I seicentotrentotto grandi busti che si trovano su una delle isole più intriganti dell’Oceano Pacifico (al largo dalle coste del Cile) continuano ad essere un mistero. Che si chiami Isola di Pasqua oppure con il suo nome indigeno Rapa Nui – che significa “Grande Roccia” – tutti, almeno una volta, ne hanno sentito parlare. E’ nota per quelle enormi teste di pietra, testimonianza di una civiltà antica e perduta, unica nel suo genere. Di certo si sa che i primi uomini che hanno messo piede su quel territorio furono i polinesiani, lo dimostrano i ritrovamenti archeologici, le analisi genetiche eseguite sugli scheletri degli antichi abitanti oltre a studi etimologici della lingua parlata dagli indigeni. Però, malgrado le ricerche condotte in passato, risulta alquanto difficile ricostruire la storia, dovuta alla mancanza di documenti scritti da parte dei primi colonizzatori, in quanto in quel periodo ignoravano la scrittura. Tuttavia, secondo alcuni studi le statue rappresenterebbero capi tribù indigeni morti, mentre secondo la credenza popolare avrebbero permesso ai vivi di prendere contatto con l’aldilà.
L’origine di quest’isola è di natura vulcanica ciò la rende selvaggia e affascinante, diversissima dalle altre isole polinesiane. I suoi misteri sono davvero tanti: ad esempio, ancora ci si domanda come abbiano fatto a sviluppare una scrittura propria, chiamata Rongorongo, con simboli dai richiami esoterici, che non è stata ancora del tutto tradotta e compresa. Un altro culto davvero insolito è quello dell’uomo-uccello, il Tangata Manu, raccontato anche nel film Rapa Nui. Si narra che ogni primavera le tribù dell’isola scegliessero un guerriero che doveva partecipare al rito dell’uomo uccello. Il rituale prevedeva la partenza dal santuario di Orongo, il tuffo in mare dallo strapiombo del vulcano Rano Kao, la difficile traversata a nuoto – con il rischio di attacchi di squali – verso l’isolotto di Motu Nui, la raccolta del primo uovo lì deposto dalla Sterna fuscata e il suo trasferimento a terra con consegna al Gran Sacerdote. Chi riusciva per primo a riportare un uovo indenne diveniva il nuovo uomo-uccello fino alla primavera successiva, dalla quale il rituale si ripeteva. Misterioso anche il simbolo dell’isola stessa, riportato anche sulla bandiera ufficiale. Si tratta del Rei Miro, un pettorale tipico della cultura tradizionale, che in passato veniva realizzato con il legno dell’albero di Toromiro, ed era decorato alle due estremità da due teste di animali scolpite. Il Rei Miro può sia rappresentare un uccello che un’imbarcazione. Ali e scafi: i collegamenti con il resto del mondo? Meritano senz’altro una visita anche le numerose grotte, eredità delle eruzioni vulcaniche e usate per molti secoli dalla popolazione indigena come luoghi di culto. In molte di esse si possono ancora trovare dipinti rupestri e antiche sculture, che rappresentano sia l’uomo-uccello che il dio Makemake.
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Testo : Anna Maria Arnesano
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