole e atolli, raggruppati in cinque arcipelaghi principali per una superficie totale di 3.500 kmq (un ottavo della Sardegna) e una popolazione di 250 mila abitanti, sparse su un tratto di oceano a sud dell’Equatore grande metà dell’Europa; capitale è Pape’ete, la Las Vegas del Pacifico, sulla vasta isola di Tahiti, ben nota per la sua vita mondana e per la pratica del surf, meta per edonistiche lune di miele e per lussuose vacanze vip. In tutto l’arcipelago si parla tahitiano, francese e inglese.
Le isole Marchesi si estendono su un arco di mare di 350 km e sono le più settentrionali e le meno battute dal turismo nonostante la loro spettacolarità ambientale e vegetale, distanti oltre mille km da Tahiti: sono tutte montuose e vulcaniche, con picchi svettanti fino a mille metri di altezza, prive di lagune e barriere coralline ma con splendide coste fatte di spiagge e scogliere e solo 6 su 15 sono abitate; vantano il primato di essere le ultime terre colonizzate dall’uomo. Terre per natura ostiche e poco ospitali, capaci di respingere in successione le navi di marinai del calibro di Magellano, Cook e De Bouganville. A Ua Huka nidificano un milione di sterne scure, mentre a Nuku Hiva si concentrano centinaia di delfini del raro genere peponocefali, per dare vita ad uno spettacolo unico al mondo. Questo Eden, ricco di frutti deliziosi e di gente fiera e sorridente, ha costituito negli ultimi due secoli la fonte di ispirazione per famosi artisti e avventurieri, da Gauguin a Herman Melville (l’autore di Moby Dick), da Robert Louis Stevenson (L’isola del tesoro) a Jack London (Il richiamo della foresta e Zanna Bianca). A colpire dei polinesiani sono la calma compassata che non conosce fretta, l’apparente libertà sessuale (compresa quella per omosessuali e travestiti), le danze sensuali tradizionali e, soprattutto, i vistosissimi tatuaggi – veri capolavori d’arte, esportati fin da subito dai marinai occidentali – che ricoprono ogni parte del corpo, simbolo di appartenenza clanica e geografica (ogni isola ha un proprio stile) e della propria posizione sociale.
Durante quella che viene definita “la crociera per il Paradiso”, verranno toccate e visitate parecchie isole. Si comincia con l’atollo corallino di Fakarava (arcipelago delle Tuamotu), famoso per la coltivazione di perle nere, e si prosegue con Nuku Hiva, seconda per dimensioni della Polinesia e protagonista di un racconto di Melville, dove visitare le cascate di Hakaui (con i suoi 350 m di salto una delle più alte al mondo) e la baia di Taiohae ricca di crateri vulcanici; Ua Pou, amata da Stevenson, arida e deserta ma traboccante di frutti tropicali, offre dodici caratteristici pinnacoli di basalto (resti di vulcani estinti) e alcuni siti archeologici; Hiva Oa, il rifugio di Gauguin e di Brel (oggi sepolti a pochi metri di distanza), si presenta con una vegetazione lussureggiante ricca di frutti spontanei, cinghiali e capre, odorose piantagioni di cocco e vaniglia, fiumi ricchi di pesci e totem di pietra di antiche divinità; la verdissima Fatu Hiva, epicentro della cultura marchesina e tappa di shopping etnico, per acquistare tapa, caratteristici tessuti vegetali ottenuti da cortecce d’albero, e monoi, olio di sandalo, cocco e tiarè dai poteri afrodisiaci; e infine Ua Huka, 300 persone e il triplo di cavalli selvaggi, famosa per gli scultori su legno, il museo etnografico e il giardino botanico. Sulla nave si trova a disposizione degli ospiti un esperto in cultura e natura polinesiana.
Alcuni tour operator italiani organizzano crociere di due settimane sull’Aranui V, con pacchetti di voli, transfert e crociere. Info: www.panpacific.it/cruise/, www.crociere.net, www.tahiti-tourisme.it
Testo/Giulio Badini– Foto/Google Immagini