Per importanza e consistenza viene unanimamente considerata come una delle maggiori scoperte archeologiche del secolo scorso, al pari della tomba semiinviolata del giovane faraone Tuthankamon, delle pitture preistoriche della Grotta di Lascaux o dei resti arroccati di Machu Pucchu: parliamo del celeberrimo Esercito di Terracotta scoperto nel 1974 nei pressi di Xian, nella Cina orientale, oltre 8 mila statue risalenti al III° sec. a.C. a grandezza naturale di guerrieri che avrebbero dovuto accompagnare il primo imperatore cinese nel suo lungo viaggio nell’aldilà. Oggi un ampio campionario di queste statue – per l’esattezza 170, oltre a numerosi altri reperti coevi – vengono esposti per la prima ed unica volta in Italia in una rassegna organica con l’intento di presentare al pubblico una delle maggiori necropoli nella storia dell’umanità, ma anche sulla vita e le vicende umane di Qin Shi Huan-gdi, il primo imperatore capace di unificare con le armi la Cina di allora (grande un quarto di quella attuale) in un unico stato, sulla composizione del suo esercito (considerato il più consistente dell’epoca, numericamente superiore a quello coevo di Alessandro Magno o di quello romano), nonché sulla vita di tutti i giorni della Cina di 2.200 anni fa.
Ad ospitare quella che, non a torto, è stata definita l’ 8° meraviglia del mondo, saranno fino al 28 gennaio 2018 i 1.800 m2 di superficie espositiva della cinquecentesca Basilica di Santo Spirito a Napoli, nella centrale via Toledo ai Quartieri Spagnoli, un imponente edificio neoclassico con elementi tardo barocchi. L’antico esercito cinese esposto nella mostra “L’Esercito di Terracotta e il Primo Imperatore della Cina” sembra marciare impettito e marziale nella navata della chiesa: sono oltre 300 pezzi tra statue di soldati, arcieri, cavalli, armi, carri, vasellame e oggetti di uso quotidiano che, con l’aiuto di appositi pannelli, spiegano la storia ed i costumi della Cina antica. Una sezione a parte racconta il processo di creazione delle statue (realizzate partendo dal tronco, a cui aggiungevano poi gli arti) e la composizione dell’esercito imperiale a quei tempi. Tutti gli elementi esposti costituiscono una riproduzione fedele e precisa degli originali, creati espressamente da artigiani locali con antiche tecniche di fabbricazione, ricavate da calchi di statue originali. La spettacolarità delle opere viene esaltata da un’installazione luminosa con inserti audiovisivi creata ad hoc, caratterizzata da videoproiezioni su schermi giganti, autoguide e una zona interattiva di atmosfera unica.
Qin Shi Huang-di (260-210 a.C.), dal cui nome non a caso deriva quello della Cina, doveva essere un personaggio dalle straordinarie capacità, ma pieno di problematiche e megalomane all’ennesima potenza: sicuramente uno dei figli più illustri della sua terra. Mise in piedi in poco tempo un’armata poderosa per l’epoca (l’Esercito di Terracotta costituiva soltanto la sua personale guardia del corpo) con cui unificò il paese, frantumato in mille staterelli, e fu l’iniziatore nella costruzione della Grande Muraglia, per tenere lontani dalla Cina i predatori popoli nomadi dell’Asia centrale. Riformò l’amministrazione statale, abolendo i privilegi feudali, portò la capitale a Xianyang presso Xian, nella provincia dello Shaanxi, costruì strade, ponti e canali per favorire la mobilità e i commerci, rifondò le unità di misura e cambiò i caratteri della scrittura unificandoli: il tutto in dieci anni di governo.
Ma fu anche un feroce tiranno che imprigionò e uccise intellettuali e religiosi, perseguitò i confuciani, bruciò i libri della tradizione, impose tasse e leggi severe. Visse terrorizzato dall’idea della morte, anche perché era sfuggito a non pochi attentati e congiure, si contornava di personaggi ambigui e bizzarri che gli parlavano di immortalità, e la realizzazione dell’Esercito di Terracotta attorno al suo Mausoleo divenne ben presto un’ossessione, oltre che causa di rovina economica: a realizzarla furono infatti oltre 700 mila prigionieri, in un lasso di tempo di quasi 40 anni, tra 246 e 208 a.C.: onde fornire un raffronto, per elevare la piramide di Cheope (considerato il maggior manufatto antico) vennero impiegati da 10 a 100 mila operai (secondo la fonte) in 10-20 anni. Curiosamente Qin Shi morì avvelenato da una pillola di mercurio, nell’illusione di assicurarsi l’immortalità. Alla sua morte, nel 206, l’armata di argilla che avrebbe dovuto proteggere il suo sonno eterno fu in parte saccheggiata e bruciata dai suoi avversari-successori, la dinastia Han, non prima di aver depredato le statue delle loro armi (quelle si vere): il modo più comodo ed economico per armare un esercito. Ma per rispetto la tomba dell’imperatore non venne violata. E da allora sulla necropoli maggiore dell’antichità scesero il silenzio e l’oblio del tempo.
