Tolte le ultime impalcature, ha appena riaperto definitivamente al pubblico uno dei più antichi e dei più visitati monumenti di Istanbul, il Gran Bazaar o Mercato Coperto (o anche Mercato Grande), frequentato ogni giorno da una media compresa tra 250 e 400 mila persone. I lavori, iniziati nel 2014 e costati ben 4,4 milioni di euro, hanno riguardato in particolare il rifacimento della superficie coperta, pari a circa 40 mila metri quadrati, la quale in oltre cinque secoli di vita aveva subito parecchi abusivismi – in particolare l’installazione di parabole satellitari e di condizionatori d’aria – in grado di minarne la stabilità. Questa cittadella commerciale nel cuore della città storica sulle rive del Corno d’Oro vanta alcuni primati, tra i quali quello di uno dei maggiori, nonché dei più antichi, mercati coperti al mondo; fino al 2014, all’inizio dei lavori di ristrutturazione, era considerato tra le attrattive turistiche più visitate in assoluto, con oltre 91 milioni di persone/anno. Al tempo stesso rappresenta il prototipo ed anche il primo moderno centro commerciale nella storia.
Cominciò infatti ad essere costruito nel quartiere di Fatih, nel centro storico entro la città murata, nel 1455, per volere del sultano Maometto II, e durò fino a circa il 1730. In origine era costituito da un solo edificio, destinato al commercio di tessuti e gioielli, non lontano dal palazzo sultanile. Fin da subito iniziò a crescere, aggiungendo in continuazione nuove strade, prima coperte provvisoriamente con tettoie mobili, poi in muratura definitiva, inglobando sempre nuovi edifici ed antichi mercati, tra cui quello degli schiavi (ad Istambul la schiavitù è durata di fatto fino all’inizio del secolo scorso, ed all’inizio del 1600 un terzo degli abitanti della capitale erano composti da schiavi). Assunse l’attuale forma definitiva all’inizio del XVII° sec., quando l’impero ottomano si estendeva su tre continenti e la città divenne l’epicentro del commercio tra Europa-Asia-Africa ed il Mediterraneo.
Allora il Bazaar contava 67 strade, diverse piazze usate per le preghiere, 5 moschee, 7 fontane, 18 porte e 3.300 negozi, con diversi caravanserragli come terminali per le merci esotiche, trasportate da lunghe carovane di cammelli. Nonostante la grande calca , e l’estrema eterogeneità umana, si è sempre trattato di un luogo di grande fascino e notevolmente sicuro. Solo nel 1591 si registrò al suo interno la scomparsa di ben 30 mila monete d’oro, cosa che scioccò l’intera città; il mercato venne chiuso per due settimane, cosa che non era mai capitata in precedenza, e le indagini di polizia in quei giorni finirono spesso con torture disumane applicate ai sospettati. Con simili metodi alla fine il tesoro saltò fuori, sepolto sotto terra: non oso pensare la pena comminata ai responsabili. In compenso nei secoli si sono registrati un gran numero di incendi e di terremoti, anche disastrosi. Una curiosità: allora come oggi in un luogo tanto grande, e frequentato da tante persone, mancano ristoranti e bagni: nel bazar non usa.
Oggi il mercato grande, esteso su una superficie complessiva di 31 ettari, annovera oltre 4.000 negozi (qualcuno grande appena 1 o 2 m), raggruppati per tipologia in apposite strade (onde aumentare la concorrenza tra di loro), dove lavorano 26 mila persone. Ognuno di loro fa parte di una corporazione, come avveniva anche da noi in epoca medievale, le quali svolgono un ruolo importante dal punto di vista sociale per la città, abitata da oltre 15 milioni di persone tra Europa ed Asia, con iniziative di beneficienza. Nel bazar si può trovare di tutto, in quanto nel bazar ogni cosa è in vendita: dall’abbigliamento agli alimentari, dai tappeti ai gioielli per le doti nunziali, dai mobili a qualsiasi tipo di souvenir, antico o moderno. Gli abitanti dicono che il bazaar è davvero l’unico luogo democratico della Turchia, perché il ricco acquista accanto al povero, l’indigeno accanto allo straniero, in una babilonia di lingue, ma accomunati da un unico desiderio: portarsene a casa un frammento.
