L’alimento più raro, costoso e ricercato è sicuramente costituito dal tartufo, un genere di funghi ipogei della famiglia delle Tuberaceae, una specie di patate sotterranee che crescono spontaneamente – in presenza di particolari condizioni climatiche e ambientali – nel terreno accanto alle radici di alcuni alberi e arbusti, in particolare querce e lecci, con i quali stabiliscono uno speciale rapporto simbiotico. Già 4.000 anni fa questo preziosissimo tubero (la cui specie più pregiata arriva oggi a costare 4.000 euro al kg) compariva sulle tavole dei re mesopotamici, accompagnato dalla sua fama di afrodisiaco, mentre gli scrittori classici (Plinio il Vecchio, Plutarco, Giovenale, ecc.) li ritenevano prodotti dai fulmini scaricatisi a ridosso delle querce, alberi sacri a Giove. Il loro profumo penetrante e persistente prescinde dal piacere dei buongustai di tutti i tempi, in quanto costituisce una precisa strategia riproduttiva. Crescendo a circa 30 cm sottoterra, i preziosi tuberi hanno bisogno di qualcuno che ne sparga le spore nell’ambiente, per generare nuove piante. Ecco allora che l’intenso profumo serve ad attirare gli animali selvatici (maiali, cinghiali, tasso, ghiro e volpe), che scavandoli e mangiandoli ne disseminano le spore. L’Italia, assieme al Perigord francese, è uno dei maggiori produttori, consumatori ed esportatori di tartufi: Alba, Monferrato e le province piemontesi di Cuneo ed Asti per la varietà bianca – quella più pregiata -, Umbria e Molise per la varietà nera. Si deve alla famiglia Savoia la sua diffusione nel Medioevo sulle mense di nobili e prelati in Europa. Fino alla metà del secolo scorso la ricerca avveniva impiegando maiali, oggi ovunque sostituiti da cani appositamente addestrati. I tentativi di coltivazione sono ancora a livello sperimentale, con risultati altalenanti: deludenti per le varietà più pregiate, incoraggianti per quelle più comuni.
Forse non sono in molti a sapere che l’Istria, la penisola di nord-ovest della Croazia a forma di triangolo (o di cuore, secondo i più romantici) è, da qualche tempo, un’importante produttrice (con ben 10 tonnellate in media all’anno di bianco e 3 di nero) – ed anche consumatore, avendo modificato rapidamente in tal senso la propria cucina – di tartufi, sia bianchi che neri, del tutto degni secondo gli intenditori di quelli piemontesi e con le stesse caratteristiche organolettiche, tanto che è stato creato un apposito marchio di qualità “Pravi Tartuf / Tartufo Vero”, a garanzia della qualità del prodotto e assegnato soltanto ai ristoranti che rispettano gli standard culinari. Ovviamente non tutta l’Istria, ma la regione centro-settentrionale tra i graziosi paesini medievali di Pisino/Pazin, Buie/Buje e Pinguente/Buzet, che da soli meriterebbero già un visita, tanto che Pinguente/Buzet porta con orgoglio il titolo di “città del tartufo” e Levade/Livade si definisce il centro mondiale del tartufo; in ogni caso qui si concentra il maggior numero di ristoranti specializzati, alcuni dei quali offrono menù interamente al tartufo, dall’antipasto fino al dolce e al gelato. Il vero Eldorado è costituito dal bosco di San Marco a Montona/Motovun, nella bellissima valle del fiume Quieto/Mirna, dove per secoli la Serenissima trasse alberi per le navi costruite nei suoi arsenali. Da qui proviene anche il tubero in assoluto più grande al mondo finora raccolto – qualcosa come 1,310 kg – trovato nel 2000 da Giancarlo Zigante (titolare di un omonimo ristorante a Levade/Livade e di una catena di negozi di prodotti alimentari istriani) e dalla sua cagnetta Diana, come certificato dal Guinness World Record. Ma la scoperta del tartufo istriano è cosa relativamente recente, risalendo agli anni 30 del secolo scorso, avvenuta ad opera di militari piemontesi che ravvisarono analogie ambientali con le loro terre: fino ad allora “la patata che spusa” veniva data ai maiali. Come mai così tardi ? Qualcuno pensa che le spore siano state portate con le