A riportarla alla luce, nel 1974, fu un caso fortuito: quell’anno nello Shaanxi aveva fatto parecchio caldo e le piantagioni avvizzivano: le autorità ordinarono allora ai contadini di scavare dei pozzi, per attingere acqua dalle falde profonde. Dopo 2-3 m dal suolo presso Xianyang, non lontano da Xian (l’antico terminale della Via della Seta), la vanga di tal Yang Zhifa, oggi eroe nazionale, toccò qualcosa di consistente: non era un sasso o una roccia, ma la testa di un inimmaginabile guerriero di terracotta, seguita pian piano da innumerevoli altre. Le statue portarono ai contadini locali maggiori benefici rispetto all’acqua, non trovata. In breve tempo ci si rese conto di essere di fronte al maggior sito archeologico del paese: 8.000 statue di fanti, arcieri, alabardieri e balestrieri con corazze laminate, lance e spade, ma anche personaggi civili come musici, servitori, giullari, concubine e meretrici, nonchè 18 carri e 100 cavalli, suddivisi in otto fosse. La prima cosa a balzare all’occhio risulta l’enorme sproporzione numerica tra fanti e cavalli: la spiegazione risiede nel fatto che nel III° sec. a.C. la cavalleria in Cina non esisteva ancora; i cavalli servivano a spostare i comandanti sui carri e la cavalleria verrà adottata soltanto dopo il contatto con i popoli nomadi confinanti. Ogni figura, alta tra 175 e 195 cm e del peso di 200 kg, risulta essere diversa dall’altra: con tutta la pazienza del mondo non ne riuscirete a trovare due uguali, diverse per facce, acconciature, corazze o uniformi; alcuni fanti si presentano mutilati, feriti, deformati, dall’aria triste. Oggi hanno più o meno tutte il colore uniforme dell’argilla, ma diverse tracce evidenziano come in origine fossero dipinte con colori accesi e piuttosto vivaci. Nel 1987 l’Unesco lo ha riconosciuto come patrimonio dell’umanità.
Qin Shi aveva concepito la sua necropoli, estesa su una superficie di ben 56 km2, sul modello urbanistico della capitale Xianyang, nonché delle città dell’epoca e successive, vale a dire due cerchi concentrici – entrambi protetti da mura alte 10 m – con al centro la città proibita imperiale, nella fattispecie sostituita dalla tomba imperiale con annessi giardini. In pratica una città dei morti identica a quella per i vivi, dove gli abitanti erano però sostituiti dai guerrieri di terracotta. Il mausoleo reale si trova al centro, sotto una piramide a gradoni che in origine era alta 115 m (quella di Cheope 147). La camera funeraria giace in profondità, al di sotto di ben tre falde acquifere, con pareti in bronzo e sarebbe circondata da fiumi di cinabro, cioè solfuro di mercurio che per la filosofia taoista sarebbe un attivatore energetico per l’immortalità. Condizionale d’obbligo, perché se le autorità hanno permesso di portare alla luce l’Esercito di Terracotta (ma si calcola rimangano ancora da scavare altre 6.000 figure), hanno invece finora vietato di penetrare nel mausoleo imperiale. Motivazione ufficiale: poiché risulta verosimile possa contenere tesori inestimabili, sono in attesa di una tecnologia capace di non metterli in pericolo in alcun modo. Avessimo noi governanti tanto assennati !
Info: L’Esercito di Terracotta e il Primo Imperatore della Cina, Basilica dello Spirito Santo, via Toledo 402, Napoli, fino al 28 gennaio 2018, adulti € 12, ridotti € 10, ragazzi fino a 14 anni € 8, www.esercitoditerracotta.it – www.vivaticket.it – tel. 080 892 234.
Testo/Giulio Badini – Foto/Google Immagini