Ovviamente un luogo tanto particolare possiede anche regole particolari, antiche e consolidate, da rispettare. Prima tra tutte la trattativa, che deve essere lenta, tranquilla, rilassata, punteggiata da diversi te e da parecchia dialettica, caratteristiche che riflettono l’animo mercantile levantino, tutto all’opposto della fretta occidentale. Per un venditore di tappeti, chi non sa trattare non è neppure degno di acquistare. Non illudetevi: giocando in casa da secoli, riusciranno sempre a trovare il modo per abbindolarvi, anche se avete concluso ad un prezzo alla metà della metà di quanto richiesto inizialmente; pur se siete intimamente convinti di aver fatto l’affare del secolo, sappiate che a guadagnarci è stato sempre e soltanto lui. La legge del bazaar equivale alla legge del casinò, dove il banco vince, sempre e comunque. C’è stato un periodo della mia vita dove trascorrevo più tempo ad Istanbul che a Milano, impegnato a far scoprire ai giornalisti italiani il fascino di questa città ammaliante e di questa nazione estremamente varia e straordinariamente ricca di testimonianze del passato. Nel bazaar avevo elaborato un mio comportamento: in fase di trattativa, per capire se la mia offerta era congrua, dopo un mio ultimo rilancio prendevo e me ne andavo; se il venditore mi rincorreva, voleva dire che ci guadagnava ancora, in caso contrario avevo tirato troppo. In non pochi casi ci siamo trovati a discutere all’infinito per poche lire, perché anch’io avevo appreso il gusto raffinato della trattativa, un’arte tutta levantina. A quel tempo avevo anche fatto amicizia con una guida, molto legato alla propria famiglia: ma, mi diceva, nel bazaar non si sarebbe fidato neppure di suo padre, ben consapevole che, se appena avesse potuto, avrebbe tirato a fregarlo. Sempre in base alla legge suprema del bazaar, mors tua vita mea.
Attorno al Bazaar aleggiano da sempre un’infinità di storie, alcune sicuramente leggende metropolitane, altre … Nessuna meraviglia. Chi vi mette piede per la prima volta può venire travolto dalla calca umana, dal caldo-umido, dal rumore, dalla babele di lingue, da profumi acuti di spezie, dalla semi-oscurità, dalla consapevolezza di potersi smarrire in un labirinto infinito, sempre uguale e sempre diverso. Un luogo ideale per scatenare paure ataviche. Le guide raccontano a mezza voce di procaci fanciulle nordiche, bionde con gli occhi azzurri (cioè proprio il tipo estetico ideale per i locali), entrate baldanzose e mai più uscitene, o quanto meno uscitene avvolte in un tappeto, destinazione un qualche harem segreto del Medio Oriente. Verità o fake news ? Chissa. Di certo è che se la cosa può non essere vera, le condizioni ambientali lo rendono quanto meno verosimile. In altri casi si parla di giovani coppie, marito e moglie, dove a sparire risulta ovviamente la donna, e li possono sorgere altri generi di dubbi. Fatto sta che sulle 18 mastodontiche porte del Gran Bazaqar, ci vedrei proprio bene la scritta, e per mille motivi: “lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate”.
Info: Turchia, ufficio cultura e informazioni, www.turchia,it – turchia@turchia.it – tel. 06 48 71 190 – Il Gran Bazaar è aperto tutti i giorni, esclusi domenica e festivi, dalle 9 alle 19.
Testo/Giulio Badini – Foto/Google Immagini e Archivio Arnesano – Badini