traversine di legno italiano impiegate nella costruzione nel 1902 della Ferrovia Parenzana, la linea secondaria costruita dagli Asburgo per collegare Trieste con Parenzo/Porec attraversando tutta l’Istria. Fatto sta che nei primi anni nella foresta di Montona/Matavun si potevano raccogliere fino a 6-7 kg di tuberi al giorno; oggi in autunno viene battuta ogni giorno da almeno 3.000 cercatori con 9-12.000 cani: vi sono paesi che contano più cani che abitanti. Vi si trovano 4 tipi principali: il Tuber magnatum Pico, il bianco più pregiato che cresce da settembre a gennaio e va consumato fresco, il Tuber melanosporum Vittadini, il miglior nero che cresce da gennaio a primavera, quindi il Tuber aestivium, un nero che cresce tutto l’anno e infine il Tuber brumale, un altro nero invernale. Molti tuberi croati finiscono in Francia, usati per insaporire i patè “au truffe du Perigord”. L’Istria rappresenta l’unico territorio al mondo capace di produrre sia bianchi che neri e, cosa non meno importante, anche l’unica dove si possono raccogliere per tutto l’anno, una vera Mecca per i buongustai. Esiste anche una “Strada istriana del Tartufo” che parte da Plovania/Plovanija e Castelvenere/Kastel, attraversa i colli di Momiano/Momjan, Cremegue/Kremenje, Sterna/Sterna, Grisignano/Groznjan e Portole/Oprtalj, da dove si ammira un’incantevole paesaggio su tutta la valle del Quieto/Mirna, Montona/Motovun, il lago di Bottonega/Butoniga e Pinguente/Buzet e scende infine verso la capitale del tubero d’oro: Levade/Livade. Qui si possono anche acquistare, oppure degustare in ristoranti e trattorie, altre specialità della gastronomia istriana come olio, vino, salumi, formaggi e carni, oltre agli squisiti asparagi selvatici primaverili.
L’importanza gastronomica ed economica del tubero istriano ha provocato anche il sorgere di una serie di manifestazioni a lui dedicate, che con il passare del tempo coinvolgono sempre di più anche turisti stranieri, attratti dalla possibilità di fare grandi scorpacciate – nonché rifornimento – del prezioso elisir a prezzi competitivi. Si inizia il 10 e 11 settembre 2016 con Subotica a Buzet/Pinguente, il bel paesino veneziano murato vero labirinto di viuzze e piazzette lastricate, festa popolare che apre la stagione di raccolta con una frittata gigantesca fatta in piazza con 2016 uova e 10 kg di tartufi (altro primato da Guinness), poi il fine settimana successivo a Levade/Livade, la capitale del tartufo bianco istriano, con le Giornate del Tartufo Zigante (esposizione, degustazione e fiera agricola), quindi l’ 1 e 2 ottobre a Sovinjak/Sovignacco si svolge la Domenica Bianca, festa popolare con offerta di tartufi e prodotti caserecci. Il 22 e 23 ottobre Montona/Motovun ospita il VII TeTa, festival del vino terrano e del tartufo, e sempre nella stesse date a Levade/Livade si svolge il XXIII Tuberfest, la manifestazione principale, con rassegna e asta di tuberi, ricerca dimostrativa, caccia al tesoro (è proprio il caso di dirlo) e fiera, di prodotti agricoli. Per finire il 5 e 6 novembre ancora a Pinguente/Buzet per le Giornate del Tartufo assieme ai prodotti caserecci autoctoni, e poi l’ 11 e 12 novembre a Momiano/Momian le Giornate del Moscato e del Tartufo.
Per tutte queste manifestazioni l’operatore “il Piccolo Tiglio” (tel. 0381. 72 098, www.ilpiccolotiglio.com), specializzato dal 1980 in tutti i tipi di vacanza nelle nazioni dell’ex Jugoslavia, organizza dei soggiorni individuali e di gruppo a prezzi estremamente convenienti. Ad esempio, a Buzet per il Tuberfest due giorni con mezza pensione e pranzo degustazione tartufo in hotel 3 stelle costano da 85 euro a persona in doppia, in hotel 4 stelle dieci euro di più; tre giorni /due notti con mezza pensione, pranzo degustazione tartufo e due visite guidate costano da 130 euro a persona in hotel 3 stelle, venti euro in più in un 4 stelle in doppia. Se amate i tartufi, nessuno può offrirvi di più a meno.
Testo : Giulio Badini / Anna Maria Arnesano